Mentre in Francia continua la protesta dei gilet gialli , sono arrivate oggi alcune notizie decisamente inaspettate e rivoluzionarie. Ad esempio la notizia che non sempre il Dna mitocondriale è di origine solo materna, come era considerato pacifico e indiscutibile fino a ieri. Altra notizia che demolisce un luogo comune è quella, sempre di oggi, che di dice che non è vero che , con l'avanzare degli anni , a causa dell'invecchiamento della popolazione , le pensioni da pagare sono sempre di più. Ancora, pure la psicologia ha accusato recentemente un grave colpo mentre in economia è il tempo del revival di un grande classico (e Lucas MUTO). Mentre le previsioni sullo spread e l'economia italiana da parte dei mangiatori di popcorn si stanno dimostrando sbagliate pure la bufala della Cina "turbocapitalista" sta crollando. Da ultimo o primo, l'altro ieri c'è voluto Di Pietro per spiegare che tutto sommato per la legittima difesa con questo famigerato decreto sicurezza fondamentalmente non cambia un cazzo.
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03 dicembre 2018
Giornata rivoluzionaria
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Jean Lafitte
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22 febbraio 2011
Chi sta con chi?
Da Campo Antimperialista. |
![]() Per Abu Mazen, come per Berlusconi, si tratta invece solo di una «questione interna» Chi sta con chi? Non è un gioco, è un modo per orientarsi sulla posta in gioco nello scontro in atto in Libia. Come in tutte le vicende del mondo arabo, c'è un luogo particolare e decisivo dove i fatti di questi giorni vengono letti nel quadro delle resistenze popolari. Questo luogo è la Palestina. Oggi «centinaia di studenti universitari della Striscia di Gaza hanno marciato in segno di protesta verso i massacri perpetrati dalle forze libiche contro i manifestanti disarmati che chiedono la fine del regime di Gheddafi. I manifestanti hanno sfilato per le strade di Gaza con slogan di protesta per quanto sta accadendo in Libia e per il silenzio occidentale». (InfoPal) Mentre Hamas e Jihad Islamica si sono schierate con la rivolta popolare, condannando con forza la brutale repressione da parte delle forze armate rimaste fedeli a Gheddafi, da Ramallah Abu Mazen - perfettamente in linea con Berlusconi - ha dichiarato che la rivolta in corso in Libia è una «questione interna» nella quale i palestinesi non debbono interferire. (fonte Radio Gerusalemme) Insomma, come già avvenuto per l'Egitto, le forze della resistenza si schierano con l'insurrezione, quelle della svendita dei diritti nazionali palestinesi sono invece immancabilmente per la conservazione dello status quo. Completamente schierato con la rivolta Hezbollah. «Nessuna coscienza nel mondo può, né deve tacere di fronte ai massacri commessi dal regime di Gheddafi in molte città libiche», si legge in un suo comunicato. Ma oltre alla denuncia dei massacri, Hezbollah «prega» affinché i «rivoluzionari libici sconfiggano il tiranno». Insomma, le forze della Resistenza non hanno dubbi. Restano con Gheddafi solo i collaborazionisti dell'Anp. Ne è passato del tempo, da quando Gheddafi sosteneva fattivamente la causa palestinese... |
14 gennaio 2011
Circoli che si chiudono
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Jean Lafitte
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01 novembre 2010
Precarietà operaia: leva decisiva per l'affossamento del capitalismo?
di Karlo Raveli (da Sinistra in rete).

Dal lavoratore professionale – egemone da Marx a Luxemburg – al lavoratore-massa fordista, e passando poi per l'impiegato toyotista, il liberismo ha registrato molto bene questa necessità di scomposizione permanente della classe antagonista per sviluppare il suo dominio.
Ma non la pseudo-classe lavoratrice, bensì La classe: operaia.
La primitiva lettura marxista del lavoratore professionale (accompagnato dalla comparse di un esercito 'industriale' di riserva) come equivalente determinante della classe – da cui sorge la confusione o sinonimicità dei due termini, operaio e lavoratore, è la peggior zavorra ideologica che trasciniamo da ben oltre un secolo. Accettabile o comprensibile solo ai tempi di Marx e Lenin.
