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13 maggio 2012

I blog non sono stampa clandestina sentenza storica della Cassazione

da Repubblica


LUNGA vita a blog e blogger. Dopo decenni di incertezza sulla natura dei "diari della rete", la Cassazione ha sciolto ogni dubbio: i blog non sono testate giornalistiche e non devono essere registrati in tribunale. Di conseguenza non possono incorrere nel reato di stampa clandestina previsto dalla legge 47 dell'8 febbraio 1948, meglio conosciuta come legge sulla stampa. La terza Sezione della Corte - presieduta da Saverio Felice Mannino, con la relazione del magistrato Santi Gazzara e la presenza del sostituto procuratore generale Policastro - si è pronunciata sul caso del giornalista e blogger siciliano Carlo Ruti, giudicato colpevole di stampa clandestina in primo e secondo grado.
Una vicenda che inizia nel 2004. Ruti viene querelato per diffamazione dal procuratore della Repubblica di Ragusa Agostino Fera per aver pubblicato sul suo blog "Accade in Sicilia" alcuni documenti relativi all'assassinio del giornalista Giovanni Spampinato, ucciso a Ragusa nel 1972 a soli 22 anni. Alla fine del processo, nel 2008, il Tribunale di Modica condanna il giornalista sia per il reato di diffamazione che per quello di stampa clandestina. Il blog, secondo il giudice, è una testata come lo sono i quotidiani e senza la registrazione è "clandestino" e deve essere chiuso. Nel 2011 arriva anche la conferma della Corte d'Appello di Catania. Intorno al caso, unico nel suo genere in Europa, si apre un dibattito mondiale animatissimo. Esperti, attivisti e blogger, preoccupati per il destino di migliaia di blog e altre forme di espressione
su internet, si mobilitano in supporto al giornalista e sessanta storici italiani firmano un lettera di solidarietà.
Ieri la sentenza che finalmente permette ai blogger un sospriro di sollievo. Ma la rete non parla di guerra vinta. "Il quadro normativo - scrive l'avvocato Guido Scorza sul suo blog - interpretato ed applicato dai Giudici di Modica e da quelli di Catania è, ancora, quello, ambiguo e confuso, sulla cui base questi ultimi sono pervenuti alle conclusioni ora travolte dalle decisione della Cassazione". Esistono altri casi che non sono andati a buon fine come quello di Ruti e per cui il popolo del web chiede al Parlamento di cambiare la normativa èper una maggiore tutela della libertà di espressione online.

29 novembre 2010

Wikileaks? Tutto merito di Lady Gaga.

Da OneWeb.


Lady Gaga Telephone
Pare che Lady Gaga sia coinvolta in qualche modo con il caso di Wikileaks e lo scandalo prodotto nella diplomazia mondiale. Un vestito decisamente osé? Una dichiarazione eccessiva? Niente di tutto questo: solo l’inconsapevole cavallo di Troia col quale il database è stato hackerato.
La vicenda è raccontata dal Guardian, uno dei giornali che ha ricevuto in anticipo il materiale fornito dal sito, come citato nel post precedente.
Il soldato 22enne Bradley Manning sarebbe il colpevole di questa sottrazione indebita. Prima di essere arrestato, avrebbe anche raccontato lo stratagemma che aveva intenzione di usare per il suo scopo: entrare con un CD riscrivibile di canzoni di Lady Gaga e poi salvare i file.
Nessuno sospetterà qualcosa, canticchiando col labiale “Telephone” di Lady Gaga riscriverò il CD ed estrarrò dal database tutti i dati. Ho un accesso senza precedenti alle reti, 14 ore al giorno 7 giorni alla settimana da otto mesi.
Che ci sia riuscito è ormai sotto gli occhi di tutti. Come sia stato individuato e da quali accuse si debba difendere è invece misterioso. Tanto che qualche tempo fa Julian Assange non ha esitato a incolpare addirittura un importante giornale, Wired, di aver contribuito al suo arresto.
Bradley Mannigs Wikileaks
Quello che è già definito come il più grande scandalo diplomatico di tutti i tempi nasce dunque da un banale DVD rimasterizzato con un file da 1.6 Gigabite in formato CSV.
Chissà cosa diranno gli storici di questi tempi e come li chiameranno: l’era della pirateria politica? O per mettere assieme tutto, cultura pop e politica, l’”era di Lady Gaga“?

07 ottobre 2010

Docente Californiana ci avverte sui pericoli di Google


Mimi Ito è un’antropologa culturale di Kyoto. Docente alla California University e co fondatrice del Digital Youth Project, da anni indaga il rapporto tra giovani e nuovi media.
Il Primo Ottobre è passata qui in Italia e precisamente a Milano al Meet the Media Guru (incontro con personalità dei nuovi Media) e qui potete vedere il suo intervento.
L’insegnante ci consiglia di non fidarci di Google e quindi di seguito andiamo a leggere l’intervista.

Dottoressa Ito, dopo aver osservato per tre anni i ragazzi alle prese con l’informazione on line, come valuta le loro capacità di apprendimento?
Il modo di apprendimento è cambiato. I giovani ricevono più informazioni e in maniera più diretta che in passato e hanno sviluppato una capacità di elaborarle in tempi rapidi.
Questo è un bene?
Dipende, perché spesso finiscono per accontentarsi di ciò che la rete gli offre senza spirito critico. Basti pensare che il 90% dei miei alunni, quando fa una ricerca su Google, si ferma a leggere solo i risultati che appaiono nella prima pagina. Per loro la verità è tutta li.
Come si può filtrare le informazioni che ricevono?
È questa la sfida che attende gli educatori. Devono prima misurarsi con i nuovi media e poi insegnare ai ragazzi, per esempio, come funziona l’algoritmo di Google e cosa determina il posizionamento dei risultati.
Da che punto di vista, secondo lei, i nuovi media sono una risorsa per l’apprendimento?
I nativi digitali hanno sviluppato alcune capacità peculiari del mezzo. Pensano in maniera multimediale. Sanno come editare un video, come comunicare su un blog e come misurarsi con i giochi on line.
Fare tutto ciò stando al computer non intacca la capacità di costruire relazioni interpersonali?
Non le intacca ma le modifica. Oggi i feedback sono quanto di più vicino ci sia al giudizio di un professore. Qualsiasi cosa fai on line è soggetta ad un giudizio e quindi ti obbliga a rapportarti con altre persone. Le faccio un esempio
Prego.
Pensa a un appassionato di video editing. Oggi può seguire corsi on line, mettere i suoi lavori sul web e confrontarsi con migliaia di feedback che gli arrivano dal resto della rete. Ieri non avrebbe avuto questa possibilità.

Eppure, per esempio, se un ragazzo non ha facebook, per il resto dei suoi amici, semplicemente, non esiste. Non crede?
È vero, ma abbiamo gli anticorpi. Negli Usa molti lasciano da facebook per ragioni di privacy e formano una massa critica che raccoglie chi dice no a questi social network. Resta la possibilità di scelta.
Sa che non ho facebook?
Allora praticamente non esisti (ride).

25 settembre 2010

Lo scontro nello scontro. Senza partita.

