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22 giugno 2018

“DIARIO DI UNA GIORNALISTA AGGREDITA E MINACCIATA DALLA CAMORRA”: LETTERA A ROBERTO SAVIANO

Di Luciana Esposito per Napolitan.it

Caro Roberto,
Se respirassi Napoli con i tuoi polmoni e ritrovassi il coraggio di guardarla senza filtri, dritto negli occhi, per giungere a toccare con mano le cicatrici e le ferite tuttora sanguinanti che si porta cucite addosso, saresti orgoglioso dello striscione apparso nel Rione Sanità, perché rappresenta un monito forte alla camorra e ancora di più a chi la intreccia a suggestioni letterarie/cinematografiche per lanciare sul mercato prodotti “proliferi” utili a tenere viva la macchina da soldi innescata da Gomorra, tanti anni fa…
“La camorra e rinnegati non hanno nazionalità e Napoli ha bisogno d’amore, non di fango. Napoli in azione”: questo è quanto riportato su quel mantello bianco, pregno d’indignazione ed orgoglio, oltre che di vernice. Napoli rivendica verità, è stanca delle tue “favole”.
Scontata e assai opinabile la tua replica: “Questo striscione campeggia a Napoli abbarbicato sul ponte della Sanità. Questo striscione lo ha messo lì chi odia Napoli. Perché fango non è raccontare, fango è uccidere, spaventare, terrorizzare, togliere speranza e azzerare ogni futuro possibile.”
Se tu vivessi a Napoli, ti sarebbe giunta notizia che, proprio nel cuore del Rione Sanità, in una delle fette di Napoli più sopraffatte dalla camorra, all’indomani della morte dell’ennesima vittima innocente della criminalità, centinaia di persone sono scese in strada per sbarrare il passo alla camorra. E, probabilmente, quello che esaspera ed indispettisce il popolo è il fatto che tra gli scritti e nelle gesta cinematografiche che portano la tua firma, “stranamente” non c’è spazio per la civiltà e la legalità che inizia a rivendicare la sua presenza, soprattutto tra le crepe dei contesti più devastati dalla camorra. Questo ritrovato e partecipato senso d’indignazione rischia di offuscare l’attendibilità di quel prodotto che assicura il massimo risultato con il minimo sforzo: “camorra, Scampia e malammore”. Del resto, perché discostarsi da un principio mediaticamente vincente, parafrasando una realtà che rischia di rompere il giocattolo?
E questo, agli esseri pensanti che hanno ancora voglia di indignarsi, proprio non va giù.
Due aggressioni fisiche, l’ultima sfociata persino in un tentativo di sequestro di persona, all’incirca 15 denunce sporte dall’inizio del 2016, minacce di morte da parte della madre del boss dei Barbudos, plurimi raid vandalici alla mia auto. Le intimidazioni, le minacce e gli avvertimenti, sono all’ordine del giorno: questi i fatti che sintetizzano il mio lavoro di giornalista, direttrice di un giornale online qualunque, una scelta voluta per non sottostare alle disposizioni di nessun padrone. Con tutti i contro che questo comporta. Non diventerò mai ricca e non è questa la motivazione che anima il mio operato, diversamente avrei mollato dopo il primo “strascino”.
Il tutto viene ulteriormente aggravato da un dettaglio che fa la differenza: vivo nel posto in cui lavoro e di cui racconto le malefatte, Ponticelli, quel quartiere che hai intravisto attraverso talune scene di Gomorra, quello in cui, invece, io sono nata e cresciuta e dove vivo e lavoro, muovendomi tra la violenza, l’odio, l’omertà di chi, mentre venivo pestata, non ha mosso un dito per difendermi. Eppure, ho scelto di restare e di non fare nemmeno mezzo passo indietro.
Anzi, ho imparato a capire che misurarsi costantemente con la paura e con i limiti imposti dalla consapevolezza di quello che fai è il metro valutativo più attendibile per non perdere mai la lucidità né l’impatto con la realtà.
Non me ne volere, ma credo che tu non abbia la minima percezione di cosa voglia dire vivere costantemente sotto minaccia: gli sguardi, le citofonate nel cuore della notte per buttarti giù dal letto solo per recapitarti l’ennesimo “consiglio”, le limitazioni dettate dalla consapevolezza che ti muovi in un campo minato, il lucido cinismo che ti porta a non fidarti di nessuno. Eppure, non vivo sotto scorta, le spalle ho imparato a guardarmele da sola, ma non credo che la mia vita valga meno della tua, meno che mai lo penso del mio lavoro.
La ricerca della verità e soprattutto la “vera” lotta Anticamorra, richiedono questo genere d’impegno e di sacrificio e chi sceglie d sposare questa causa, deve fare inevitabilmente i conti con tutto ciò che questa scelta tristemente comporta. Di conseguenza, le difficoltà con le quali mi confronto sono innumerevoli, quindi, nonostante sia presente sul posto, faccio non poca fatica a reperire notizie certe. Mi ha sempre affascinato ed incuriosito il fatto che, invece, tu non subisci questo genere di difficoltà, nonostante ti trovi a raccontare Napoli dall’altro capo del mondo. Questo “dettaglio” non sfugge allo spettatore/lettore attento che non può non interrogarsi in merito all’attendibilità dei fatti che racconti.
Romanzare la camorra sta mietendo più danni dell’affiliazione stessa, ma per rendertene conto dovresti vivere Napoli da Napoli.
I giovani camorristi che prima di andare a fare “le stese” si riuniscono in cerchio e urlano “le frasi di Gomorra” per motivarsi, l’emulazione fisica e comportamentale dei personaggi della serie, non solo da parte dei camorristi, la riproduzione fedele della casa di Don Pietro Savastano voluta da un boss, i ragazzini che ripetono fino allo sfinimento “le frasi tormentone” della serie, mentre giocano a pallone o ai videogiochi: per questo genere di “mostri”, Napoli deve “ringraziare” te.
sarebbe opportuno ed anche estremamente interessante che fossi tu ad analizzare “l’effetto di Gomorra sulla camorra”.
Sei bravo a forgiare la realtà a immagine e somiglianza dei tuoi interessi, ma in questo caso, non ci provare: gettare fango non è “raccontare”, ma raccontare una realtà falsata per andare incontro a delle esigenze che nulla hanno da spartire con la ricerca e la denuncia della verità.
Nessun napoletano avulso dal sistema camorristico ha mai contestato il lavoro e le inchieste di noi giornalisti presenti sul campo, anzi. Quello che, fin qui, mi ha dato la forza necessaria per non mollare è proprio l’incoraggiamento dei tantissimi napoletani desiderosi di liberarsi dalle angherie della camorra.
Non giriamoci troppo intorno: la tua lotta Anticamorra, nasce e si sviluppa per alimentare un business ben preciso e questo i napoletani lo hanno capito ed è più che legittimo che ti chiedano di cambiare registro e prendere una posizione netta: o romanziere o “detentore di verità assolute e inconfutabili”, non posso chiamarti giornalista perché non lo sei ed è bene ricordarlo. Nel caso in cui tu scelga di servire la verità, liberati da forzate ipocrisie, rimboccati le maniche e scendi in trincea insieme a noi, perché lo ribadisco: la tua vita non vale di più della mia e di quella di migliaia di giornalisti che ogni giorno rischiano la vita in nome di un ideale e che per questo non si sentono degli eroi né si aspettano che il mondo si fermi per tributargli una standing ovation.
Se dovesse accadermi qualcosa, tu sei una di quelle persone dalle quali desidero ricevere solo indifferenza: vedermi appioppare uno dei tuoi sermoni, vorrebbe dire gettare fango prima sul mio cadavere e poi sulla credibilità del mio lavoro, più silenzioso del tuo, ma, anche assai più sincero e disinteressato.

