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19 agosto 2010

Sbarchi record in Puglia e Calabria. Dov'è Maroni con i suoi dati farlocchi?




Salento, nuovo sbarco di clandestini
In un anno triplicati gli arrivi


di Massimo MELILLO
LECCE (18 agosto) - Arrivano a decine, fuggono dalla povertà e dalla fame, dalle guerre e dalle ingiustizie, attraversano confini sconosciuti in un esodo inarrestabile con alle spalle migliaia di chilometri tra stenti e privazioni, in cerca di migliori condizioni di vita. L'ultimo arrivo a Porto Badisco, è solo un ennesimo esempio.
Percorrono deserti, affrontano le insidie del mare aperto e la legge di criminali senza scrupoli perché la loro condizione è quella di clandestini e, dunque, di “uomini senza”. Partono dall’Oriente martoriato e dall’Africa depredata, dove da anni le promesse dell’Occidente lasciano spazio all’angoscia dell’esistenza, e sbarcano disperati sulle coste salentine dopo un lungo viaggio e rotte ignote a bordo di improbabili imbarcazioni, pagando cifre stellari il prezzo di una sognata libertà dai più semplici bisogni di sopravvivenza. Sono uomini, donne e bambini senza diritti, senza dignità, senza riconoscimenti che sperano di raggiungere appena messo piede in questa terra.
Ben altro qui li attende e non certo quello che immaginavano di trovare: una realtà drammatica e dolorosa di respingimenti, decreti di espulsioni, “muri” chiamati ora centri di identificazioni e prima centri di permanenza temporanea. Nonostante ciò il fenomeno non subisce arresti, rallentamenti sì: si può contenere ma non fermare perché ci sarà sempre qualcuno che busserà alla porta di chi più ha per chiedere di non essere lasciato indietro. Dalla legge Turco-Napolitano a quella Bossi-Fini, dagli accordi con i governi dell’Albania e della Libia tutto il complesso giuridico messo in piedi si è rivelato, comunque, inadeguato alla domanda di dignità che proviene da quei mondi così lontani e mai tanto vicini se proprio ieri altri 19 extracomunitari sono arrivati sulle coste di Porto Badisco, subito bloccati e accompagnati al centro “Don Tonino Bello” di Otranto mentre un greco ed un iracheno, accusati di averli traghettati in Italia a bordo di una barca a vela, sono finiti in carcere.
Di sbarchi in questi giorni ce ne sono stati altri ed hanno portato con sé strascichi di polemiche relative ai dati ufficiali forniti dal ministero dell’Interno, che parlano complessivamente di netta diminuzione degli arrivi di clandestini pari al 90% rispetto a dieci anni fa ma in crescita considerando quelli dello scorso anno, subito messi in discussione dalla Caritas, che sostiene di essere in presenza di «un flusso costante ed una pressione migratoria rimasta sostanzialmente immutata se non aumentata». Rispetto al 2009 gli sbarchi sono quasi triplicati: erano 315 ora sono 841. Una settimana fa a Gallipoli sono stati fermati 45 afghani, stipati sotto coperta di una barca a vela di 15 metri condotta da due turchi, arrestati dalla Finanza e reclusi nel carcere leccese di borgo San Nicola. Sempre nel Leccese, ma sulla costa adriatica tra Torre Sant’Emiliano e Porto Badisco, altri 66 extracomunitari, tra cui 11 bambini, sono stati individuati l’8 agosto scorso e trasferiti nel centro di prima accoglienza di Otranto a riprova di un copione, che ad oggi ferma il fotogramma 2010 a 28 sbarchi e 841 persone, di cui 293 minori, giunti clandestinamente nel Salento, dove l’Occidente dovrebbe incontrare l’Oriente.


