25 marzo 2010
La rabbia dei russi contro Putin. Si come no....
Vediamo un po' le notizie che abbiamo sentito negli ultimi giorni riguardo alla Russia. Allora: si è votato da poco in 8 regioni e il partito dello Zar ha vinto in 7 di queste. Rispetto alla situazione precedente Russia Unita perde quindi una regione e in 6 perde comunque molti consensi. Russia chiamati al voto? 30 milioni (su una popolazione di 142). Affluenza? Circa il 40% . Una disfatta non c'è che dire....roba che Putin non dorme la notte. Poi la giornata della rabbia contro Putin. Domenica migliaia di russi sono scesi in piazza da Vladivostock a Kaliningrad. Una roba da sedizione armata, e da allarme nazionale: ben 1.500 persone nella più riuscita di tutte le manifestazioni (cioè quella di Kaliningrad), per il resto un disastro. Avanzano le opposizioni a Putin insomma. Poco conta che valgano circa il 30% del totale dei voti (a livello nazionale) , tanto i nostri media sono li assatanati che ci fanno vedere come la democrazia avanzi e sia un fuoco "che riscalda chi crede in essa e brucia i suoi nemici" (come ebbe a dire quel babbeo di Bush a Kiev subito dopo la rivoluzione arancione....grande successo tra l'altro: ora l'Ucraina è entrata nell'Ue e nella Nato. O no?). Ma di chi è composta questa opposizione tanto feroce? Ve lo dico io: dal partito comunista (quello che nel suo programma aveva la creazione dell'Otsc e dell'Unione doganale con Ucraina, Bielorussia e Kazakistan) e il parito ultranazionalista di Zhirinovskij (Russia pura prima di tutto: tutela della razza slava e della chiesa ortodossa). Non molto filo-occidentali ecco....e i paladini dell'occidente e dei media politically correct e democraticamente indottrinati? Che fine hanno fatto i Kasparov e i Nemtsov, campioni del liberalismo made in Usa, d.o.c.g. dell'Ue? Litigano....e valgono circa come un cassonetto della monnezza...I russi non è che siano molto propensi a seguire folli idee esterofile e occidentaliste. Eh si: alla loro sovranità ci tengono (anche se il discorso è ben più lungo e ha profonde radici storiche).
Ma oramai quando si parla della Russia la disinformazione avanza. Qualche esempio? Beh: fu la Russia a scatenare la guerra in Georgia, la rivoluzione arancione fu una spontanea reazione russofoba, i missili americani nell'est Europa sono a tutela di quei popoli e non finalizzati a minacciare Mosca. Ah si: è la Russia cattiva che di sua scelta ci taglia il gas quando l'Ucraina decide legittimamente di non pagare la bolletta (provate a farlo voi con l'Enel e vediamo se non vi tagliano la fornitura)...che altro....ah si: Putin ha demolito ogni sogno di libertà in Russia. In effetti ai tempi di Eltsin si stava davvero alla grande, ricchi di democrazia al punto tale da assistere alle scandalose elezioni del 1996 (in cui Eltsin usava soldi occidentali piovuti a valanga per comprarsi i voti in funzione anti Zyuganov...lo stesso leader comunista che a queste ultime elezioni ha guadagnato consensi). E poi questo Putin, così anti-occidentale e nazionalista... prima o poi Washington e Bruxelles capiranno che a ogni azione (la demolizione dell'economia russa con i default del 1994 e del 1996) segue una reazione (l'imperialismo nazionalista) uguale e contraria....
La verità? Putin è in difficoltà a causa della crisi economica che si è abbattuta anche sulla Russia (nel 2009 il pil è sceso del 7.9%), ma da qui a darlo in declino e senza consensi.....stiano attenti gli occidentali (e stia attento anche Medvedev). Lo zar vive, lo zar colpisce, lo zar vince. E qui finisce.
08 dicembre 2009
Pèrché la Cina ha vinto e la Russia ha perso?
