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23 marzo 2013

Due post di analisi sul Movimento 5 Stelle.

Il primo, pubblicato su La Vecchia Talpa, parla di economia.

Il secondo, molto più lungo e articolato su Quit The Doner .

Per questioni di brevità non ricopio qui gli articoli per intero rimandandovi alle pagine attraverso i link.





18 marzo 2013

La situazione della politica italiana.



Eravamo in debito di un'analisi sui risultati delle elezioni politiche 2013 e sui nuovi scenari.
Non saremo molto lunghi. Come era facile prevedere, da subito dalle primissime dichiarazioni di Grillo subito dopo le elezioni ("Acqua pubblica", etc...) io Movimento 5 Stelle vorrebbe fare un governo con il Pd, ma ha la necessità di "resistere" fino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno utile. "Il teatrino della politica". Ma non c'è dubbio che un governo si farà, l'unico dubbio è su chi sarà il Presidente del Consiglio. Riuscirà Bersani a convincere i grillini? Intanto l'elezione dei due presidenti delle camere è il primo frutto positivo di questa strana coabitazione Pd-M5S.

08 gennaio 2011

LA RUSSA O IL CAPO DELL’ESERCITO: CHI SI DIMETTE?

IL GEN. MINI: “INCONCEPIBILI DUE VERSIONI SU MIOTTO, NON HO MAI VISTO IN TV UN MINISTRO DELLA DIFESA MIMARE, COME UN ATTORE DI UN FILM DI ULTIMA CATEGORIA, LA RICOSTRUZIONE DI UN EPISIODIO FATALE CHE HA COINVOLTO L’ESERCITO DEL SUO PAESE”
Fabio Mini si definisce un generale in cosiddetta ‘ausiliaria’. 
Anche il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, tra due mesi andrà in pensione.
“Noi generali - dice Mini - in realtà non andiamo mai in pensione e continuiamo a interessarci del nostro Paese”.
Per questo gli chiediamo di dirci a quale versione della morte di Matteo Miotto crede: a quella del ministro La Russa, secondo il quale Miotto è stato ucciso durante una battaglia, o a quella del generale capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, che sostiene che Miotto sia stato ucciso da un cecchino.
Generale, lei che ne pensa?   
Camporini ha detto la verità: è stato il ministro La Russa a cambiare versione. Quando ha sostenuto che gli era stata data un’informazione edulcorata. Adesso il ministro la pillola la sta indorando, sostenendo che non voleva dire quello che ha detto, che non prova rabbia per i vertici dell’esercito, bensì stima. Sono boutade che possono avere conseguenze pesantissime   sulla sicurezza dei nostri soldati. Non si può giocare sulla pelle dei militari morti e di conseguenza su quella dei vivi.
Generale, la pace è lontana anche tra le istituzioni. La situazione questa volta è “grave ma anche seria” ?    
Le accuse che il ministro della Difesa ha rivolto al capo di Stato maggiore della Difesa hanno un effetto negativo anche sulla situazione interna: squalificano le istituzioni politiche e militari. Questo significa intaccare il tessuto connettivo del Paese. Dopodiché non resta più nulla.
Possibile che La Russa non si renda conto di fare un danno anche a se stesso? Questi politici sono travolti dal proprio narcisismo. O dalla propria incompetenza?  
Anche. La cosa che mi ha lasciato stupefatto è la versione “romanzata”, divulgata urbi et orbi, dal ministro La Russa, con tanto di interpretazione mimica dell’accaduto. Si capiva molto bene che aveva cambiato la sua versione dei fatti perché influenzato dai colloqui avuti con i soldati dopo essere andato in Afghanistan.
E quindi?    
E quindi, a mio avviso, il ministro non dava una nuova versione perché era emersa un’altra verità. Semplicemente gli è piaciuta di più quella dei soldati. Che è sempre meno “banale”, proprio perché enfatizzata, vuoi per spirito di corpo, vuoi per darsi coraggio, vuoi per esorcizzare la morte.
Un ministro che non sa fare la tara tra l’enfasi con cui i soldati raccontano ciò che vivono e i rapporti ufficiali dei vertici delle Forze Armate, non è inadatto a ricoprire questa carica?      
Un ministro deve saper fare la tara, soprattutto se è il ministro della Difesa. E deve anche saper distinguere tra i toni dei rapporti ufficiali e i toni da usare quando si deve comunicare con l’opinione pubblica. Un ministro della Difesa deve avere, sempre e comunque, come suoi primi interlocutori i vertici militari, che sono addestrati per interpretare ciò che è accaduto davvero ai soldati sul campo.
Lei è stato a lungo impegnato nei Balcani, ma anche in Cina, negli Stati    Uniti, sia in veste di generale sul campo, sia come    portavoce e responsabile   della comunicazione dei vertici militari. Ha mai assistito a uno scambio di accuse così aspro e frontale tra il ministro della Difesa e il suo capo di Stato maggiore?    
No. Non ho mai nemmeno visto in tv un ministro della Difesa mimare come un attore di un film di ultima categoria, la ricostruzione di un episodio fatale che ha coinvolto l’esercito del suo Paese.
Perché, secondo lei?    
Intanto perché uno dei due si è sempre dimesso prima di arrivare a tal punto. Secondo perché non si arriva a questo punto: l’insipienza non è prevista per certi ruoli. La malafede magari sì, ma l’incapacità no.
Senta generale, ma c’è ancora un punto in comune tra il vertice politico e  quello militare?    
Sì, purtroppo: nessuno dei due dice chiaramente che questa non è una missione di supporto e assistenza all’esercito e alla polizia afghana, altrimenti avremmo mandato sempre più ingegneri e infermieri, invece abbiamo aumentato le forze militari, passando da 9 mila a 140 mila soldati. Questa è una guerra e si va “alla guerra come alla   guerra”.
Cioè?    
I nostri soldati partecipano a battaglie vere e proprie, le nostre Forze Speciali (sabotatori e incursori), che ubbidiscono direttamente agli ordini della Nato, ogni notte si lanciano dagli elicotteri o marciano per decine di chilometri al buio per infiltrarsi nei territori non ancora controllati. E lo fanno a costo di eliminare tutti gli avversari che incontrano sul loro cammino. In guerra eliminare significa ammazzare   .
Stiamo trasgredendo l’articolo 11 della Costituzione?    
Far rispettare l’articolo 11 alla lettera (L’Italia ripudia la guerra, ndr) sarebbe ottimo, tuttavia il diritto internazionale, autorizzando l’intervento armato in casi particolari, di fatto permette di   aggirare l’articolo 11. Dobbiamo quindi badare alla sostanza, che è quella di far riconoscere a tutti che siamo in guerra, in un teatro di guerra, contro avversari che ci fanno la guerra.
Roberta Zunini
(da “Il Fatto Quotidiano“)