Calabria: clandestini sbarcati da uno yacht di lusso
Dal sito Italiavela
Roberto Imbastaro
C’è da chiedersi quanti clandestini siano sbarcati questa estate da barche a vela o da yacht di lusso mentre ci propinavano i numeri di una netta diminuzione degli sbarchi in seguito all’azione di respingimento e agli accordi con la Libia. Oggi la novità di uno sbarco in Calabria da un maxi yacht di lusso, probabilmente effettuato dalla mafia russa visto che è proprio su un giovane russo che si accentrano i sospetti di essere lo scafista (o un fiancheggiatore) di quest’ultimo sbarco avvenuto a Riace. L’uomo è stato fermato mentre camminava sulla statale 106 (la Ionica) in compagnia di una ragazza. Nel suo zaino un binocolo e una decina di telefoni cellulari. Non sarebbe nemmeno la prima volta che gli scafisti che conducono i clandestini sulle coste calabresi sono di Paesi dell' Est europeo. Già nel novembre dello scorso anno, tre ucraini furono arrestati per uno sbarco avvenuto nella stessa zona di quello della notte scorsa. Lo sbarco è avvenuto nella notte, con lo yacht che si è ancorato a una cinquantina di metri dalla riva. Un uomo ha raggiunto la riva a nuoto e ha assicurato una cima per consentire il trasbordo delle persone tramite un gommone senza motore. I clandestini fermati oggi sono 122, 51 uomini, 36 donne e 35 bambini. Tutti curdi provenienti da vari paesi. Gli stessi immigrati, quasi tutti in buone condizioni, hanno dichiarato di aver viagiato dalla Turchia a bordo di una barca lussuosa. A dare l' allarme sono stati alcuni automobilisti che hanno notato questa fila indiana di gente camminare sulla statale 106. Gli immigrati sono stati portati in una struttura messa a disposizione dal Comune di Camini dove sono stati rifocillati dai volontari della protezione civile. Solo cinque di loro, tra cui una donna in cinta e due bambini, sono stati trasportati all’ospedale di Locri perché disidratati.

18 febbraio 2010

Raddoppiato il numero degli immigrati nel quinquennio 2001-2006(governo Berlusconi)

dal blog di Gianni Guelfi


Ad ogni fattaccio di cronaca nera in cui sono coinvolti degli immigrati, subito qualche politico di dx corre in tv a dire, con la consueta faccia di tolla, che è stata la sx a far entrare gli extracomunitari. Ultimamente è successo dopo gli incidenti di Rosarno e Milano. E' chiaramente una menzogna, ma per la parte dei cittadini meno informata, una menzogna ripetuta 50-100 volte diventa quasi sempre una verità.
E allora ecco un titolo dal Messaggero del 28 marzo 2006
 
 
 
Il raddoppio nel quinquennio berlusconiano fu confermato anche dall' Istat, secondo la quale gli stranieri residenti al 1° gennaio 2002 erano 1356000

http://demo.istat.it/str2002/index.html

mentre al 1° gennaio 2006 erano diventati 2670000

http://demo.istat.it/str2006/index.html
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22 gennaio 2010