18 maggio 2012

Tutte le bugie di Saviano sui "Laogai"



Premessa: ma perché mai una parola cinese come tante dovrebbe stare sui dizionari italiani ed europei? Boh?

1)"In un laogai in Cina ci finisce chiunque è contro l'ideologia comunista, decida di essere religioso, se sei un imprenditore, se sei un controrivoluzionario di destra, se infrangi la regola del figlio unico".

5 o 6 bugie in una. A parte quelle risibili riguardo gli imprenditori o sul fatto di essere religiosi (almeno che si leggesse la costituzione Saviano, scoprirebbe che la Repubblica Popolare Cinese riconosce ben 5 religioni ufficiali (Confucianesimo, buddhismo, daoismo, cristianesimo ed islam). Anche quella del figlio unico (si paga una multa e comunque molti sono dispensati per motivi vari). Ma è falso anche che ci finisca chiunque è contro l'ideologia comunista o controrivoluzionari di destra. Nei Laogai ci vanno i criminali che hanno infranto il codice penale cinese ( o norme di diritto ammistrativo)): stupratori, omicidi, ladri, corrotti. Ecco tra questi forse ci sarà anche qualche anticomunista, ma nessuno è andato in carcere per questo.

2) "Ti obbligano a confessare. Un crimine ipotetico"

C'è un regolare processo e non c'è nessun obbligo di confessare nulla. Saviano ha letto troppi libri di fantascienza.

3) "Scrive un sopravvissuto ai laogai".

Ovviamente non si sa chi è, non si può verificare quindi nulla.

4) "Nei laogai si patisce la fame, si dorme su un letto di pietra largo 60 cm. "
Mai in stato in Cina Saviano e si vede. Non la Cina delle metropoli, intendiamo ma in quella rurale. Dove si dorme per terra o su delle panche di pietra cave riscaldate da una stufa a legna che si trova all'interno del letto stesso. Per quel che riguarda la dieta è stata da tempo aggiornata. Perché quello che non dice , la bugia più grossa è che non sta parlando del presente ma dei laogai di 40 anni fa. Come parlare delle carceri del Regno delle due Sicilie al presente.