LA RUSSA O IL CAPO DELL’ESERCITO: CHI SI DIMETTE?

IL GEN. MINI: “INCONCEPIBILI DUE VERSIONI SU MIOTTO, NON HO MAI VISTO IN TV UN MINISTRO DELLA DIFESA MIMARE, COME UN ATTORE DI UN FILM DI ULTIMA CATEGORIA, LA RICOSTRUZIONE DI UN EPISIODIO FATALE CHE HA COINVOLTO L’ESERCITO DEL SUO PAESE”
Fabio Mini si definisce un generale in cosiddetta ‘ausiliaria’. 
Anche il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, tra due mesi andrà in pensione.
“Noi generali - dice Mini - in realtà non andiamo mai in pensione e continuiamo a interessarci del nostro Paese”.
Per questo gli chiediamo di dirci a quale versione della morte di Matteo Miotto crede: a quella del ministro La Russa, secondo il quale Miotto è stato ucciso durante una battaglia, o a quella del generale capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, che sostiene che Miotto sia stato ucciso da un cecchino.
Generale, lei che ne pensa?   
Camporini ha detto la verità: è stato il ministro La Russa a cambiare versione. Quando ha sostenuto che gli era stata data un’informazione edulcorata. Adesso il ministro la pillola la sta indorando, sostenendo che non voleva dire quello che ha detto, che non prova rabbia per i vertici dell’esercito, bensì stima. Sono boutade che possono avere conseguenze pesantissime   sulla sicurezza dei nostri soldati. Non si può giocare sulla pelle dei militari morti e di conseguenza su quella dei vivi.
Generale, la pace è lontana anche tra le istituzioni. La situazione questa volta è “grave ma anche seria” ?    
Le accuse che il ministro della Difesa ha rivolto al capo di Stato maggiore della Difesa hanno un effetto negativo anche sulla situazione interna: squalificano le istituzioni politiche e militari. Questo significa intaccare il tessuto connettivo del Paese. Dopodiché non resta più nulla.
Possibile che La Russa non si renda conto di fare un danno anche a se stesso? Questi politici sono travolti dal proprio narcisismo. O dalla propria incompetenza?  
Anche. La cosa che mi ha lasciato stupefatto è la versione “romanzata”, divulgata urbi et orbi, dal ministro La Russa, con tanto di interpretazione mimica dell’accaduto. Si capiva molto bene che aveva cambiato la sua versione dei fatti perché influenzato dai colloqui avuti con i soldati dopo essere andato in Afghanistan.
E quindi?    
E quindi, a mio avviso, il ministro non dava una nuova versione perché era emersa un’altra verità. Semplicemente gli è piaciuta di più quella dei soldati. Che è sempre meno “banale”, proprio perché enfatizzata, vuoi per spirito di corpo, vuoi per darsi coraggio, vuoi per esorcizzare la morte.
Un ministro che non sa fare la tara tra l’enfasi con cui i soldati raccontano ciò che vivono e i rapporti ufficiali dei vertici delle Forze Armate, non è inadatto a ricoprire questa carica?      
Un ministro deve saper fare la tara, soprattutto se è il ministro della Difesa. E deve anche saper distinguere tra i toni dei rapporti ufficiali e i toni da usare quando si deve comunicare con l’opinione pubblica. Un ministro della Difesa deve avere, sempre e comunque, come suoi primi interlocutori i vertici militari, che sono addestrati per interpretare ciò che è accaduto davvero ai soldati sul campo.
Lei è stato a lungo impegnato nei Balcani, ma anche in Cina, negli Stati    Uniti, sia in veste di generale sul campo, sia come    portavoce e responsabile   della comunicazione dei vertici militari. Ha mai assistito a uno scambio di accuse così aspro e frontale tra il ministro della Difesa e il suo capo di Stato maggiore?    