Dalla Bossi-Fini al reato di clandestinità: risultati ZERO


Dal blog Destra di Popolo


POCHI PROCESSI E TANTE ARCHIVIAZIONI, QUASI INESISTENTI LE SENTENZE, RARE LE AMMENDE..SI APPLICA IL VECCHIO DECRETO AMMINISTRATIVO DI ESPULSIONE “FAIDATE”: L’INVITO CORTESE A LASCIARE IL PAESE A CUI NESSUNO OTTEMPERA…E MARONI CONTINUA A SPACCIARLE PER ESPULSIONI REALI
Reato di clandestinità, sei mesi dopo: come nei migliori romanzi “noir”, il lettore-elettore, dopo aver dato una scorsa a una trama in verità banalotta, sfoglia incuriosito le ultime pagine per almeno sapere chi è l’autore del delitto. In verità il colpevole non va ricercato nelle ultime righe, forse si tratta dell’autore stesso del libro che non ha saputo sviluppare una trama decente. Edito da “consiglio dei ministri”, pubblicizzato servilmente dai media, elargito in migliaia di copie omaggio, in traduzione dialettale, ai giovani padani che almeno potranno dire agli eredi  di aver letto un libro in vita loro, il giallo si è già tramutato in farsa.
Il reato di immigrazione clandestina, introdotto dal “pacco sicurezza” (legge 94/2009), in vigore dall’ 8 agosto, quello che avrebbe dovuto permettere, grazia alla Lega, di espellere decine di migliaia di immigrati clandestini dediti a delinquere, ha già fatto flop.
Lo dicono i dati, a guardare dal numero delle condanne, quasi inesistenti. Richieste di archiviazione, eccezioni di incostituzionalità, conflitti tra procura e giudici di pace: l’arma letale si è rivelata, come avevamo detto in tempi non sospetti, una pistolina ad acqua.
Ora che Bobo e Umberto, con Cota e Bricolage, loro compagni di merende, ci hanno giocato in spiaggia, possono rivestirsi e tornare a casa per cena, che mamma padagna (quella del magna magna) ha preparato loro la torta  (quella da spartirsi, per cui vanno matti).
Ricordate quando decantavano che ora l’ingresso e il soggiorno illegale sarebbero stati severamente puniti con ammenda e espulsione?
Beh avevano scherzato.
Basta fare un giro nelle varie procure italiane.
A Milano sono state 500 le archiviazioni, si contesta la clandestinità come aggravante solo quando un clandestino ha commesso altro reato.
A Genova sono state appena 70 le denunce e solo 12 le condanne (che non vuol dire espulsione). 
A Bologna 25 procedimenti, applicata solo l’ammenda. A Firenze solo 12 sentenze di condanna con ammenda relativa. A Napoli i fascicoli del nuovo reato si contano sulle dita di una mano.
Nessuna condanna emessa mai a Palermo, poche denunce anche a Parma, a Bari le poche udienze devono ancora iniziare. A Roma appena 40 processi.  In pratica, le espulsioni promesse con la creazione del nuovo reato di immigrazione clandestina non esistono, in quanto, come sostengono i giudici di pace, sono di difficile attuazione.
Si continua col vecchio metodo del decreto amministrativo del prefetto: una bella carta che viene consegnata al clandestino, dove lo si prega di allontanarsi dal nostro Paese.
Carta della quale l’immigrato farà certamente uso diverso da quello istituzionale.
Non è cambiato nulla, siamo al “teatrino della politica”, direbbe il buon Silvio. Magari alla prossima cenetta del lunedì ad Arcore, a base di risottino,  coi forchettoni leghisti potrebbe farlo presente.
Non lamentiamoci: lo spottone in tv è stato fatto e molti italiani sono notoriamente  bonaccioni e creduloni.
E quando si danno i dati degli espulsi poco importa se sono stati realmente accompagnati al loro Paese di origine o solo “invitati” con garbo a ritornarci. Per la statistica maroniana è la stessa cosa.




07 gennaio 2010

SIAMO RIUSCITI AD ARRESTARE UN CLANDESTINO CHE VOLEVA TORNARE IN SENEGAL A SUE SPESE


dal blog Destra di Popolo


COLPO GROSSO DI MARONI: SENEGALESE BLOCCATO A FIUMICINO MENTRE TORNAVA A CASA, DOPO AVER TRASCORSO OTTO ANNI IN ITALIA DA CLANDESTINO… ORA RESTERA’ IN CARCERE SETTE MESI E POI L’ITALIA GLI DOVRA’ PAGARE ANCHE  IL BIGLIETTO AEREO… EVVIVA IL PACCO SICUREZZA