Berlusconi contro Fini. Il Giornale, Libero, gran parte della Rai, Mediaset contro il mondo libero.
Ma anche un pezzo di rete, la guerra dei blog. E qui il confronto si fa ancora più impietoso.
I due blog che più di tutti si sono interessati alla vicenda della casa di Montecarlo sono state sulle opposte fazioni Daw e Destradipopolo.net. E qui si nota la differenza che c'è tra un blog amatoriale, magari carino dal punto estetico (almeno una volta) ma gestito da un ragazzino che dimostra mentalmente anche meno degli anni che ha e un blog fatto con serietà, competenza, stile.
Da una parte rutti, scoreggie, accuse, insinuazioni, fotomontaggi di dubbio gusto, petulanze e flatulenze varie, dall'altra articoli rigorosi, seri, scritti in uno stile godibile, leggibile, elegante. Da una parte un povero idiota che si nasconde dietro uno pseudonimo, e i suoi pochi sodali, ormai considerati da chi conosce bene la blogosfera italiana, una sorta di circo Barnum, dall'altra la serietà, la professionalità ma soprattutto l'onestà intellettuale di Riccardo Fucile.
Da una parte titoli come "Elisabetto faccelo vedere", "Finito, la carta intestata: nessun mistero" e altri cori da ultras berlusconiano , ossessinato da Fini: avrà "scritto" o meglio farfugliato , scopiazzando da Libero e da il Giornale, almeno 100 post sul tema negli ultimi 2 mesi, anche 5-6 al giorno, manco stesse commentando in diretta lo sbarco sulla Luna.
Dall'altra una ricostruzione certosina e minuziosa della faccenda, forse non "imparziale" ma che almeno può sembrarlo e soprattutto che può sembrare verosimile e soprattutto non sembra scritta da un bambino di seconda elementare, un po' ritardato pure.
Articoli, quelli di Destra di Popolo, che al confronto con la stupidità di certi minus habens banani, convinti che la partita la stia vincendo il nano, quando in realtà si trova con le spalle al muro, tanto sono stupidi, finisca come finisca questa faccenda, sembra pure grande giornalismo.

11 luglio 2010

Vespa, "l'indipendente e imparziale" aveva pure la faccia tosta di dire che ha sempre fatto tutte le domande da fare a Berlusconi...


... e ora fa l'ascaro o il ruffiano per favorire l'unione con la reticente Casini. Che schifo. Ma in quale altro paese accadono cose del genere? In quale paese un giornalista , anzi il principale anchorman della prima televisione pubblica, si mette a organizzare cene per favorire rimpasti di governo?
Ditemi voi dove siamo arrivati. Minzolini e Vespa fuori dai coglioni, subito.

03 giugno 2010

Botteri sei una grande. Bott...

Scusate l'ineleganza ma proprio non riesco più a sopportare la sua supponenza in video. A parlare e straparlare sparando una cazzata dopo l'altra dal suo divano di New York di Cina, Corea del Nord, Iran, etc... una raccoltà di luoghi comuni e falsità degni del peggior Fede, solo che lui lo conosciamo bene tutti, lei no, è più infida, più bushiana di bush pur atteggiandosi a radical chic (o meglio scioc), una specie di Bonino fatta giornalista (sic).

Per esempio leggete questo articolo di Gennaro Carotenuto su di lei.
Imbarazzante.
Com'è imbarazzante quando parla del disastro ecologico al largo della Louisiana e se ne esce con frasi del tipo: "pensate un paese capace di costruire una meraviglia tecnologica come l'I-pad....".

MAVAFFACULO  A TE, ALL'AMMERIGA E ALL'I-PAD,

VIA LA BOTTERI DAL TG3!!!!!

(Tra l'altro è pure un cesso clamoroso)

PS: Mentre la Botteri ci dice quant'è bello l'Ipad e Obama, nella Puglia di Niki Vendola esiste , unica al mondo, una macchina che potrebbe risolvere il problema del petrolio in mare. Ma al Tg3 preferiscono le chiacchiere della Giovanna...

28 maggio 2010

Corriere, Repubblica, etc... AVETE ROTTO IL CAZZO CON QUESTO IPAD.

Fatevene una ragione: pochi saranno disposti a  pagare per qualcosa che possono avere altrove gratis.
State solo facendo una pubblicità enorme a una fetecchia di prodotto,  praticamente inutile e soprattutto vecchio.

"Dal lontano 1989 inizia il nostro volo radente sul formato e partono i primi vent’anni del tablet, un oggetto che schiere di giornalisti rubati alla cronaca rosa non esitano oggi ad attribuire al genio indiscusso di Apple."
(da I primi vent’anni del tablet, di Alessandro Di Domizio, Appunti Digitali, Venerdì 28 maggio 2010)

Nell'immagine il GridPad del 1989!!!!

17 maggio 2010

Nessma Tv, la televisione maghrebina di Berlusconi, cacciata dall'Algeria

dal blog di Daniele Sensi




Ricordate Nessma Tv, il canale satellitare col quale Berlusconiprometteva di portare "libertà e democrazia in tutto il Maghreb" e di trasformare il volto di quella regione "così come già fatto", tramite le sue reti televisive, "con quello dell'Italia"? Ebbene, pare che la portata di tanto generoso messianismo catodico dovrà essere ridimensionata: il governo algerino avrebbe ufficialmente intimato alla locale rappresentanza amministrativa di Nessma Tv di abbandonare il territorio nazionale entro quindici giorni, trascorsi i quali scatteranno misure legali. Lo riferisce il quotidiano d'Algeri Ennahar, secondo il quale l'ingiunzione sarebbe conseguente all'attività illegale dell'emittente, che avrebbe operato senza le dovute autorizzazioni.
Procedimenti giudiziari sarebbero inoltre già stati avviati contro il direttore della rete, Nabil Karoui, per violazione dei diritti d'autore e per uso illegittimo di numeri telefonici di Telecom Algeria durante diversi giochi a premi televisivi. Nessma Tv sarebbe infine accusata di tentata frode ai danni dello Stato per aver firmato un contratto con l'operatore di telefonia mobile Djezzy durante la crisi diplomatica dello scorso novembre tra Algeri e Il Cairo.
Per il momento Nessma non conferma né smentisce. I suoi pessimi rapporti col governo algerino avevano raggiunto l'apice a Parigi, nel corso dell'ultima Conferenza permanente dell'audiovisivo mediterraneo, quando Mustapha Bennabi, direttore della televisione pubblica algerina, quasi veniva alle mani con Tarek Ben Ammar, amico e socio di Berlusconi, anch'egli nel capitale di Nessma Tv ("Nessma è il canale più visto di tutta l'Ageria!", "Bugiardo! In Algeria l'Auditel nemmeno esiste!").
"La tv del grande Maghreb" potrebbe ora ripiegare in Italia, il cui volto e la cui democrazia, evidentemente, hanno ancora bisogno di una qualche ritoccatina. D'altronde, persino Rete 4 avrebbe forse imbarazzo a mandare in onda programmi come questouna video celebrazione fiume di Bettino Craxi, con, ospite in studio, il nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini, introdotto dai mandolini di 'O Sole Mio.
Daniele Sensi

07 maggio 2010

Yoani Sánchez, più farlocca che mai, accusa Lamrani di aver contraffatto la sua voce nell’intervista su Rebelion

dal blog Agorà di Cloro via Doppio cieco



Yoani Sanchez: Premetto (anche per Violet che è cubana e che è intervenuta in questo blog) che non sono mai stata a Cuba. Conosco la storia delle rivoluzione castrista dai libri di storia, senza particolari approfondimenti (che ho fatto invece per altri argomenti) e ho visto film, documentari e ho letto articoli su come questo piccolo paradiso si sia trasformato in quello che per molti è un “inferno comunista” mentre per altri è un paese dittatoriale, certo, ma con problematiche riconducibili, in ultima analisi, all’embargo con cui l’ “occidente” (capitanato dagli USA) continua a vessare tanta povera gente, nella speranza che la povertà, unica vera “rivoluzionaria” della storia, scardini il sistema castrista.