No. Non ho mai nemmeno visto in tv un ministro della Difesa mimare come un attore di un film di ultima categoria, la ricostruzione di un episodio fatale che ha coinvolto l’esercito del suo Paese.
Perché, secondo lei?    
Intanto perché uno dei due si è sempre dimesso prima di arrivare a tal punto. Secondo perché non si arriva a questo punto: l’insipienza non è prevista per certi ruoli. La malafede magari sì, ma l’incapacità no.
Senta generale, ma c’è ancora un punto in comune tra il vertice politico e  quello militare?    
Sì, purtroppo: nessuno dei due dice chiaramente che questa non è una missione di supporto e assistenza all’esercito e alla polizia afghana, altrimenti avremmo mandato sempre più ingegneri e infermieri, invece abbiamo aumentato le forze militari, passando da 9 mila a 140 mila soldati. Questa è una guerra e si va “alla guerra come alla   guerra”.
Cioè?    
I nostri soldati partecipano a battaglie vere e proprie, le nostre Forze Speciali (sabotatori e incursori), che ubbidiscono direttamente agli ordini della Nato, ogni notte si lanciano dagli elicotteri o marciano per decine di chilometri al buio per infiltrarsi nei territori non ancora controllati. E lo fanno a costo di eliminare tutti gli avversari che incontrano sul loro cammino. In guerra eliminare significa ammazzare   .
Stiamo trasgredendo l’articolo 11 della Costituzione?    
Far rispettare l’articolo 11 alla lettera (L’Italia ripudia la guerra, ndr) sarebbe ottimo, tuttavia il diritto internazionale, autorizzando l’intervento armato in casi particolari, di fatto permette di   aggirare l’articolo 11. Dobbiamo quindi badare alla sostanza, che è quella di far riconoscere a tutti che siamo in guerra, in un teatro di guerra, contro avversari che ci fanno la guerra.
Roberta Zunini
(da “Il Fatto Quotidiano“)

02 novembre 2010

Un’altra Ruby racconta: “Droga a Villa Certosa”. L’escort Nadia ha parlato di incontri sessuali a pagamento col premier. Il caimano scivola sempre più nella melma

Di Gianni Barbacetto per il Fatto Quotidiano.


Ora nei festini del presidente del Consiglio fa la sua comparsa anche la droga. Hashish e marijuana che le giovani ragazze invitate da Silvio Berlusconi trovavano sul comodino, nelle camere di villa Certosa in Sardegna e che potevano utilizzare prima dei party. Questo almeno secondo il racconto di una ragazza, Nadia Macrì, che fa la cubista a Milano e che è stata sentita dai magistrati di Palermo impegnati da tempo in un’indagine su un traffico di droga. Ma c’è altro. Due incontri sessuali a pagamento, pagati cinquemila euro l’uno. Ora le dichiarazioni della ragazza, videoregistrate, saranno mandate allaProcura di Milano, dove confluiranno nell’inchiesta su Ruby, la ragazza che racconta di aver partecipato ad alcune feste di Berlusconi ad Arcore.

I racconti delle due giovani – la cubista sentita a Palermo e Ruby, che ieri ha compiuto diciott’anni – si confermano in molti punti. Entrambe descrivono le cene, i riti sessuali, i tuffi in piscina. In più, la cubista aggiunge il particolare delle droghe leggere che giravano tra le ragazze. Un particolare inedito, che contraddice altre dichiarazioni di ragazze presenti alle feste, le quali descrivono invece ai giornalisti un Berlusconi molto attento a non far entrare droghe nelle sue residenze.