5) "Si lavora più di 16 ore al giorno"
Falso. Il numero di ore giornaliere massimo è di 8, come prevede la legge e il lavoro è regolarmente compensato da uno stipendio, nella stessa misura in cui sarebbe retribuito all'esterno. Fonte.

6) "Se scappi poi se ti ritrovano senza documenti ti rispediscono dentro"
Invece in occidente no, ti offrono da bere, immagino. Oddio a certi mafiosi è pure successo...

7) "Finita la pena rimani comunque dentro al laogai".
No, finito il periodo di massimo di 3 anni di lavori socialmente utili sei libero.

8) "La Cina è il paese con il più alto numero di esecuzioni capitali". "Amnesty International parla di 5000 esecuzioni l'anno" "Altre organizzazioni parlano di 10.000".
Punto primo la Cina è nettamente il paese più popoloso al mondo e quindi è prima in quasi tutto. Se, con un pizzico di onestà intellettuale si fa il calcolo in base alla popolazione si vede che la Cina non è il paese col più alto numero di esecuzioni (ha una media simile al Texas) ma il paese con il più alto numero di esecuzioni è Singapore. Amnesty International, organizzazione britannica, al centro di polemiche, come altre organizzazioni simili, per via dei non chiari finanziamenti non è la bibbia e i suoi rilevamenti non sono sottoposti a nessun controllo di "peer review", visto che poi non vengono neanche spiegate le metodologia di rilevamento usate. Altre organizzazioni? Quali?

9) "Ai prigionieri gistiziati vengono espiantati organi e venduti".
Falso, gli organi vengono dati agli ospedali. Si parla, comunque, di numeri veramente marginali. 1000-2000, ma facciamo contento Saviano... 10.000 esecuzioni su 1.400.000.000 persone: nulla. Ma in Italia non si voleva mettere il silenzio-assenso? Che differenza c'è? Perché qui viene vista come una questione necessaria e di civiltà e se lo fanno i cinesi sarebbe un crimine orrendo?

10) "Nei laogai ci sono tra i 3 e i 5 milioni di persone"(numeri a caso). In Italia ci sono 70.000 detenuti nelle carceri (e non parliamo dei centri "di accoglienza " per immigrati. In proporzione al numero di abitanti (1400/60=23,3) è come se in Italia ci fossero 1,6 milioni e passa di detenuti. Eppure Saviano parla di quelli cinesi, ammesso che siano veramente 3 o 5 milioni, presenta la Cina come un gigantesco lager, l'Italia invece no. Lo stato con più alto numero di detenuti , comunque è la Lousiana, ma siccome fa parte del "mondo libero" (sic) Saviano non ne parla (come di Israele, nuovo paradiso in terra).

11) "I prodotti dei laogai possono essere venduti solo nel mercato interno, ma il mercato interno è esiguo".
Vi prego trattenete le lacrime e le risate, so che vi state scompisciando a sentire che il più grande mercato mondiale "è esiguo". Il fatto che i prodotti dei laogai non possono essere esportati è forse l'unica cosa vera detta da Saviano. Peccato che lasci intendere che queste norme vengano violate in maniera costante, ovviamente senza produrre uno straccio di prova.

12) Liu Xiaobo ai tempi di "piazza Tienanmen" era in Usa. "E' stato uno dei promotori di piazza Tienanmen" suona un po' come una confessione dell'implicazione degli Stati Uniti nella gestione di quel movimento, com'è successo poi altrove tante altre volte.

13) "Lettera letta pochissimo... sempre per il timore di far arrabbiare la Cina"
Strano a noi era parso che Cnn, Bbc, e tanti altri media facessero a gara a spalare merda e menzogne sulla Cina. Meno male che c'è Saviano a spiegarci come vanno veramente le cose.

14)Sulla lettera, ma questa non è stata scritta da Saviano, dico solo che presenta il sistema di governo cinese in maniera caricaturale, come se ci fosse "la volontà di chi detiene il potere", come se non esistessero pareri discordanti, anche molto discordanti all'interno del governo cinese. E dico anche che nella lettera si dicono molte cose condivisibili. Peccato che si cerchi di far passare il messaggio che Liu sia stato arrestato per aver detto queste cose, "per aver espresso un'opinione" e non invece per aver violato gli articoli 103 e 106 del codice penale cinese.

15) Sta storia della "franchigia" pure non si sa Saviano dove se la sia sognata, ad ogni modo sta parlando degli anni 50 come se fosse la Cina attuale: allucinante, presentando un personaggio che dalla Cina manca da 30 anni. Un personaggio livoroso, diventato professionista (e per professionista intendo prezzolato, dalla Cia pare) del China-bashing e a cui è stata data, non si sa per quali meriti, una cattedra a Berkley, in Geologia! Che cosa ne può mai sapere sto signore sulla Cina di oggi? E con quale attendibilità?

E quale credibilità avrà d'ora in avanti Saviano quando parlerà di altre storie ?