A Cuba non hanno nulla: non hanno calze di nylon, nè tecnologia, nè oggetti di consumo che costituiscono la vita del nostro continente. Fare la spesa lì è un problema: le merci (anche alimentari) scarseggiano, alcuni alimenti (come il latte) sono razionati e per comprarli fanno la “fila”: odiata dimensione di dispendio temporale che in ogni latitudine di questo pianeta ogni potere impone ai cittadini con una variazione, solo, di frequenza.

Tutto questo per dire che non giudico Yoani Sanchez da quello che dice sulla sua “vita a Cuba”, ma solo da come agisce e si esprime mediaticamente. Da quel che comunica con quel blog “generazione Y” al quale, prima dell’intervista di Lamrani, si poteva concedere il beneficio del dubbio: chiacchiere propagandistiche quelle che si esprimono su Cuba, chiacchiere propagandistiche quelle che si esprimono contro Cuba. Lei apparteneva a quest’ultima categoria.

Ma l’intervista di Lamrani ha squarciato un mondo: Yoani Sanchez per davvero si è rivelata per quella che è, una poveretta prezzolata profumatamente per divulgare stronzate di sapore propagandistico. Fine. L’unica, ma davvero l’unica cosa che si poteva dire è che l’intervista sia falsa. Se così non è, il quadro che emerge da essa è solo e soltanto quello che ho descritto in questo post. Fermo restando che mai nessuno nega che quella di Cuba sia una dittatura.

Oggi leggo che Yoani Sanchez si è difesa su generazione Y, dicendo in modo non esattamente chiaro prima che l’intervista è falsa, poi che è frutto di distorsione, poi ancora che è falsa, addirittura che la sua voce sarebbe stata distorta con mezzi informatici. Senza voler discutere i rapporti di Yoani Sanchez con la “sua” Cuba, mi interessa solo fare di ’sta ragazza- che io giudico mediocre e in malafede, ve lo dico subito- una fenomenologia mediatica, cioè di come si esprime e comunica attraverso internet . Cosa che che in ’sta situazione riesce benissimo.

Vediamo dunque come si difende da Lamrani. Intanto dico a Fabio Sallustri che è indubbio che l’intervista esiste, perchè è lei stessa che lo ammette, pur accusando Lamrani di aver deformato proprio l’audio da lui registrato. Ma vediamo che insinuazioni e ambiguità comunica:

Non mi piace passare la vita a difendermi dagli attacchi, forse perché sono abituata a trascorrere molto tempo sotto il fuoco incrociato della critica. Ho imparato che a volte è meglio digerire l’insulto e andare avanti, perché denigrare sporca molto di più chi svolge una simile attività che la vittima. Malgrado ciò, a tutto c’è un limite.

Meglio “lasciarsi insultare in silenzio” dice Yoani, che “sporcarsi”. Ma Lamrani, ci fa capire “è andato così in la” che lei, la “vittima”, deve reagire per forza. E ci credo, aggiungo io. Con il conto in Svizzera che s’ingrassa ad ogni frase che pronuncia, ci credo che Sanchez deve reagire, perchès’è dimostrata così ignorante e sprovveduta con Lamrani, che chissà il cazziatone che le han tirato i suoi “padroni”. Vediamo:

Non mi piace che mi mettano in bocca frasi che non ho mai detto, come è accaduto in un’intervista pubblicata da Salim Lamrani su Rebelión (http://www.rebelion.org/noticia.php?id=104205)

Certo, vien da dire a Yoani Sanchez, non piace a nessuno…

Leggendo le prime frasi non ho notato molte alterazioni, ma nella seconda parte non riuscivo a riconoscermi. Di sicuro l’introduzione cercava di generare avversione nei lettori verso la mia persona, ma questo fa parte del diritto di ogni intervistatore che è libero di presentare come crede la persona che intervista.

Ma chi ha letto l’intervista già sa che qui mente: a parte l’albergo lussuoso nel centro di Havana, Lamrani parla bene di Yoani nell’introduzione. Dice di lei:

Alle 15, la blogger è arrivata sorridente, vestita con una gonna lunga e una camicetta azzurra. Portava con sé anche una giacca sportiva per proteggersi dal fresco dell’inverno avanero. La conversazione durò all’incirca due ore intorno a un tavolo del bar dell’hotel e alla presenza del marito, Reinaldo Escobar, che è rimasto lì per un ventina di minuti prima di abbandonare il posto per recarsi ad un altro appuntamento. Yoani Sánchez si è dimostrata molto cordiale e affabile e ha dato prova di una grande tranquillità. Il tono della sua voce era sicuro e non si è mai mostrata a disagio. Abituata ai mezzi di informazione occidentali, domina relativamente bene l’arte della comunicazione.

Quindi non capiamo cosa Yoani abbia da ridire su “come” Lamrani presenta il suo personaggio: la merda se la butta addosso del tutto in solitaria, fa tutto lei. Magari le ha dato fastidio la chiosa della descrizione, che però non dice nulla nè di offensivo nè di sbagliato, a meno che la Sanchez non consideri poco produttivo elencare l’incredibile serie di premi che le hanno attribuito. Poi Yoani ci dice:

La grande sorpresa è stata constatare - mentre procedevo nella lettura del testo - incredibili omissioni, distorsioni e persino frasi inventate che non ho mai detto. Tutto questo sarebbe servito soltanto ad attribuirmi posizioni che non mi appartengono e affermazioni mai pronunciate, se i media cubani non si fossero apprestati rapidamente a dare risonanza a un’intervista artefatta.

E qui una domanda sorge spontanea: se queste omissioni e distorsioni ci sono, cosa ci sta dicendo Sanchez? Che le dobbiamo ai media cubani? E perchè invece non pensare che a Rebellion l’intervista l’abbia fornita lo stesso Lamrani? Perchè Sanchez resta ambigua su sto punto?
Continua:

“Ieri, quando ho visto il presentatore del più noioso programma televisivo ufficiale riferirsi - senza citare il mio nome - a una serie di domande che mi “mettevano a nudo”, ho cominciato a capire tutto. Il motivo di tale contraffazione non è stata la fretta nel trascrivere né il desiderio di un giornalista di comprovare a ogni costo le sue ipotesi distorcendo le parole dell’intervistato. Si sta tramando qualcosa di più grazie a questo testo semi - apocrifo e devo dirlo a voce alta per avvisare tutti nel percorso del mio blog. ”

Insomma: Sanchez vede la TV cubana (noiosa, perchè a lei non la chiamano :-D ). Sente che parlano di lei male senza menzionarla e le viene spontaneo avvisare chi segue “il percorso” sul suo blog. Perchè, visto che sa scrivere non è piu’ precisa? Perchè non ci sintetizza (se non ricorda la lettera delle parole) cosa avrebbe detto di lei la tv cubana e da cosa, esattamente, ha capito che parlava di lei, visto che non la menzionavano? Come avrebbe introdotto, la tv cubana, la sua “messa a nudo” visto che non facevano il suo nome? Qualche spiegazione in piu’ sarebbe stata doverosa. Non essendoci, abbiamo il dovere di dubitare delle sue parole.