La precarietà ripropone invece al completo la figura operaia, con tutte le sue manifestazioni, forme ed espressioni. Vale a dire: se la classe operaia è l'antagonista assoluto del capitale, non lo è prima di tutto perché è sfruttata (lo sfruttamento classico concerne coloro che lavorano, non i disoccupati, ecc.), BENSÌ perché è alienata dai mezzi di produzione, da tutti i beni comuni essenziali per lavorare e produrre, e deve QUINDI sottomettersi a ogni tipo di sfruttamento fisico, culturale, intermittente o peggio ancora schiavistico (salariato) del suo lavoro, per sopravvivere.
Questa è la classe operaia. Mentre i lavoratori non formano la classe, ma unicamente ne sono il settore più impiegato dal capitale produttivo, sfruttato direttamente nella produzione con più continuità, e quindi maggiormente alienato, naturalmente.
Ed ecco che invece la figura del precario si riallaccia materialmente alla condizione operaia di espropriazione radicale, originaria, di base, di partenza, perché si trova in modo permanente di fronte al DOVERE di cercare un impiego, in modo permanente o intermittente, ed è POI subito rigettato dalla condizione di operaio lavoratore alla 'semplice' condizione operaia. Senza lavoro.
Detto questo, si è detto quasi tutto.
Accettato il grave errore ontologico del non riconoscere esattamente, precisamente, qual'è la classe, agganciati e sottomessi dall'esperienza originaria del secolo XIX quando il settore lavoratore pareva prefigurare tutta la classe, visto che è sotto questa figura che assunse allora coscienza per sé e responsabilità politica nella lotta di classe - fino alla rivoluzione di ottobre e poi tentando di prolungare la sua egemonia sulla classe con il comunismo terzinternazionalista – possiamo oggi rimettere ogni figura operaia al suo vero posto:
il disoccupato, con tutta la massa operaia di donne invisibilizzate nella loro realtà di classe, e poi le crescenti masse migranti, sono classe operaia fino in fondo (anche se potremmo continuare a chiamarlo esercito di riserva, ma come parte viva basilare della classe!);
i lavoratori fissi o garantiti, sono (solo) un settore della classe (quando non sono addirittura lavoratori borghesi o di altri ceti sociali). Un settore che inoltre si propone con molte e distinte figure di impiego e lavoro, quasi sempre presenti contemporaneamente nel tessuto produttivo (lavoratore professionale, fordista, toyotista, cooperativo, capitalizzato, ecc);
i precari e tutti i tipi di intermittenti, a volte sono lavoratori (operai lavoratori), ed altre solo operai disoccupati; cioè appunto la massima prefigurazione della realtà operaia;
e pure gli studenti, che dobbiamo riconoscere finalmente come settore operaio: settore in preparazione per lo sfruttamento, sotto formazione borghese per essere assunti e impiegati chi ci riesce; ma sempre classe operaia alienata dai mezzi di produzione, alienata culturalmente, alienata dal sistema autoritario scolastico, familiare, sociale; e più di ogni altro settore soggetta a forme di impiego di massimo sfruttamento e precarietà;
i lavoratori autonomi, a cui il sistema produttivo impone di assumere una propria capitalizzazione autonoma, ma che sono realmente in gran maggioranza di permanente condizione operaia di base, originaria;
e tutte le altre figure che il sistema produttivo e l'economia della conoscenza sta sviluppando per ingabbiare l'operaio e scomporre la classe sotto le sue leggi produttive biopolitiche.
Precarietà come avanguardia operaia?
In un certo senso sì. Cioè in senso veramente politico, in quanto è la figura operaia più completa, con esperienza lavorativa, di sfruttamento esplicito e duro, ma poi sempre ributtata nella condizione primitiva di operaio senza lavoro e senza mezzi di produzione.
Però non si tratta di cercare il vecchio senso dell'avanguardia come una formazione della classe solidamente espressiva di una egemonia materiale e politica sugli altri settori della classe. Non può esserlo per la semplice ragione della sua intermittenza, del ricatto permanente e superiore dell'incertezza, del legame psicologico alla ricerca dell'impiego, e di indefinitezza o contraddizione vitale dei vantaggi del non-sfruttamento, spesso accompagnato da residui di reddito che permettono di sopravvivere nella condizione operaia di partenza, di base, ma con certi vantaggi corrispondenti al non-lavoro e determinati dalla capacità di risparmio o aggancio familiare, ecc.
Una situazione, attenzione, che assumono molto più facilmente giovani e studenti, meno alienati o condizionati, e più disposti, o ancora aperti, al naturale rifiuto del lavoro salariato capitalista.