Adesso toccherà a Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, gestire insieme al pmAntonio Sangermano anche i materiali investigativi arrivati dalla Sicilia. L’indagine milanese era decollata l’estate scorsa, dopo alcuni mesi di un’inchiesta sottotraccia su un giro di prostituzione d’alto bordo. Gli investigatori si erano già imbattuti in una certa Karima El Mahroug (il vero nome di Ruby) e stavano cercando di decifrare il ruolo di Lele Mora e di Nicole Minetti, la ballerina di“Colorado Cafè” che si è rapidamente trasformata in igienista dentale del presidente del Consiglio e ancor più rapidamente in consigliera regionale della Lombardia.

Nel luglio 2010, gli investigatori si concentrano su un fatto successo due mesi prima, quando Ruby era stata fermata con un’accusa di furto e portata in questura a Milano. È la ormai famosa notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la ragazza viene affidata – dopo due telefonate di Berlusconi e contro la disposizione del magistrato dei minori – proprio a Nicole Minetti e alla escort brasiliana Michelle, che ospita Ruby nel suo appartamento milanese sui Navigli. Michelle ha dichiarato al Corriere della sera di essere stata lei ad avvertire Berlusconi del fermo di Ruby, sostenendo di aver avuto da anni in agenda il numero privato del presidente del Consiglio, da usare in caso di “emergenze”.

Poi Ruby, minorenne, è stata più volte sentita dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno. Intanto, Berlusconi veniva informato in diretta delle mosse della procura di Milano e faceva avviare le contromosse per tentare di disinnescare le indagini. Il caso ha voluto che dall’altro capo d’Italia, in Sicilia, i magistrati palermitani Teresa Principato, Geri Ferrara e Marcello Violas’imbattessero in un traffico di droga in cui era coinvolta una trentenne di Parma, Perla Genovesi, attivista di Forza Italia e assistente parlamentare di un senatore Pdl della Lombardia,Enrico Pianetta. Perla è in contatto con un boss di Cosa nostra della provincia di Trapani, Paolo Messina, considerato uno di coloro che proteggono la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. La donna ha rapporti anche con Vito Faugiana, di Castelvetrano, militante del Nuovo Psi. Messina commercia droga. Faugiana si occupa di gestire la clientela che acquista la coca.

Perla fa il corriere: trasporta droga dalla Spagna all’Italia e la distribuisce in Sicilia, in Emilia-Romagna, in Lombardia. Alle elezioni regionali del 2005, con Vito Faugiana tenta l’avventura politica, presentando il Nuovo Psi in Emilia e finanziando la campagna elettorale con i soldi del traffico di droga. Dalle urne esce un flop, ma Perla diventa assistente del senatore Pianetta. È in contatto con il deputato Ignazio La Russa, con la coordinatrice Pdl dell’Emilia-Romagna Isabella Bertolini, con Sandro Bondi. Chiama anche villa San Martino, la residenza di Arcore di Silvio Berlusconi.

Nel 2007 cominciano i guai. Viene fermata a un posto di blocco in compagnia di Faugiana e gli agenti le trovano della cocaina in macchina. Evita l’arresto soltanto perché è incinta. Non lo eviterà però tre anni dopo, quando nel luglio 2010 viene condotta in carcere. A questo punto decide di parlare. E racconta, oltre a quel che sa dei traffici di droga, anche dei festini targati Pdl. Un giro di “banchetti orgiastici” a base di sesso e droga, organizzati da Paolo Messina nelle ville di esponenti del Popolo della libertà nella Sicilia occidentale. Ma accenna anche a feste simili che avvengono al Nord.

Dice di aver presentato Nadia Macrì, sua amica, una cubista ventottenne, a Renato Brunetta, parlamentare Pdl che in seguito diventa ministro della Funzione pubblica. Perla riferisce che la ragazza le ha poi raccontato di essersi inserita nel giro grande, quello delle feste di Berlusconi, di aver partecipato a party notturni nelle sue residenze a Roma, a Milano e in Costa Smeralda. “Sono entrata nel giro delle feste del presidente”, le avrebbe confidato la ragazza. I racconti di Nadia sono stati resi ai pm palermitani ai primi di ottobre, confermando le dichiarazioni di Genovese. Ma ha anche aggiunto dettagli sulle feste col premier, particolari che combaciano con quelli di Ruby e, in più, ha aggiunto la presenza della droga leggera a disposizione delle ospiti, per prepararsi alla gran serata.