Conservo un ricordo molto chiaro di quella sera di circa tre mesi fa - curiosamente il signor Lamrani ha impiegato tutto questo tempo per rendere pubblica la nostra conversazione - e delle parole che abbiamo scambiato. Rammento le sue domande stereotipate e a tratti disinformate sulla nostra realtà che ben poco assomigliavano a queste - così documentate - che ha dovuto modificare per sembrare uno specialista.

Sanchez, che dice che il professor Lamrani non è uno specialista, dice che le faceva domande stereotipate. Qualche esempio sarebbe stato doveroso, visto che ha premesso che le sue parole son state manipolate. Ma non ne fa. Nemmeno uno.

Non sono abituata a rispondere con monosillabi, per questo mi costa fatica riconoscermi in tanta parsimonia. Mentre lo scambio di opinioni che abbiamo avuto nell’hotel Plaza andava avanti, era chiaro che aumentava la sua simpatia nei confronti delle mie posizioni. Alla fine mi sono resa conto che tra di noi era caduta ogni barriera e che aveva compreso che non eravamo avversari, ma soltanto persone che vedevano uno stesso fenomeno da ottiche diverse.

Qui Sanchez ci dice due cose: 1) che Lamrani in fondo condivideva la sua visione e le voleva bene e che 2) lei non si riconosce per via della parsimonia di parole. Lei parla di piu’ normalmente quindi non puo’ essere che, di fronte ad un professore di relazioni internazionali incalzante e documentato, con carte alla mano, abbia risposto a tratti a monosillabi. Lei non si riconosce. Quindi è manipolata. Capì?

Un suo abbraccio finale sembrò confermarlo. Ma, evidentemente, ha potuto molto di più la fedeltà alla “causa” che la sua etica di giornalista e il professore della Sorbona ha finito - in modo chiaro nella seconda parte dell’intervista - per adulterare la mia voce. Nel suo modernissimo Iphone le mie farsi moderate si devono essere trasformate in un virus informatico capace di corrodere gli stereotipi, un richiamo ad abbandonare lo scontro che persone come lui preferiscono alimentare.

E meno male che mostra di ricordarsene, alla fine, che Lamrani è un prof universitario e non “l’ultimo degli stronzi”: ci resta male, dice Yoani, che l’abbia abbracciata, alla fine, e poi abbia pubblicato la sua colossale figura di merda che la “dissidente di professione” rileggendola (e ricevendo le opportune telefonate, I suppose) non poteva far altro che ritrattare. La chicca poi è che la Sanchez, informatissima sull’ Iphone, articolo un pelo inusuale in Cuba, afferma in modo contorto ma nemmeno tanto, che Lamrani avrebbe contraffatto la sua voce nell’intervista evidentemente da lui registrata, per farle dire cose che non ha mai detto.

Certamente un prof universitario, per la sua causa, rischia reputazione e posto di lavoro per adulterare la voce della Sanchez e farle dire quello che “parsimoniosamente” (perchè lei quando parla è un fiume in piena invece con Lamrani ha parlato a monosillabi) non avrebbe mai detto.
Cioè: io sarò pure complottista, ma questa è una farlocca tra i tanti che per soldi raccontano un sacco di palle e, vi dirò, è pure una gran infame.

05 maggio 2010

Floris, vada a farsi fottere

Scajola dimissionario(scaricato dal nanp e che lui a sua volta accusa pubblicamente), proprio alla vigilia della sua trasmissione. Argomento caldo, quale migliore occasione per sferrare un bel colpo all'immagine del regime? E invece no, invitiamo D'Alema. Tra tutti proprio lui, giusto per ridare fiato a un Sallusti qualsiasi. Complimenti Floris, meno male che passa per un conduttore "di sinistra".
L'ennesimo favore al nano. Bravo Floris, vada a farsi fottere pure lei.

Intanto pure Verdini è nei guai e la festa dell'Unità d'Italia è una spina nel fianco quotidiana per questo regime fascio-leghista. Nonostante tutto, nonostante Floris,
E pur si muove!


Il virus greco, il virus rivoluzionario sta per contagiare l'Europa.

25 marzo 2010

Cuba più forte delle menzogne




















Un documento del Partito Comunista di Cuba
Con il pretesto della morte di un essere umano, condannato per reati comuni e trasformato in “prigioniero di coscienza” per opera e in virtú dei dollari statunitensi, Cuba viene vilmente attaccata.
La morte di Orlando Zapata Tamayo é stata purtroppo inevitabile, ma la responsabilitá non potrá mai ricadere su coloro che per tre mesi hanno fatto tutto il possibile per salvarlo: i medici cubani formati dalla Rivoluzione. I carnefici, che avrebbero potuto evitarla, sono invece coloro che lo hanno istigato al suicidio e hanno tratto benefici dalla sua morte. Coloro che oggi si rallegrano, sorridono cinicamente ed usano il suo nome per attaccare il popolo cubano.
La Rivoluzione cubana, fin dai primi momenti della lotta insurrezionale contro la dittatura di Fulgencio Batista, é segnata da un incontestabile comportamento etico e di rispetto per la vita umana, comportamento provato con i fatti e riconosciuto da politici ed intellettuali di tutti gli orientamenti ideologici.
Mai un prigioniero é stato torturato, mai si é mancato di curare un combattente nemico ferito. Anche quelle erano armi che hanno reso possibile la vittoria. Un comportamento diverso non avrebbe differenziato i rivoluzionari dai loro nemici ed avrebbe minato la fiducia che il popolo ripose fin dal primo momento sulla sua nuova avanguardia.
I 51 anni di Governo Rivoluzionario, legittimato dalla sua condotta irreprensibile a difesa dell’essere umano e della sue piú nobili cause, ed appoggiato dai suoi processi elettorali in cui il popolo si sente veramente protagonista, prova inoltre che sarebbe impossibile per la Rivoluzione sopravvivere un solo minuto se oltrepassasse il limite che la contraddistingue, se tradisse la propria storia e dimenticasse i suoi principi piú puri di umanitá e solidarietá.
Migliaia di medici, di maestri, di edili e di professionisti cubani hanno dato persino la loro vita per portare la salute, l’istruzione ed il benessere ad altri popoli fratelli ed hanno sperimentato il piacere di servire il prossimo, in qualsiasi circostanza e nonostante le ristrettezze. Questi comportamenti, questa dedizione senza limiti, é frutto dell’opera generosa e pura della Rivoluzione.
Accusare la Rivoluzione cubana della morte di Orlando Zapata Tamayo é una grande menzogna. Farsi scudo con la morte di un essere umano spinto al suicidio per aggredire un popolo nobile e solidale é un grande cinismo ed una vigliaccheria, soprattutto da parte di voltagabbana che rimuginano sulla loro incapacitá di mantenersi saldamente al fianco di una Rivoluzione retta che non tradirebbe mai i dettami del suo popolo.
Il Dipartimento Relazioni Internazionali del Partito Comunista di Cuba respinge le dichiarazioni impudiche provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti i cui rappresentanti hanno chiuso gli occhi difronte ai crimini di lesa umanitá commessi ad Abu Grahib, alle torture nell’illegale Base di Guantánamo, ai voli segreti della CIA ed alle morti giornaliere di migliaia di loro concittadini e di emigranti, bambini ed adulti, sulle loro strade e nelle loro prigioni.
Il Dipartimento Relazioni Internazionali del Partito Comunista di Cuba denuncia il vergognoso complotto tra il grande capitale, i suoi rappresentanti politici ed i suoi asserviti mezzi di comunicazione che cercano di ingannare l’opinione pubblica, travisano la veritá e costruiscono una realtá inesistente, e si appella alla dignitá delle forze politiche del mondo per contrastare la campagna mediatica che cerca nuevamente di intaccare la soliditá e l’etica di Cuba nel campo dei diritti umani.
Piegarsi alla condanna di Cuba e mettere in discussione la sua storia, eludendo i nostri argomenti, quelli veri, contribuirá soltanto a quella campagna manipolatrice che persegue l’obiettivo di distruggere la Rivoluzione.
Il popolo di Cuba continuerá a costruire una societá piú giusta e solidale e continuerá, nonostante il blocco economico e mediatico e gli attacchi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, a collaborare per il benessere degli esseri umani nel mondo, guidati dalle idee dell’Apostolo della nostra indipendenza che ci ha insegnato che per essere forti bisogna impegnarsi per la veritá. Cuba é sincera. Cuba é invincibile.
Dipartimento Relazioni Internazionali del Partito Comunista di Cuba
Fonte: Contropiano.org