Ma proprio per questo, il senso di avanguardia si trova proprio nell'assunzione della coscienza di classe aldilà del lavoro salariato ma conoscendolo nella sua essenza di relazione capitale/classe operaia, e quindi fuori dal laburismo tipico che accompagna molti lavoratori più garantiti, il sindacalismo che lotta per il diritto allo sfruttamento e che coltiva l'orgoglio del lavoro capitalista, e tutte le altre organizzazioni laburiste (socialiste e “comuniste”), ecc che vivacchiano sull'ideologia terzinternazionalista di gloriose falci e martelli più o meno stacanovisti, assurdi, ideologici e sempre laburisti.
Quindi può essere vera e propria avanguardia politica che assume la coscienza di classe per sé nella sua più pura espressione di rifiuto totale dell'alienazione capitalista, della proprietà e appropriazione capitalista e dei meccanismi di produzione e valorizzazione capitalisti. Che assume il suo ruolo come rifiuto della composizione di classe come modo di ricomposizione sociale del capitale.
L'affossamento del capitalismo
Dipende unicamente dall'estensione massiccia e internazionale della lotta di classe operaia nel senso completo, originale e radicale, cioè materialista e dialettico, che viene definito dal concetto di classe marxista: non è un ceto, un insieme, un gruppo, una massa, ma una definizione di confronto politico nel sistema. Non è localizzabile dentro o all'esterno della produzione, ma nel processo sociale in movimento, a partire dalle condizioni che la determinano.
Ecco la negazione della negazione reale, materiale: col superare definitivamente l'appropriazione privata (o statale) dei beni comuni, cominciando da quelli produttivi e del sapere, mentre si rompono naturalmente tutti i meccanismi di comando e sfruttamento del lavoro. E i valori corrispondenti, fino in fondo, ben aldilà di transizioni socialfurbe- o liste che devono salvare capre e cavoli.
La precarietà è per questa ragione il nesso più chiaro e definitivo per recuperare questi livelli di coscienza, quindi di ricomposizione della classe, anche perché la si può vedere “per sé” ormai solo nel piano globale. Il comando di precarizzazione è globale, si svolge a scala globale, e non sono ormai possibili lotte di classe statali o nazionali se non essenzialmente difensive (di determinati posti di lavoro... e sfruttamento) e puramente sindacali ; non hanno più senso senza strategie globali. La precarietà inter-nazionale si manifesta con le società di collocamento transnazionale, con le migrazioni e le delocalizzazioni crescenti, che sono due versi della stessa moneta, e quindi è il nesso d'internazionalizzazione più potente che abbiamo.
Allora il valore di avanguardia non sta nel proprio auto-riconoscimento come settore, ma nella coscienza della necessità della propria dissoluzione come specificità, nell'essenziale della propria condizione: operaia sempre e comunque, con lavoro o senza lavoro. Sempre più intrecciata oltretutto con altri tre settori apparentemente più deboli della classe: i migranti, gli studenti ed il settore operaio femminile, appunto le figure della classe più soggette alla precarizzazione.
Figure che al contrario, una volta assunta questa coscienza di classe, si possono realmente trasformare – proprio per le contraddizioni che incarnano fino in fondo - in leve determinanti della lotta globale di classe. Della lotta della classe operaia mondiale per il superamento di tutte le realtà e valori chiave dell'epoca capitalista.
05 maggio 2010
Floris, vada a farsi fottere
Scajola dimissionario(scaricato dal nanp e che lui a sua volta accusa pubblicamente), proprio alla vigilia della sua trasmissione. Argomento caldo, quale migliore occasione per sferrare un bel colpo all'immagine del regime? E invece no, invitiamo D'Alema. Tra tutti proprio lui, giusto per ridare fiato a un Sallusti qualsiasi. Complimenti Floris, meno male che passa per un conduttore "di sinistra".
L'ennesimo favore al nano. Bravo Floris, vada a farsi fottere pure lei.
Intanto pure Verdini è nei guai e la festa dell'Unità d'Italia è una spina nel fianco quotidiana per questo regime fascio-leghista. Nonostante tutto, nonostante Floris,
E pur si muove!
Il virus greco, il virus rivoluzionario sta per contagiare l'Europa.
L'ennesimo favore al nano. Bravo Floris, vada a farsi fottere pure lei.
Intanto pure Verdini è nei guai e la festa dell'Unità d'Italia è una spina nel fianco quotidiana per questo regime fascio-leghista. Nonostante tutto, nonostante Floris,
E pur si muove!
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Jean Lafitte
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24 febbraio 2010
25 aprile 2009
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