Macrì ha riferito di aver incontrato “due o tre volte” Silvio Berlusconi tra il 2009 e il 2010. In due occasioni avrebbe avuto con lui rapporti sessuali a pagamento, pagati ogni volta con cinque mila euro contenuti in una busta. Gli incontri erotici sono entrambi avvenuti dopo alcune feste a cui avrebbero partecipato decine di persone, “tra politici, avvocati, notai…”. In questo “giro delle feste del presidente” Macrì ci è entrata dopo avere conosciuto Renato Brunetta nel 2006. Lunedì il ministro della Funzione pubblica, raggiunto al telefono dal Fatto quotidiano, spiegava di aver visto la ragazza una volta sola, durante un convegno a Roma, e di averle fornito consigli legali. “Mi è stata presentata da Perla Genovese e, disperata, mi ha chiesto consigli perché aveva paura che le togliessero il figlio. Le ho suggerito i nomi di alcuni avvocati che potevano aiutarla e poi non ho rivisto più né lei né la Genovese”.

Eppure la ragazza ha lanciato pesanti accuse anche nei confronti di Brunetta. In cambio di rapporti sessuali pagati con 300 euro e alcuni gioielli, il politico la segnalò all’avvocato Carlo Taorminaaffinché la assistesse nella causa civile. Taormina però non seguì mai personalmente la causa e per questo Macrì si è detta delusa. In serata il ministro Brunetta ha ribadito di aver incontrato la ragazza in una sola occasione “, priva di qualsiasi altro risvolto, tantomeno volgare o squallido”, aggiungendo che “per i suoi problemi gli indicai l’avvocato Taormina. Non l’ho più rivista nè sentita e non so a quali risultati sia o meno approdata l’assistenza del legale”.

L’escort ha riferito di aver conosciuto Lele Mora in discoteca, e tramite lui sarebbe arrivata a Fede. Ha raccontato di essere andata a trovare il giornalista al Tg4, che poi l’ha introdotta a Berlusconi. La ricostruzione di questi passaggi è sembrata lacunosa ai magistrati.
L’escort ha anche parlato di un secondo tramite col premier, un politico emiliano conosciuto come cliente, “un pezzo grosso” a cui chiese se poteva presentarla al presidente del Consiglio. Dopo qualche tempo la giovane donna avrebbe ricevuto una telefonata di Berlusconi. Ma c’è anche un ‘public relation‘ milanese, di cui la ragazza non ha fornito dettagli. Ha solo parlato di una persona incontrata per la strada, che l’avrebbe notata e invitata a partecipare alle feste. Il sospetto dei pm palermitani è che la testimone voglia coprire qualcuno. Ricostruendo i party ai quali avrebbe partecipato, Macrì ha parlato di venti ragazze per volta aggiungendo che si sarebbe consumata “erba”. La donna si è spinta nelle sue rivelazioni sostenendo che al termine delle feste, Berlusconi si sarebbe appartato con le ragazze, e in qualche caso con più di una per ciascuna sera.

Adesso le dichiarazioni di Perla e quelle ancor più scottanti, di Nadia arriveranno sul tavolo di Ilda Boccassini, ad appesantire i fascicoli che coinvolgono Lele Mora, già in passato descritto come manager con un entourage non privo di relazioni pericolose con ambienti della criminalità organizzata. La diciottenne Ruby, nei primi giorni della sua maggiore età, ne vedrà delle belle.

Da Il Fatto Quotidiano del 2 novembre 2010

Bertolaso lascia Napoli senza soldi e senza miracolo


Di Roberta Lemma per Agoravox.