25 MARZO 2010 ORE 21: ECCO TUTTI I CANALI CHE TRASMETTERANNO SANTORO IN DIRETTA


dal blog di Franca Rame.

Dove seguire Rai per una Notte? Le possibilità sono diverse: tv, radio, internet, e in piazza. Vediamole una per una.
Sulla tv via satellite la diretta di Santoro è accessibile su Sky Tg 24, Youdem (canale 813 di Sky) e Current TV (canale 130 di Sky); mentre sul digitale terrestre va in onda su Rai News 24 e Repubblica TV.
La diretta è trasmessa poi da una fitta serie di tv locali. Nel Lazio da Tvr Voxson; in Lombardia da TeleLombardia, Canale 6 e Antenna 3; in Emilia Romagna da E' TV - Rete 7; e in Campania da Napoli Tivù.
Sul sito di Rai per una Notte è possibile cliccare sulla cartina dell'Italia e verificare, Regione per Regione, tutte le emittenti locali disponibili. 
 Sul web
 La diretta sul web è poi disponibile, oltre che sul sito Rai per una Notte, su antefatto.ilcannocchiale.it; repubblica.it; corriere.it; unita.it; sky.it; articolo21.info; youreporter.it; altratv.tv; macchianera.net; e tanti altri.
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In radio
 
Ma trasmetteranno in diretta anche diverse radio: da Radio Popolare a Radio Città Futura, passando per Radio Nostalgia e Radio Città Aperta. Qui trovate Regione per Regione tutte le emittenti con relative frequenze.
 
In piazza
Qui - divise per Regione - trovate invece le piazze italiane dove seguire la diretta in compagnia. Mentre qui, organizzate dal Popolo Viola, trovate le piazze delle principali piazze italiane.
 
 

I partecipanti alla trasmissione dal PalaDozza

 
Poi Santoro ha letto l'elenco delle persone che parteciperanno: Gad Lerner, Giovanni Floris, Norma Rangeri, Marco Travaglio, Morgan, Riccardo Iacona, Milena Gabanelli.
L'evento centrale sarà il ritorno in tv di Daniele Luttazzi e poi Antonello Venditti, Antonio Cornacchione, Nicola Piovani, Roberto Benigni, il Trio Medusa e Sabina Guzzanti.
"Non ci saranno politici, anzi mi auguro che non ci siano", risponderà Santoro alla fine, alla domanda esplicita sull'argomento.
 

Un'intervista di Benigni sulla libertà

Benigni è stato intervistato da Sandro Ruotolo e sarà questo il suo modo per essere presente al PalaDozza.
"Ha anche sottoscritto per la manifestazione": ha chiosato Ruotolo, ma non ha voluto dire quanto: "Si vedrà dal video".

 

Santoro: noi ci battiamo anche per Berlusconi

"Pensiamo di fare qualcosa - ha concluso Santoro - che non è contro nessuno e perfino a favore del Partito della libertà.
Noi ci battiamo anche per loro e soprattutto ci battiamo per essere quello che noi siamo.
La libertà, infatti, è soprattutto questa: poter essere quel che si è". 
"Noi ci battiamo anche per Berlusconi, è una scelta sua, non nostra quella di essersi messo fuori da questa serata.
Abbiamo trovato 50.000 persone che hanno versato 2 o 3 euro per renderla possibile e ne avremmo potuto trovare anche altre.
Qualunque scelta facciano in futuro non ci costringeranno al silenzio, né giovedì né in futuro.
Giovedi prossimo saremo nelle case di tutti gli italiani che vorranno cercarci come ogni giovedì".
Il costo complessivo della serata (che si gioova anche del lavoro gratuito di un centinaio di persone) è  di 130.000 euro, al momento già coperti all'80% dal contributo volontario della sottoscrizione.
 
 

Travaglio: mi ricorda l'avventura de Il Fatto

 
Ha preso poi la parola Marco Travaglio. "Questa serata televisiva - ha detto - mi ricorda l'esperienza del quotidiano Il Fatto. Abbiamo dimostrato che ci si può far sentire usando nuovi mezzi.
Otto anni fa, con l'editto bulgaro non fu possibile una replica, perché non esistevano le tecnologie di oggi.
Quando il re della televisione ha paura delle telecamere (delle poche telecamere che non controlla) questo mi dà una ragione di ottimismo. Come ha detto Paolo Mieli questo vuol dire che - come nel 1992 - 'sta saltando il tappo'.
 

Non è vero che la tv non sposta voti, chiedetelo a Berlusconi

"Stamattina proprio sul Corriere della Sera - ha continuato Travaglio - abbiamo dovuto leggerci la lezioncina che la televisione non sposta voti.
Bisognerebbe avvertire Berlusconi che la tv non sposta niente.
Personalmente mi fiderei di Berlusconi, che vuol chiudere quelle due o tre trasmissioni che non controlla, come dimostra l'inchiesta in corso a Trani".
Proprio il black out imposto ai talk show - ha sottolineato poi Travaglio - conferma che la tv conta.
"La serata di giovedì - ha aggiunto poi Travaglio - sarà una giornata festosa per chi crede nel giornalismo.
Del resto se questa black out è una prova generale, si accorgeranno che le prove generali per chiudere le trasmissioni, saranno rese vane da chi fa le prove per trovare un'alternativa.
Se il mese di black out diventasse permanente, dovremmo attrezzarci a continuare con altre forme".