Questa è una storia assurda, ma purtroppo vera, che vede protagonisti un immigrato clandestino, le forze dell’ordine e le leggi italiane.
Il signor Khadim si era presentato all’aereoporto di Fiumicino per ritornare in Senegal, suo paese di origine, con in tasca un regolare biglietto di sola andata, acquistato con i suoi pochi risparmi e l’aiuto di qualche amico italiano. Khadim era ansioso di riabbracciare la sua famiglia a Dakar, dopo aver trascorso in Italia otto anni da clandestino nella speranza che un datore di lavoro lo mettesse in regola e gli consentisse pertanto di emergere dalla clandestinità.
Invece ha accumulato anni e anni di lavoro in nero, pur non avendo mai commesso reati, tenendosi lontano sempre da giri pericolosi, cambiando tanti lavori, ma tutti svolti onestamente.
Ma ecco che le norme maroniane si abbattono su di lui poco prima di prendere il volo (per Dakar) : adesso potrà figurare nelle statistiche che Maroni sbandiererà nei suoi spot televisivi.
Khadim viene infatti arrestato sul posto perché era rimasto in Italia senza documenti.
In quanto irregolare, era stato colpito da alcuni decreti di espulsione di cui lui non ha mai conosciuto l’esistenza, non essendogli mai stati notificati.  
Ora che stava per andarsene dal nostro Paese, dovrà scontare sette mesi di carcere per inosservanza ai quei decreti.
Non solo: lo Stato italiano, oltre al mantenimento in galera, dovrà provvedere pure a pagargli il biglietto aereo e gli avvocati d’ufficio, così recita la legge.
Il massimo  della farsa si raggiunge quando Khadim, dal carcere, tramite il legale, chiede l’espulsione come misura alternativa alla galera, ma il magistrato respinge la richiesta perchè secondo il pacco sicurezza la misura alternativa non può esere concessa a chi non ha ottemperato all’espulsione. Siamo al paradosso che la sua richiesta di lasciare l’Italia non è stata accolta perchè deve scontare una pena per non essersene andato.
Il Garante dei detenuti ammette che “siamo di fronte a una storia che sembra senza senso, ma frutto di una legislazione che in tema di immigrazione, tra carcere e centri di espulsione, sembra accanirsi contro i cittadini stranieri, fino a prevedere inutile pene afflittive e ulteriore sofferenza. Forse sarebbe necessario studiare gli effetti pratici di alcune leggi per evitare di risolvere un fenomeno di rilevanza sociale, come l’immigrazione, facendo ricorso al carcere”.
Ma noi in fondo siamo il Paese dei “pacchi”, quello sulla sicurezza è uno degno della prima serata  di Rai1, altro che Max Giusti, qua conduce Sax Maroni.
Nessuno andrà mai a cercare chi ha fatto lavorare in nero per otto anni Khadim, senza contributi e assistenza sanitaria, ma come abbiamo beccato il senegalese a Fiumicino mentre stava per lasciare il Paese, gli siamo zompati addosso per incrementare la statistica.
E se ora dovremo pagargli vitto e biglietto aereo, chissenefrega… non pagano certo in via Bellerio, pagano i contribuenti italiani.

06 gennaio 2010

Sartori. Il pedigree di un vecchio professorone.


dal blog Salam(e)lik


Giovanni Sartori, l'ultimo (si fa per dire) dei Vecchi Saggi regolarmente rispolverati dal Corriere per scrivere fregnacce sull'Islam, si è un po' risentito per essere stato ridicolizzato da una caterva di studiosi ed esperti molto più competenti di lui in materia. Al suo editoriale (sic) sull'"integrabilità degli islamici" hanno risposto infatti un po' tutti, in rete e non, e il bilancio era decisamente negativo per il vecchio professorone: non ne ha azzeccata neanche una, poveraccio.Marco Restelli, indianista e Lorenzo Declich, islamologo, gli hanno fatto letteralmente le pulci sui rispettivi blog, in particolare sui fatti storici da lui indicati come fondamenta del proprio ragionamento. Anche un brillante studente in relazioni internazionali, "nato in India, acculturato in Italia e soggiornante con cedolino" (come scrive lui), lo ha sbugiardato.