Ieri, primo novembre, un comunicato stampa del capo dipartimento della Protezione Civile: "Mentre proseguono le attività di raccolta dei rifiuti giacenti nelle strade di Napoli da parte di Asia - con il pieno utilizzo del termovalorizzatore di Acerra, che ieri ha smaltito 1598 tonnellate di rifiuti tritovagliati - il Dipartimento della Protezione Civile informa che, con le disposizioni adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri riguardo a Cava Sari ed a Cava Vitiello concordate con i sindaci dei 18 comuni dell'area vesuviana,viene a cessare il ruolo di affiancamento della protezione civile nazionale alle autorità locali nella gestione dello smaltimento dei rifiuti in Campania. La struttura militare guidata dal generale Morelli continuerà ad assistere la Regione Campania e la Provincia e il Comune di Napoli nella programmazione dei flussi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani fino alla piena normalizzazione delle attività in corso e nell'opera di analisi, verifica e sistemazione della Cava Sari che viene assegnata come utilizzo ai comuni della fascia vesuviana".
Ad oggi le strade di Napoli e di tutta la provincia sono ricoperte di rifiuti, tonnellate e tonnellate di spazzatura lambiscono il territorio, seppellendolo. Il termovalorizzatore di Acerra funziona a singhiozzi: due dei tre forni sono guasti; si sono guastati bruciando rifiuti per i quali non sono stati costruiti, il tal quale, ed emettendo nell'aria ceneri tossiche. I fondi stanziati dalla Unione Europea per la gestione dei rifiuti in Campania sono spariti senza esser stati costruiti impianti adeguati ad una gestione legale dei rifiuti e senza aver attuato un ciclo integrato dei rifiuti; a conferma, una sentenza della Quarta Sezione contro il governo italiano in data 4 marzo 2010.
Unione Europea contro la Repubblica italiana
La Commissione delle Comunità europee chiedeva alla Corte di condannare la Repubblica italiana, per non aver adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete adeguata e integrata di impianti di smaltimento, venendo meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli art.4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti. In particolare la Commissione europeaaccusa il governo italiano di non aver adottato quelle misure necessarie ad assicurare uno smaltimento dei rifiuti in linea con le leggi in materia sicurezza ambientale e sicurezza salute pubblica, appunto l’art.4 della direttiva 2006/12
Attraverso le argomentazioni la Commissione europea ha ricostruito tutta la vicenda legata alla mal gestione dei rifiuti in Campania partendo dal 1997, cioè dall'approvazione del piano di gestione dei rifiuti urbani. Esso prevedeva un sistema di impianti industriali di termovalorizzazione dei rifiuti alimentato grazie a un sistema di raccolta differenziata organizzata a livello della regione Campania. ''Con ordinanza ministeriale 31 marzo 1998, n2774, si decise di indire una gara d’appalto per affidare per un periodo di dieci anni il trattamento dei rifiuti ad operatori privati capaci di realizzare impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti (in prosieguo: «CDR»), nonché impianti per l’incenerimento e termovalorizzatori. Gli appalti in questione vennero aggiudicati nel corso dell’anno 2000 alle società Fibe SpA e Fibe Campania SpA, appartenenti al gruppo Impregilo. Tali società dovevano realizzare e gestire sette impianti per la produzione di CDR e due impianti di termovalorizzazione, ubicati rispettivamente ad Acerra e a Santa Maria La Fossa. I comuni della regione Campania erano tenuti ad affidare il trattamento dei loro rifiuti alle dette società. ''
Oggi sappiamo che le suddetti aziende accumularono e hanno accumulato rifiuti nelle discariche aspettando di poterli bruciare ad Acerra e mettendo così le mani sugli incentivi statali. La Procura della Repubblica di Napoli avviò un’inchiesta volta a dimostrare la responsabilità per reati di frode nelle pubbliche forniture. Gli impianti di produzione di CDR della regione Campania furono sottoposti asequestro giudiziario, rendendo impossibile l’adeguamento delle relative attrezzature in questione. ''Ritenendo che le misure adottate dalla Repubblica italiana non fossero sufficienti per assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della sanità pubblica, in particolare per stabilire una rete adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti.'' Tra lettere di diffida e risposte alla diffida stessa arriviamo al 2008 senza che nulla, in Campania, cambiasse.
Giudizio della Corte
"La Corte ha quindi dichiarato che i criteri di localizzazione dei siti di smaltimento dei rifiuti devono essere individuati in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2006/12, tra cui figurano, in particolare,la protezione della salute e dell’ambiente, nonché la creazione di una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento che consenta in particolare lo smaltimento dei rifiuti Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
La Repubblica italiana condannata alle spese".
Oggi Bertolaso consegnerà ai sindaci vesuviani e alla provincia partenopea la gestione dei rifiuti; chiediamo:con quali soldi e strumenti questi sindaci potranno assicurare una adeguata gestione dei rifiuti?Mancano le oasi ecologiche, gli impianti per il compostaggio, non sappiamo dove portare la carta, il vetro, la plastica e per l'umido? E perché questa fuga da parte del governo italiano? E perché ci lasciano i generali a custodire le discariche? Il processo Impregilo - Bassolino si avvia all'archiviazione, oggi, 2 novembre il Gip dovrà decidere se archiviare o meno l’inchiesta sui veleni della discarica di Pianura, rischiando di lasciare senza giustizia le tante famiglie colpite da patologie tumorali, più pentiti hanno accusato Cosentino d'essere il reggente del traffico illecito rifiuti in Campania, Cesaro d'essere stato strumento del clan Bidognetti nello stesso traffico, ci sono a confermarlo le intercettazioni e le stesse dimostravano come, i capi delle ditte aggiudicatrici della gestione rifiuti in Campania falsificassero i certificati di idoneità delle discariche o delle analisi sul territorio. Pianura e la commissione bicamerale sul ciclo rifiuti lo ha ribadito più volte è stata la discarica dei rifiuti indistriali per eccellenza. Ci sono le testimonianze raccolte dai camionisti che andavano a sversare i famosi fanghi dell'Acna di Cengio.Quattordici faldoni coperti dal segreto istruttorio, questa Italia è tutta un segreto, che proverebbero senza dubbio il reato di disastro ambientale. I consulenti della Procura hanno prelevato dei campioni di percolato dal fondo classificandolo come liquido altamente radioattivo. È per questo, quindi, che hanno istigato il suicidio di Giorgio Nugnes? Anche per i camion radioattivi sotterrati sotto Pianura? Per i rifiuti tossici seppelliti nei fondali del mare? E quale fine ha fatto il famoso fascicolo Enea sulla contaminazione radioattiva scomparso misteriosamente?