Vauro: la carica dei 101? No di un milione

 
Poi è stata la volta di Vauro, che si è spiegato a modo suo. "Quando al posto di Annozero è andata in onda la Carica dei 101, è arrivata subito una precisazione di palazzo Chigi. Ma quali 101? Sono un milione...".
"Il diritto all'informazione - ha continuato senza più scherzare Vauro - deve esercitarsi in primo luogo nella tv pubblica e noi per questo diritto ci battiamo.

 

Carlo Verna (Usigrai): "Un fatto storico"

"Sono le tecnologie di oggi - ha poi detto Carlo Verna, segretario generale dell'Usigrai - che ci consentono di sfidare il silenzio. Fra qualche anno ce lo ricorderemo che questa iniziativa è stata uno spartiacque".

25 febbraio 2010

Google condannata: non centrano nulla la “libertà” o la “Cina”!!

di Alberto Fattori per Yibu-Yibu


Ogni volta che si parla di rete, sui titoli dei giornali, le parole “libertà” e “Cina” sono sempre utilizzate quali valori positivi ed esempi negativi, con i quali in molti, troppi poi tendono a difendere / giustificare il proprio agire.

Google è stata condannata da un tribunale italiano per violazione della Privacy nel caso del ragazzo perseguitato dai suoi coetanei che poi ne hanno pubblicato il video su YouTube.

Subito i vertici della società americana (e molta stampa) si sono scaldati, invocando “la violazione della Libertà della rete in Italia e che l’Italia è come la Cina”.

Entrambe le affermazioni, in questo caso, non sono assolutamente calzanti, anche perché in questo caso è tutto, tranne che un caso di censura contro YouTube.

Infatti i giudici hanno solo applicato la legge, in particolare per quello che in termini giuridici si definisce “la responsabilità oggettiva” della società e dei suoi vertici di fronte alla legge, quando questa viene violata, sia da propri dipendenti che da propri servizi / clienti / partners.

Il problema però di fondo, è che pensando a se stessa, troppo spesso Google pensa di poter godere di una extra-territorialità de facto, la stessa che ha finito per portarla sul banco degli imputati per evasione fiscale, vista la “triangolazione” sull’Irlanda dei fatturati Italiani (e conseguente evasione fiscale), un modo molto “old economy” per gestire i propri affari o sul caso dei diritti d’autore violati nel caso degli scrittori di tutto il mondo. ( cinesi compresi!)

Nel caso del ragazzo “sbattuto” su Internet, la libertà non c’entra nulla. Perché se è vero che chi ha pubblicato quel video è colui che va perseguito, oggettivamente, Google ha consentito che ciò accadesse, nel senso che il servizio di sua proprietà ha la “spiccata” potenzialità di dare notorietà planetaria ma anche “sputtanamenti” di pari rilevanza.

Per cui, come del resto si intende per “oggettivo”, Google – Youtube, hanno il compito / obbligo di vigilare affinché non si compiano “abusi” o peggio, si usi il servizio per altri fini, diversi da quelli “buoni” che tutti si augurano siano la norma.

Se poi come dichiarato da Google “controllare tutto è qualcosa di “impossibile”, questa appare una giustificazione di comodo, visto che da quando mondo è mondo, gli editori e Google – Youtube è equiparabile ad un editore del 20° secolo, sono spesso finiti nella aule di tribunali per quanto pubblicato sui propri canali.

Ovviamente il compito di vigilare di Google – Youtube, se comparato con quello degli editori tradizionale, è improbo, vista la tipologia della sua rete e i quasi 1 Miliardo di video pubblicati sulla propria piattaforma Youtube.

Ma ciò non basta a giustificare il rifiuto alla “oggettiva” responsabilità che Google – Youtube devono accettare, visto che fa parte degli Oneri – Onori di cui gode e grazie ai quali è divento un colosso a livello mondiale in termini economici e finanziari.

Non scordiamoci che attraverso i video che “gratuitamente” gli utenti pubblicano, Google – Youtube ne hanno fatto un business di advertising per se stessi (senza ricompensare i propri utenti!).

Quindi invece di chiamare ogni volta la “guerra santa”, Google – Youtube cerchino di trovare la giusta maniera affinché episodi del genere non abbiano a ripetersi, perché il ragazzo oggetto degli abusi, ne avrà un ricordo profondo che rischia di segnarlo per tutta la vita. E questo chi glielo ripaga??

Per quanto le regole vigenti appaiono spesso sicuramente antiquate per giudicare episodi sui Social Media, come nel caso della responsabilità oggettiva degli editori 2.0, dove di fatto sono spesso più piattaforme che editori nel senso classico, non va però dimenticato come il mondo della rete sia solo una parte, per quanto importante, della società umana.

E per quanto ci si augura che le dinamiche che la rete sta innovando costantemente da una quindicina di anni, possano continuare a migliorare anche la società civile offline, occorre però anche trovare un modo meno “fondamentalista” di un perenne scontro tra reale – virtuale, analogico – digitale, vecchio – nuovo, che invece rischia di far regredire non di poco.

L’esempio è sotto gli occhi di tutti: più si alza il “tiro” dichiarando la legittimità di certi atti web 2.0 ( vedi questioni sui diritti d’autori, blogger, identità – wifi ..) più la risposta dei legislatori occidentali ( Francia, Italia etc…) si fa stringente, perché li porta a scegliere di regolamentare di più, per paura che la rete, possa non essere solo un nuovo media innovativo, ma prima di tutto, un mezzo per cambiare gli status quo della società.

Una strategia perdente, perché la “rivoluzione silenziosa” che Internet è in grado di realizzare, non ha bisogno di scontri, visto che dove arriva, provoca sempre cambiamenti duraturi del tutto naturali, senza forzature.

Quindi che Google voglia ergersi a portavoce della difesa della nostra libertà, mentre nella realtà, come giusto che sia, sta di fatto difendendo i propri interessi aziendali nel mondo, rischia di strumentalizzare la “naturale” bellezza della rete.

Quella che aspira al prossimo Premio Nobel per la Pace, quella che come le Madre Teresa di Calcutta e i Gandhi, non hanno alcun bisogno di alcuno scontro per portare il “verbo” e contribuire a cambiare il mondo nel suo profondo, per sempre.

Quindi Google, oggettivamente, la smetta di parlare di cose che sono “ancora più grandi di loro” e pensi a fare ancora meglio quello che sta già facendo egregiamente, potenziando i suoi controlli, come stanno facendo i cugini di Facebook, cosa che probabilmente non li fa più dormire la notte!

24 febbraio 2010

Il finto duello tra Santoro e Travaglio

di Michele Brambilla per La Stampa di mercoledì 24 febbraio 2010.


Ma davvero Michele Santoro ha «scaricato» Marco Travaglio, come ha titolato ieri Libero in prima pagina e come hanno interpretato un po’ tutti, leggendo lo scambio epistolare fra i due? Santoro premette che se ne infischia di certe interpretazioni, soprattutto di quelle dei siti di gossip (scatenato, ieri, Dagospia, il più cliccato da noi giornalisti) e ci dice: «Non c’è nessuna possibilità di interpretare la mia lettera come uno “scarico” di Travaglio. La mia posizione è chiara: se qualcuno vuole evitare che Marco possa parlare alla mia trasmissione, sono pronto a sdraiarmi all’ingresso dello studio e farmi passare sopra, perfino a farmi ammazzare per difendere il suo diritto a esprimere ciò che vuole. Se invece fosse lui a voler andarsene, non glielo potrei impedire e me ne farei una ragione, visto che faccio televisione da un bel po’ di tempo prima che arrivasse lui. Questo è il mio pensiero, e ripeto che non c’è neanche una possibilità di leggerlo come una rottura fra noi».