Sul Corriere, invece, Tito Boeri lo ha smentito sull'attualità, ricordandogli che "Il 77 per cento dei maghrebini di seconda generazione immigrati in Francia ha sposato una persona di cittadinanza francese" e che milioni di turchi vivono in Germania senza creare problemi. Purtroppo, Boeri ha replicato a Sartori secondo le modalità da me stigmatizzate a caldo quando scrissi: "Il guaio, in questo paese, è che quando questi espertoni "sbroccano" - perché di questo si tratta - nessuno osa gridare "l'espertone è sbroccato". Diventa tutta una gara a chi risponderà il "più pacatamente" possibile alle panzane propinate, col risultato che non si riesce mai a qualificarle per quello che effettivamente sono". Boeri non ha messo in luce gli strafalcioni del Sartori e non li ha argomentati. Si è solo limitato a porre domande generali, seppur di buon senso, lasciando al Sartori il compito di citare - a vanvera e persino sbagliando di nuovo - opere ed autori. Il che ha permesso a Sartori di fare la figura del dotto accademico e a Boeri quella del "«pensabenista», un ripetitore rituale del politicamente corretto, che perciò sa già tutto", come lo ha apostrofato Sartori stesso.

Questo tipo di risposta, con personaggi come Sartori, abituati a gridare slogan e a fare i capi-popolo, normalmente non funziona. Boeri è stato infatti ferocemente attaccato dal Sartori, che replica:"Il mio pedigree di studioso è in ordine. È quello del mio assaltatore che non lo è", "Se Boeri, che è professore di Economia del lavoro alla Bocconi e autorevole collaboratore di Repubblica, non è in grado di capire quel che scrivo, e dimostra di non sapere nulla del tema nel quale si spericola, figurarsi gli altri, figurarsi i politici." Quindi Sartori si arrampica sugli specchi, e si trincera dietro le scienze sociali per evitare di riflettere sulle "moltissime variabili che sono in gioco, ai loro molteplici contesti, e pertanto alla straordinaria complessità del problema. D’accordo. Ma nelle scienze sociali lo studioso deve procedere diversamente, deve isolare la variabile a più alto potere esplicativo, che spiega più delle altre. Nel nostro caso la variabile islamica (il suo monoteismo teocratico) risulta essere la più potente".

Ma pensa te...Ma uno studioso "con pedigree" non dovrebbe studiare appunto le variabili e rendere manifesta ai profani la complessità dei problemi che tratta? Oppure si deve limitare a cavalcare la vox populi e accontentare i lettori de La Padania? Che brutto modo di buttare alle ortiche un'onorata carriera accademica...Come ha giustamente scritto sul MessaggeroCorrado Giustiniani: "Stiamo freschi se anche le intelligenze più lucide di questo paese perdono improvvisamente la brocca e, invece di proporre soluzioni, preferiscono sparare giudizi di pancia e diffondere veleni ai quattro venti". Il problema è che io dubito fortemente che Sartori, nato nell'anno in cui è stato esiliato l'ultimo Sultano di Istanbul, sia lucido. Cosa dire della chiusa della sua replica, per esempio? "Alla sua intensità massima (L'Islam monoteista, ndr) produce l’uomo-bomba, il martire della fede che si fa esplodere, che si uccide per uccidere (e che nessuna altra cultura ha mai prodotto)". Ma Kamikaze non era un termine giapponese, caro studioso dall'impeccabile pedigree?

Il problema, però, non è Sartori, la sua arroganza e la sua isteria di vecchio professorone. Il problema è che uno come Sartori si è ben guardato dal rispondere agli studiosi di orientalistica che hanno scoperto errori ed orrori persino nella sua replica, a partire dai titoli e dagli autori dei saggi da lui citati. Questo dovrebbe far riflettere sulla condizione in cui sono costretti fior fior di orientalisti e islamologhi italiani. Studi, lauree, dottorati e specializzazioni in materia e alla fine chi chiamano a parlare di"cose islamiche" sul più importante quotidiano del paese? Un politologo, un professore di economia del lavoro, una romanziera latitante, un Magdi Allam...Che tristezza. Cari orientalisti, sveglia. Avete perso quasi dieci anni di tempo, da quando l'Islam è diventato di moda, nel 2001. Quanto tempo avete ancora intenzione di perdere prima di occupare il posto che vi spetta in questo paese?



Aggiornamento (clicca)

05 gennaio 2010

Due cazzate al prezzo di una.