01 agosto 2010

POST: IL BOICOTTAGGIO TREMONTIANO

di Nichi Vendola.

Ieri Giulio Tremonti non ha firmato, come invece era previsto, il piano pugliese dirientro dal deficit sanitario. Nella giornata di ieri mi sono trovato così di fronte a una sospensione delle regole dello Stato di diritto. Tremonti è venuto addosso ai nostri interessi, agli interessi della Puglia e lo ha fatto sulla base di suggeritori che sono traditori della Patria: Palese e Fitto sono traditori della Patria.
Pur di non perdere 500 milioni di euro, ero pronto a firmare un Piano di rientro che consideravo doloroso, che aveva degli aspetti che mi lasciavano perplesso. Una telefonata del Ministro Tremonti mi informava che era necessario un supplemento di lettura, di analisi e di approfondimento. Giacché il Piano era stato approfondito per mesi in ogni suo dettaglio dai tecnici dei Ministeri, non si capisce quale approfondimento ulteriore Tremonti volesse fare. Forse qualcuno era frustrato perché non avevamo inserito delle tasse? Forse qualcuno, nella fattispecie Raffaele Fitto e Rocco Palese, voleva che si potesse buttare per strada circa cinquemila lavoratori che noi stiamo internalizzando? Questa è la partita vera che si sta giocando sulla pelle dei pugliesi: una partita di crudeltà sociale per fini di lotta di potere. C’è una opposizione spregevole sul piano morale, inqualificabile sul piano politico, di sabotatori e di traditori della patria che hanno spinto alla mancata firma sul Piano di Rientro.
La Puglia è una regione che ha i conti in ordine, ha molti parametri di assoluta virtuosità: abbiamo una spesa, fonte Sole 24 Ore, per l’amministrazione e la politica su abitante che fatto 100 la media è 91,5: siamo una delle cinque regioni più virtuose d’Italia, abbiamo diminuito la spesa per personale su abitante dal 2006 al 2009 da 216 milioni a 176 milioni. Il debito della Puglia è diminuito negli ultimi cinque anni del 29,2%: da 2 miliardi e 517 milioni a 1 miliardo e 720 milioni. Bene, Tremonti dice che ‘vengono prima i numeri e poi la politica’: sono pronto a ragionare sui numeri, ma è lui, invece, che antepone la politica ai numeri.
Paragonare la Puglia alla Grecia è una dichiarazione gravissima. Accusarci di non avere i conti in ordine vuol dire dare un grosso colpo all’economia pugliese. Forse il ministro Tremonti è in buona fede, forse ci sono suggeritori traditori della patria, suggeritori che si chiamano Fitto e Palese che in questo caso dimostrano di avere una spregevolezza morale che non avevo mai visto prima.
L’episodio del bond della Merryl Lynch che porta la firma di Palese e l’imprimatur di Tremonti è un atto che ha provocato un danno erariale enorme alle casse della regione Puglia e caso mai questo è l’unico episodio che ci riporta alla mente la situazione greca.
Dati alla mano il bilancio della regione Puglia è sano, tanto da essere una delle quattro regioni italiane a non avere applicato nel 2010 l’addizionale Irpef aggiuntiva regionale. E questo nonostante i suggeritori traditori della patria che quasi mi inducevano ad aumentare le tasse.
Per quanto mi riguarda ora cala il sipario. Il giudizio è definitivo su Palese e Fitto. E’ un crimine cercare il sabotaggio ai danni del territorio pugliese. E’ un fatto senza precedenti. Questa non è una contesa politica dove ci si guarda negli occhi. Palese è un traditore della patria perché in aula ha votato con me il processo di stabilizzazione in atto, ma lo ha votato con l’intenzione poi di scagliarmi addosso i 5000 lavoratori. Ho assistito a una lunga serie di indecenze. Io mi ribello a questi soprusi.
Ora chiederò l’intervento del Capo dello Stato e del Presidente della Conferenza Stato Regioni perché la Puglia non venga discriminata e violentata. Chiederò il suo intervento perchè la nostra regione venga rispettata nei suoi diritti. Condividerò con il Presidente della Repubblica carte e documenti perché ci sia un difensore degli interessi di quattro milioni e 200mila pugliesi.
Giovedì io ero a Roma, non c’era il Ministro Tremonti. Tocca, quindi, al Governo sanare un vulnus senza precedenti nella storia tra le relazioni tra organi costituzionali.
Continuo a confidare in un senso dello Stato che credo appartenga al ministro Tremonti, persona al di sopra di queste miserie. Non ho dubbi, quindi, che il Consiglio dei Ministri mercoledì prossimo riaprirà i termini di consegna del Piano di rientro, altrimenti lo scippo di 500 milioni alla Puglia sarebbe oggetto di una lotta senza precedenti e di una mobilitazione complessiva delle città e dei cittadini.