Aggiungiamo noi: siccome Travaglio non ha alcuna intenzione di lasciare Santoro, lo strombazzato divorzio non ci sarà. Anzi. Dietro al presunto scontro fra i due c’è un comune tentativo di modificare la conduzione di Annozero. Ora vedremo come. Ma prima va ricordato l’antefatto, che è il seguente.

All’ultima puntata il direttore di Libero Maurizio Belpietro e il vicedirettore del Giornale Nicola Porro hanno rinfacciato a Travaglio l’intransigenza con cui passa al setaccio le frequentazioni altrui: anche tu - gli hanno detto - sei stato in vacanza con un mafioso. Travaglio ha perso il suo tradizionale aplomb e dall’una all’altra barricata sono volati gli stracci: sei un cretino, tu invece sei un poveraccio, liberale del cavolo, e così via.

Il giorno dopo Travaglio ha scritto su Il Fatto una lettera aperta a Santoro. In sintesi ha detto questo: non ne posso più di dover duellare con giornalisti e politici che non sono giornalisti e politici ma lacché che recitano copioni prestampati; caro Michele se puoi intervieni; se invece il problema sono io, mi faccio da parte.

Ieri, sempre su Il Fatto, la risposta di Santoro. Che è stata appunto letta da tutti come una gelida presa di distanze. Ma che non lo è. Sì, Santoro dice a Travaglio che un addio «non sarebbe una tragedia o una catastrofe irreparabile» e lo bacchetta pure sulla sua pretesa di «segnare una differenza dal resto del mondo» e di conoscere «la verità». Ma la frase chiave della risposta di Santoro è racchiusa in altre righe, passate inosservate: «Cercherò di inventare qualcosa per evitare l’uso di argomenti provocatori, le interruzioni ad arte, le offese personali».

Santoro sta già lavorando a questo «qualcosa»: evitare che gli ospiti possano deviare dall’argomento della trasmissione; che, a una domanda su Bertolaso, possano rispondere parlando delle vacanze di Travaglio; che possano interrompere, sforare i tempi, insultare. L’idea è che le regole imposte dalla par condicio ai conduttori debbano essere estese anche agli ospiti. Santoro è un po’ che invoca un regolamento di questo tipo: ha già chiesto due appuntamenti a Sergio Zavoli, ma non è ancora stato ricevuto; ha lanciato un appello pubblico al presidente della Camera Fini, ma non ha ancora avuto risposta. Anche sugli inviti misurati col bilancino Santoro chiede lumi: se faccio una trasmissione su Bertolaso e questi (legittimamente) non viene, posso o no parlare di lui? E se invito venti persone di uno schieramento e tutti mi dicono di no, quanti rifiuti devo ancora incassare prima che io possa lasciar perdere senza essere accusato di censura? Insomma Annozero vuole da una parte più libertà, dall’altra più paletti.

Santoro e Travaglio sono due che dividono: con loro non ci sono vie di mezzo, c’è chi li ama e chi li odia. Chi li ama dirà che hanno perfettamente ragione. Chi li odia sosterrà che vogliono la normalizzazione del dissenso e griderà al tentato golpe. In mezzo c’è comunque un Paese che sempre più spesso mette mano al telecomando quando in tv scoppia la rissa, perché delle intemperanze verbali non è stufo solo il mondo del calcio, e sono ormai troppi i politici e i giornalisti che meriterebbero di trovarsi di fronte, più che un Santoro o un Vespa, un Tagliavento.

18 febbraio 2010

Minzolini scodinzola ancora!



Altro editoriale del direttore del Tg1, stavolta contro le intercettazioni sbattute in prima pagina. Giusto in tempo per la riproposizione del Ddl per frenarle, e con esse le indagini, al Senato annunciata da Berlusconi.
vignetta minzolini Minzolini scodinzola ancora!Le allusioni prendono il posto dei fatti, e il motivo è semplice: siamo in piena campagna elettorale per le regionali. Così come alla vigilia delle europee scoppiò lo scandalo delle escort. Tutto finirà, ma l’immagine del paese sarà danneggiata. Anche noi italiani non avremo nessun risarcimento“. Augusto Minzolinicolpisce ancora, e dedica un editoriale alla “barbarie” delle intercettazioni, come l’ha definita proprio ieri il premier Silvio Berlusconi. E’ una vergogna, dice Minzolini, che i brogliacci finiscano sui giornali pieni di omissis e dei commenti dell’appuntato di turno. “Basta con questa gogna mediatica prima del voto“, dice ancora il direttore.
LE INTERCETTAZIONI NON SONO PROVE – “Le intercettazioni non sono prove“, eppure sono alla base di una “condanna mediatica” le cui vittime pagano già “la loro pena davanti alla società“, prima del verdetto dei giudici, cosa che “può accadere anche a Bertolaso“, aggiunge Minzolini le intercettazioni sono strumenti di indagine, non sono prove, e lo sanno bene anche i magistrati. Al telefono si usa un linguaggio diverso rispetto a quello che si userebbe davanti a un pubblico ufficiale, ma non si può condannare una persona per un aggettivo se non c’è una prova“. Questo, tuttavia, “non accade in virtù di una sorta di condanna mediatica – aggiunge il direttore del Tg1 -che deriva dalla pubblicazione delle intercettazioni. E il condannato mediatico, se pure dimostra la sua innocenza davanti a un tribunale, la sua pena la sconta già davanti alla società. Cosa che può accadere anche a Bertolaso“. Tutto ciò, secondo Minzolini, accade perchè “siamo in campagna elettorale e puntualmente le inchieste giudiziarie sostituiscono la campagna elettorale: è successo l’anno scorso con la vicenda delle escort, mentre quest’anno il primo giorno della par condicio siamo stati sommersi dalla pubblicazione di un mare di intercettazioni“.
ALCUNE PRECISAZIONI – Quello che dice Minzolini, come sempre, è formalmente vero: le intercettazioni non sono prove, così come tutto quello che viene raccolto dai pubblici ministeri per sostenere l’accusa non è prova finché non comincia il processo. Fino a quel momento, si chiamano elementi di prova, perché solo il processo è il luogo nel quale la prova si forma. Questo vale però anche per la mannaia con cui l’idraulico ha sterminato la famiglia fino alla quinta generazione: non è una prova finché non comincia il processo, ma nessuno si lamenterebbe se finisse sui giornali. Riguardo gli omissis e le sintesi, Minzolini dovrebbe sapere che queste o vengono fatte dai giudici per “tagliare” le parti non attinenti con l’inchiesta – e quindi per salvaguardare la privacy degli indagati, guarda un po’ – oppure dai giornalisti, come è loro prerogativa. Lamentarsi degli omississenza indicare dove avrebbe manipolato chi ha usato le forbici è un po’ un nonsense. Non solo: quando le intercettazioni finiscono sui giornali, come in questo caso, è perché qualcuno gliele fornisce. Qualcuno chi, il PM? In questo caso sono state invece coloro che hanno avuto accesso agli atti a fare la soffiata, e tra essi ci sono sicuramente “manine” affezionate agli imputati, come chi li difende. L’interesse al caos nelle indagini è infatti trasversale, mentre l’accusa ha poco interesse a trovarsi in mezzo alle polemiche, specialmente quando, come la procura di Firenze, sa che i procedimenti saranno spostati.
COSA DICE IL DDL – E forse è il caso anche di ricordare cosa dice il Ddl ai più smemorati, sul punto. L’articolo 3, riguardante i limiti per le intercettazioni telefoniche e ambientali, si è detto già tutto: alza da 5 a 10 anni la pena prevista per poterli utilizzare, tranne che per i delitti contro la pubblica amministrazione (grazie al pressing della Lega, altrimenti malversazione e concussione sarebbero rimasti fuori). Interessante che il PM non potrà più disporre la pubblicazione di atti d’inchiesta (art. 10), anche se questo dovesse rivelarsi necessario all’indagine che si sta svolgendo (pensate ad un rapimento…). E l’articolo 12, che riporta tutte le esimenti nel caso che ad essere coinvolto in un reato sia un prete. Ma il più divertente è l‘articolo 15, che riguarda ancora una volta la stampa - chi ha scritto questa legge deve avere una particolare ossessione. La rettifica che chi finisce agli onori delle cronache è solito inviare di default – come se questo fosse una specie di obbligo morale, anche nei mille casi in cui non si smentisce nulla – deve essere pubblicata senza replica da parte del giornalista. “Se domani qualcuno finito in prigione scriverà a un giornale dicendo di non essere mai stato arrestato, la sua missiva dovrà essere pubblicata per forza, senza nemmeno poter ribattere: ‘Cari lettori, guardate che questo signore ci sta scrivendo da San Vittore’”, dice Peter Gomez sempre su L’Espresso.