Ecco un saggio che sostiene una tesi interessante perché controcorrente: il successo economico della Cina - contrapposto in questo caso all’insuccesso della Russia - non dipende da un capitalismo governato politicamente dall’alto(ergo, da precise scelte di Deng Xiaoping e successori), bensì dallo sviluppo di forze produttive autonome, dal basso, cresciute per precise ragioni storiche che hanno differenziato il Dragone dall’ex Unione Sovietica. Forze che le autorità di Pechino non hanno coscientemente scatenato, ma di cui hanno di volta in volta preso atto; spesso, con il buon senso di lasciar fare.
Volendo riassumere: non è vero che il cosiddetto “modello cinese” (Stato autoritario che produce e coordina efficientemente le riforme economiche) sia superiore al liberalcapitalismo, per il semplice fatto tale modello non esiste. O meglio, è diverso da quello che descrive la vulgata corrente.
In tutto questo, c’è anche una buona dose di casualità storica e di eterogenesi dei fini: alcune scelte scriteriate di epoca maoista - si sostiene - hanno di fatto inconsapevolmente provocato la nascita di libere forze produttive.
Il saggio si intitola “How China Won and Russia Lost“, gli autori sono Paul R. Gregory e Kate Zhou, compare sull’ultimo numero diPolicy Review, la rivista della Hoover Foundation.
In generale - si legge - in Cina hanno funzionato riformeimposte dal basso; in Russia hanno fallito quelle imposte dall’alto.
La differenza risale al fatto che mentre Stalin aveva letteralmenteeliminato tutti i funzionari dotati di una certa indipendenza di giudizio, Mao ebbe l’accortezza di lasciarli sopravvivere.
Di conseguenza, negli anni Ottanta Gorbaciov si trovò senza una classe dirigente all’altezza (anche lui era un apparatcik, voleva le riforme ma non sapeva come farle), Deng Xiaoping invece era lui stesso un sopravvissuto ed ebbe l’intelligenza di non opporsi alle riforme che funzionavano (”non importa se il gatto è nero o giallo, basta che prenda i topi”).
Prendiamo ad esempio l’agricoltura.
La Cina era reduce dalla catastrofe del Grande Balzo in avanti (a cavallo degli anni ‘50 e ‘60), mentre l’ultima carestia russa risaliva a 30 anni prima.
I contadini cinesi erano abituati a “fare da sè“, quelli russi erano generalmente soddisfatti della gestione centralizzata statale.Gorbaciov non aveva sostegno popolare per cambiare il sistema.
Si trattava, in entrambi i Paesi, di agricolture inefficienti. Ma se in Russia la civiltà era ormai urbana-industriale e i residui contadini, generalmente anziani, vivacchiavano garantiti in una situazione semi-assistenziale, il contadini cinesi rappresentavano l’80% della popolazione, erano giovani e non godevano di garanzie sociali.
In Russia, il tentativo del 1988 di introdurre un sistema di contratti, cioè affittare per 50 anni la terra ai contadini, non incontrò una domanda. I contadini cinesi non ebbero una simile offerta e cominciarono a suddividersi autonomamente la terra, riservando poi una quota dei raccolti per lo Stato.
Fu così che, anche in ambito imprenditoriale, i cinesi a differenza dei russi si temprarono nelle avversità.
Gorbaciov pensava che le cooperative potessero essere la base dell’imprenditoria e ne sanzionò l’esistenza con un decreto del 1987. La maggior parte nasceva all’interno o a margine della grande impresa statale, acquistandone i prodotti per poi trasformarli e rivenderli. Successe così che molte non fecero altro che comprare prodotti a basso prezzo per poi rivenderli a prezzo maggiorato. Di fatto, divennero parassiti dell’economia pianificata di Stato, senza dare nessun beneficio ai consumatori.
Questi “neo imprenditori” provenivano soprattutto dalle città; icontadini russi, nella maggior parte dei casi, non si misero a produrre per il mercato.