La prima, detta dal sedicente ministro Brunetta :«Mi faccia dire una cosa che ancora non ho detto: la riforma non dovrà riguardare solo la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima. A partire dall’articolo 1: stabilire che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” non significa assolutamente nulla».


Può anche darsi che non significhi nulla, o , meglio sia solo una posizione di principio o programmatica, magari anche utopica, non è questo quello che conta. Quello che conta, e una matricola ciuccia di giurisprudenza potrebbe andare a spiegarglielo al ministro bonsai, è che la prima parte della Costituzione della Repubblica Italiana, essendo (a differenza dello Statuto Albertino) una costituzione rigida, non è modificabile.
NON E' MODIFICABILE. Punto.




Seconda cazzata, questa volta ad opera del nostro amico genio censuratore, cacciatore di fantomatici terroristi islamici che vede solo lui, paranoico grave, si proprio Aribandus: "In questo mondo di strani", titola, e meno male visto che se i normali sono razzisti e paranoici come lui....
Certo stavolta cita pure Sartori. Peccato che Sartori dica una solenne cazzata. Le prove dell'integrazione dei musulmani nei secoli, qui , come agli antipodi del mondo(parlo dell' estremo oriente) sono evidentissimi. Vada a studiare ancora Sartori, invece di dire fregnacce... ad uso e consumo quelli come Aribandus. E' normale lui...


Sull'argomento segnalo anche Giovanni Sartori, i "pensabenisti" e la cosiddetta "integrazione degli islamici"


Off Topic invece segnalo.

-TEMPO DI SALDI: IL VACCINO ANTI-VIRUS A HA FATTO SOLO LA FORTUNA DELLE CASE FARMACEUTICHE.
-La disperazione di una mamma: "Mio figlio, passato dalle Bestie di Satana alla Lega Nord"

-È il presidente brasiliano Lula l’uomo dell’anno

16 novembre 2007

Civiltà occidentale


05 novembre 2007

04 novembre 2007

Emergenza immigrazione? Macchè


Ho ascoltato tutto quello accaduto in questi giorni tutto quanto successo al riguardo all' omicidio di Giovanna Reggiani. I miei (20? forse meno!) lettori sapranno che non sono particolarmente critico con questo governo però per la seconda volta (la prima per il caso Raciti) si asseconda l'emotività , montata ad arte da certi media , e si crea un' emergenza che non esiste. Peggio: si fa un decreto liberticida e fascistoide per "rimpatriare" cittadini europei. Che orrore seguire la linea di Fini (a proposito un bel dossier sulla situazione a Milano non lo si poteva fare?).

Come se il "problema" micro-criminalità fosse davvero un problema e non invece l'espressione della libertà democratica. Sì signori non c'è libertà senza rischio, non c'è sicurezza senza oppressione. Io non ho dubbi a scegliere libertà e rischio, di preferire la libertà alla sicurezza. Purtroppo anche a sinistra molti non capiscono la pericoloistà dell' altra scelta: il rischio di una società senza rischi.
Sono società come quella di Minority Report o 1984 le società senza crimini, o se preferite la Germania nazista o l' Italia fascista.

Ma andiamo avanti. In questi giorni ci sono stati altri due casi clamorosi di violenza: l'uno l'assassinio della giovane studentessa inglese a Perugia. Assolutamente identico (stupro+omiciodo di una donna) ma questo , visto che l'omicida non sembra essere un rumeno non sembra aver scatenato isteria. Poi ce n'è uno molto più grave: un pazzo che spara dal balcone ammazzando una persona e mettendo a repentaglio la vita di molte altre. Un ex-ufficiale dell' esercito. Misure repressive contro i militari? Macchè. Quindi? Quindi che ci piaccia o no questa isteria contro il rumeno non è altro che frutto del nostro razzismo strisciante, della nostra paura del diverso. In parole povere della nostra ignoranza. Rumeni, rom, extracomunitari o no, il punto comunque è un altro. No alla repressione, no allo stato di polizia. Il problema criminalità non esiste, è fisiologico nelle società libere. Si può si ridurlo, eliminado il degrado e permettendo a queste persone di vivere dignitosamente. In primo luogo nei loro paesi. Perchè se queste persone vengono in Italia a vivere in una baraccopoli significa che l'emergenza sta davvero altrove, nei paesi di provenienza. E purtroppo, ancora una volta, non posso che constatare che il problema primo e originario sia sempre lo stesso: l' economia capitalista. La devastazione del post-comunismo è sotto gli occhi di tutti: la medicina è stata peggiore della "malattia". Allo stesso modo la repressione è molto peggio del crimine che vorrebbe combattere. Come se la criminalità vera, quella mafiosa, non esistesse più e non fosse quella la vera eterna emergenza del nostro paese. Un paese che perde ogni fine settimana decine di suoi figli ma che non si scandalizza mai per l'insicurezza e l' arretratezza del proprio sistema stradale ma si scandalizza se ogni tanto un rumeno sgozza un' italiana. In che strano paese vivo.