17 febbraio 2010

The Myth of Tiananmen Massacre with Eye Witness








NO MASSACRE AT TIANANMEN SQUARE

Popular Western myth on June 4, 1989 was that Tiananmen Square was forcefully cleared by the Chinese government. In the process, several thousand students died, many crushed by tanks.

This video presents the eyewitness testimony to refute this accusation by student leader, Hou DeJian who was involved in the protest. He was on the Square and was among the last to leave that morning. He did not see anyone killed or crushed by tanks on the Square that morning.

The Western media also put the figure dead in the order of 2000 people, while every pro active effort by the Tiananmen Mothers (an organization of parents of deceased protestors on June 4th) were able to uncover only 186 deaths. This number is in close agreement with the official number released by the Chinese government which is 241 if soldiers were taken into account.

From the Western media reports of Tiananmen June 4th we can learn several things:
1) The Western media still reported lies and intepreted events through their bigoted lenses despite having access to cover the event. The figure of 2000 deaths and reports of tanks crushing students came from them which they then reported to the world. To this day, this is the image that the rest of the world think of when they think of Tiananmen June 4 - tanks crushing hundreds of students on the square - yet it never happened.
2) The Chinese government official death toll of 241 was initially discredited by the Western media as being grossly underestimated, yet that figure stood the test of time. Despite the Tiananmen Mothers being able to produce only 186 names, certain Western media still refuse to back down from their numbers, instead claiming that "the number of deaths will never be known". The Western media is certainly too concern about saving face than to admit that the Communist government was honest on the number.
3) The Western media can be concluded to be involved in a pattern of consistent anti-China propaganda through the years before and after Tiananmen, most recently in the Tibet riots. We must therefore learn from history and not blindly trust their reporting on China. On the Olympic torch to Islamabad, New Delhi and Canberra and on to Everest and then the Olympic torch flame reaches Zhumolangma.

FYI, I believed what the Western media told me about Tiananmen for 15 years. In 2004, I decided to put forth evidence to incriminate the Communist government on Tiananmen. I tried to gather photographs of dead bodies on the internet, yet I did not think there were enough to come up with 2000 bodies. Upon more closer investigation, I realized I have been duped by the Western media regarding June 4. I hope my video will help to bring forth the truth or at least force you to rethink what you thought you knew about the events of June 4th.

I would like to dedicate this video to Hong Kong patriot Ma Lik (馬力) 1952-2007 who was practically stoned by the Hong Kong public when he denied that the students were crushed by tanks. This clearly shows that there is still widespread need to educate the world on what really happened that day.

Finally, please help to DEFEAT PROPAGANDA by forwarding this video, putting this video on your blogs and letting people know the truth and rate this video. Thanks!

15 febbraio 2010

Il vergognoso grafico della disinformazione


dal blog Byoblu di Claudio Messora



Notizie Reati Percezionen Governo Prodi

 Se qualcuno avesse ancora dubbi, fategli vedere questo grafico. I dati sono stati resi noti dall'Osservatorio di Pavia, e riguardano il conteggio delle notizie di eventi criminosi apparse sui nostri telegiornali nel quinquennio 2006 - 2009.
 La linea rossa mostra il numero di notizie relative agli atti criminosi, la linea blu descrive l'andamento reale dei crimini, mentre la linea gialla mostra la percezione degli stessi da parte degli italiani. Potremmo ribattezzaarla: linea della paura.
 La fascia evidenziata in verticale, invece, è mia. Per la precisione, identifica gli anni della XV legislatura, più comunemente nota come Governo Prodi II, in carica dal 17 maggio 2006 al 7 maggio 2008.

 Ed ecco il sortilegio: durante l'ultimo governo di centro-sinistra il numero di reatiha subito una flessione, ma la percezione di insicurezza è aumentata di una quindicina di punti, fino a superare il 53%. Lo spettacolo di illusionismo è stato magistralmente messo in scena dai media televisivi, che hanno trasformato il normale tran-tran dell'ordinaria delinquenza in un film horror degno delle migliori sceneggiature.

 Poi, come per magia, con l'apparizione del Governo Berlusconi IV - tolto un lieve, marginale incremento dovuto alla necessità di approvare il pacchetto sicurezza- le notizie relative ai piccoli reati sono state sostanzialmente dimenticate da Riotta, Minzolini e soci.

 Ecco dunque in soldoni - espresso in grafici e tabelle per i più duri di comprendonio-  come ti strumentalizzo l'opinione pubblica per influenzare il consenso politico e legittimare o delegittimare questo o quello.
 Del resto, qui da noi i delinquenti sono un facile spauracchio, disponibile alla bisogna, con il quale tenere per le palle nonni, impiegati e casalinghe di Voghera. L'equivalente mediatico del bau-bau, insomma. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, rispetto ai maggiori telegiornali dei nostri cugini europei, dedichiamo oltre il doppio del tempo a furti, rapine, risse ed altre simpatiche bazzecole, quisquilie e pinzellacchere.


Notizie criminalità sui principali telegiornali europei

 I nostri giornalisti dipendenti di RaiUno sprecano il 64% del canone Rai a informarci circa gli sviluppi del giallo di Via Poma e circa i pedali della bicicletta di Alberto Stasi, contro il 28% del principale telegiornale della televisione spagnola, il 18% di quello francese, il 14% di quello inglese e l'infinitesimale 3% del telegiornale tedesco. Evidentemente al di là delle Alpi l'informazione ha altro a cui pensare.

 Questi sono fatti, non pugnette!

 Fonte

Società e politica in Italia - III Rapporto su la sicurezza in Italia. Significati, immagine e realtà.