Al contrario dei cinesi.
In Cina, il sistema di responsabilità familiare creò un fortesurplus agricolo che fu commercializzato al di fuori dell’economia statale.
I contadini cinesi si fecero le ossa inventandosi da zero canali di trasporto e commecializzazione delle merci in città, senza aiuti dallo Stato. Già nel 1983, la maggior parte dei consumatori di città comprava i suoi prodotti sul mercato libero.
Così si creò la rete dei mercati liberi e delle piccole imprese, la base imprenditoriale del Paese.
A questo punto, Deng prese a modello il boom delle Tigri Asiatiche e aprì la nazione al commercio internazionale. Così fece anche Gorbaciov.
Sia Cina sia Russia disponevano di un enorme capitale umano e quello russo era, almeno in partenza, più qualificato. Tuttavia, gliinvestimenti stranieri andarono in Cina. Perché?
Perché i russi non conoscevano i mercati internazionali, mancava un ceto di “intermediari” in grado di favorire l’ingresso delle imprese e dei capitali stranieri in patria. La Cina aveva invece la sua diaspora, milioni di persone sparse per il mondo che, pur continuando a sentirsi profondamente cinesi, avevano totale dimestichezza con il mercato. La Cina “aveva” anche Taiwan.
Furono i cinesi della diaspora a veicolare imprese e capitali oltre Muraglia, con competenza imprenditoriale, conoscenza del territorio e capacità di consigliare i titubanti investitori stranieri.
Restava il nodo irrisolto delle imprese di Stato, inefficienti sia in Russia sia in Cina. In entrambi i casi, si cercò da un lato dilimitarne il peso nel complesso dell’economia, dall’altro direnderle più efficienti responsabilizzando il management.
Si permise quindi alle imprese di rivendere sul mercato libero il surplus industriale non dovuto allo Stato, il che non creò efficienza, bensì corruzione. I soldi finivano nelle tasche dei manager e se l’impresa andava male, c’era sempre lo Stato a salvarla.
In Russia, Gorbaciov stabilì quindi che le grandi imprese di Stato dovessero coprire i propri costi, ma questo scatenò le resistenze che portarono al tentato golpe del 1991 e, di fatto, alla fine dell’Unione Sovietica.
In Cina era ammissibile un atteggiamento più morbido. In pratica, fu possibile mantenere un certo grado di inefficienza perché altri settori dell’economia (piccole imprese familiari, agricoltura e investimenti stranieri) facevano da stampella.
Gradualmente, nel corso degli anni Novanta, l’establishment cinese riuscì poi a ristrutturare le grandi imprese in conglomerati e a garantire loro un flusso di capitali attraverso la riorganizzazione in società per azioni e l’apertura delle Borse di Shenzen e Shanghai.
In definitiva - conclude il saggio - in Cina esisteva un’ampia base favorevole e pronta alle riforme, in Russia no. Ci si spinge a sostenere che entrambi i Paesi hanno tratto l’esempio sbagliatodall’osservazione della vicenda altrui: in Cina si continua a pensare che le riforme politiche distruggerebbero il Partito comunista e in Russia che solo un forte leader autoritario sia in grado di praticare le riforme.
In realtà - questa la tesi - i successi cinesi nascono dal basso esolo ulteriori aperture possono confermarli ed estenderli.
Vedi anche:
- Il 2025 è adesso
- Rapporti gasati
- The day after
- Soft power
- Senza fretta, senza paura
- Parentesi russa
- Mille anni a Pechino
- Nazione Cina
- Il mandato del cielo
- Business is business
- Poster di propaganda
- Hu Jintao, tra Mao e Confucio
- La struttura del potere cinese
- Un solo imperatore sotto il cielo
- Unconventional China
- Pensare con la Cina
- Proprietà privata, ma non per tutti
- Che fine hanno fatto le guardie rosse?
- Che cos’è la Cina?