09 ottobre 2007

Diritto alla privacy, questo sconosciuto

Prendo spunto da un articolo del finto musulmano moderato (in realtà cristiano copto) Magdi Allam apparso sul sito del Corriere della Sera per una considerazione. Il punto non è burqa si, burqa no e non riguarda solo i musulmani. Riguarda tutti noi. E' tollerabile che sia vietato a una persona andare in giro col volto coperto? E' un reato la riservatezza in un mondo sempre più pieno di grandi fratelli e telecamere? Persino nella Spagna di Franco, o se preferite dell' Eta non esisteva nessun divieto di questo tipo perchè dovrebbe esistere nella "democratica" Italia? E' ragionevole limitare la libertà delle persone solo per prevenire eventuali reati? E' lecita la repressione preventiva? Quanto questo è democratico e quanto questo può portare a una deriva autoritaria e fascista? Non so voi ma il sottoscritto tra il rischio di "terrorismo" e il fascismo scelgo senza dubbio il primo, il male minore . Ovviamente rimane salvo il principio che un ufficiale di polizia possa chiederti di identificarti, perchè non aboliamo questo divieto odioso e discriminatorio? Tanto i criminali veri sanno come occultarsi lo stesso. Questa norma già non aveva senso negli anni 70, figuriamoci oggi.

16 marzo 2007

No alla paura dell' Islam


di Miguel Martínez

Due anni e mezzo fa, si avvicinava l'attacco all'Iraq. I miei amici - in senso ampio - erano quella minoranza di persone che sentiva che la guerra che stava per arrivare era qualcosa che ci riguardava tutti, e proprio per questo avrebbe tracciato un solco profondo tra gli uomini.

Esisteva un dichiarato progetto di impero universale americano, un'uranocrazia che avrebbe tenuto sotto il dominio implacabile dei suoi satelliti e dei suoi bombardieri, ogni essere vivente su questa terra.

Un disegno espresso con parole di feroce superbia e chiarezza dalla néoconnarderie (termine di cui ringrazio Dacia Valent). Ma dietro queste parole, c'era una lunga storia: dalle tonnellate di filo spinato con cui fu delimitato il West, dalla catena di montaggio generalizzato, in cui quasi tutti sono - direttamente o indirettamente - parte della più grande macchina militare di tutti i tempi, non poteva nascere altro.

Una forza affascinante e terribile, cui forse solo le parole dell'Apocalisse possono rendere il dovuto onore, perché le immagini religiose esprimono le intuizioni più profonde:

Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini.

Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta.

Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia.

Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte;

e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.

Molti marciavano contro la guerra in quei giorni. Dimostrando che non tutti portano sulla fronte il marchio della bestia.

Ma la guerra non è un'astrazione: c'è qualcuno che la fa. E quel qualcuno oggi è l'impero americano. Chi non lo coglie, può solo sfilare, sperare, generalizzare. E alla fine perdersi nella vacuità e nell'impotenza.

L'Impero non ha prestato la minima attenzione al movimento contro la guerra. Perché quelle persone non hanno ritardato di un giorno i suoi progetti. Le bandiere della pace sono rimaste per un anno appese sui davanzali, a diventare sempre di più dello stesso colore dei muri. Un giorno, ho tirato dentro anche la mia, l'ultima rimasta sulla piazza.

Chi ha cercato di fermare l'Impero, invece, sono stati i ragazzi dell'Iraq. Ragazzi molto lontani dai nostri, e che per questo ci fanno un po' paura. Come si cresce dopo tredici anni di embargo, con la tessera del pane e senza sapere cosa sia un ospedale?

Forse, se nella sua infinita malvagità, l'Impero non li avesse fatti crescere così, quei ragazzi non avrebbero potuto fermare l'Impero, come non potrebbero mai farlo i nostri.


Quei ragazzi, nei quartieri senza lampioni, tra l'odore di fogna e quello di tabacco mu'assal che odora di miele e di rosa, a giocare con i loro domino consunti, ridendo, litigando, sognando, si sono presi sulle spalle il mondo intero.

Senza saperne nulla dei campi di golf, dei lucidi tavoli dei consigli di amministrazione in cui si decidono i massacri, né del feroce, ribollente astio di ciò che oggi si sente Occidente.

Nel Signore degli anelli, J.R.R. Tolkien ebbe la splendida intuizione di affidare l'anello a una persona che è insieme profondamente normale, e rappresentativa di un angolo particolare del mondo. Tolkien è stato sfruttato politicamente a destra, ma Frodo Baggins è l'esatto contrario di ogni superomismo estetizzante, l'opposto di D'Annunzio, o del personaggio del mercenario, o del nichilista della creative destruction sognato dai neocon.

Certo, i Frodo dei nostri tempi non sono piccoli gentiluomini della campagna inglese.

In Neve, Orhan Pamuk - uno dei più grandi autori dei nostri tempi - ci racconta di Necip, giovane islamista della profonda e fredda Anatolia, che confida i propri desideri al triste poeta Ka, esule politico di sinistra, vissuto per anni nell'ancora più fredda Germania.

Necip è segretamente innamorato di Kadife, figlia di un tollerante ex-militante di sinistra. Kadife, religiosamente scettica, ha sfidato il terrore imperante, scegliendo di indossare pubblicamente il hijab.

"Voglio sposarmi con Kadife - dice Necip - vivere a Istanbul e diventare il primo scritto di fantascienza islamico nel mondo. So che tutto ciò è impossibile, ma lo voglio lo stesso."
I Necip sognano ancora, e possono ancora combattere, perché possiedono qualcosa che noi non abbiamo. Il nemico dell'umanità si ricorda bene di quando riuscirono a strappare l'anima ai Sioux, e gli ultimi guerrieri andarono a vivere in carcasse di automobili, con una bottiglia di pessimo whisky per compagnia.

A forza di strappare il hijab a Kadife, potremo insegnare ai Necip di questo mondo a camminare a testa china, a riconoscere il proprio posto di sudditi. Perché l'Islam - mi perdonino i lettori musulmani - è un immenso calderone di cose, come un sogno pieno di immagini e storie, di cui ci ricordiamo appena al risveglio, ma che ci fa sentire partecipi di qualcos'altro.

Qualcuno, certo in perfetta buona fede, dice che sosterrebbe gli iracheni, se solo fossero come noi. Certo che sono come noi, lo sono profondamente. In questo senso tutto il castello dello scontro di civiltà è una menzogna.

Eppure, c'è anche del vero nella menzogna.

Perché senza anima, non c'è resistenza. Ecco perché assistiamo adesso allo straordinario tentativo di uccidere una religione, dell'islamicidio.

Prima di morire assassinato da ex-militanti di sinistra diventati sanguinari sostenitori del regime militare, Necip dirà a Ka:

"Ho guardato su un'enciclopedia, la parola ateo deriva dal greco átheos. E quella parola indica non la persona che non crede in Dio, ma la persona sola, abbandonata dagli dèi. E questo significa che l'uomo, qui, non può mai essere ateo. Perché Allah, anche se lo vogliamo, non ci abbandonerebbe mai qui. Per diventare ateo, la persona deve prima diventare occidentale".




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