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Mi rivolgerò a Napolitano, pronto a ogni azione contro il governo 
Roma, 1 ago. (Apcom) - Quello che ha fatto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, "costituisce un reato penale". Lo dice il governatore della Puglia, Nichi Vendola, in una intervista al Manifesto, commentando la decisione del titolare di via XX settembre di non firmare il piano pugliese di rientro dal deficit sanitario. "Il ministro - spiega - non ha voluto firmare un piano che è stato costruito dai suoi tecnici, assieme a quelli del ministero della Salute e della regione Puglia. Io avrei messo la mia firma sapendo che mi si chiedeva di pagare un prezzo molto alto, eppure ero al ministero, pronto a firmare, ma Tremonti ha pensato di trasformare un'azione che doveva essere vissuta secondo il principio di leale collaborazione in un atto di guerra politica nei miei confronti". "Mi rivolgerò a Napolitano - fa sapere Vendola - e alla conferenza dei presidenti delle regioni aspettando quello che accadrà nel prossimo consiglio dei ministri. Mi riservo qualunque azione nei confronti di questo governo". Il tema al centro dello scontro, cioè le internazionalizzazioni di lavoratori di aziende che gestivano servizi sanitari in appalto, osserva Vendola, "finora hanno prodotto per i lavoratori l'affrancarsi da condizioni schiavistiche e spesso da un dominio di tipo mafioso, avere stipendi certi e diritti sul posto di lavoro, oltre a un miglioramento netto del servizio nei confronti dell'utenza e un risparmio considerevole per le Asl. Il problema è di Tremonti non mio, lui ha fatto scadere i termini della presentazione del piano di rientro. Tecnicamente ora la mia regione perde 500 milioni di soldi nostri che il governo doveva restituirci. Ma siccome io ero lì e ho le mail dei tecnici ministeriali che definiscono il piano ottimo, non voglio nemmeno pensare che Tremonti non chiederà la riapertura dei termini. Commetterebbe un reato molto grave". "L'unico fatto in stile greco avvenuto in Puglia - conclude Vendola - porta il timbro di Tremonti. Oggi c'è una indagine penale presso la corte dei conti su una delle azioni più spericolate fatte nella storia della finanza pugliese. La sottoscrizione di un bond Merril Lynch per 70 milioni di euro con una serie di norme capestro. Dice Palese, che come assessore di centrodestra firmò il bond, di aver deciso senza capire bene l'inglese e senza intendere cosa stesse firmando. Si sentiva tranquillo perché c'era il ministero, non credeva che non ne capisse molto neanche Tremonti. In fondo era lui che aveva inventato la finanza creativa". 

11 luglio 2010

Vespa, "l'indipendente e imparziale" aveva pure la faccia tosta di dire che ha sempre fatto tutte le domande da fare a Berlusconi...


... e ora fa l'ascaro o il ruffiano per favorire l'unione con la reticente Casini. Che schifo. Ma in quale altro paese accadono cose del genere? In quale paese un giornalista , anzi il principale anchorman della prima televisione pubblica, si mette a organizzare cene per favorire rimpasti di governo?
Ditemi voi dove siamo arrivati. Minzolini e Vespa fuori dai coglioni, subito.

01 luglio 2010

Si, vi vogliamo così!

Sottoscrivo quanto scritto da Il Russo


La storia è meravigliosa e va raccontata.



Dopo il caso Marrazzo, Pier Paolo Zaccai esponente del PdL romano, è finito sulle pagine dei giornali per aver probabilmente partecipato ad un festino a base di cocaina e trans.

Nuovo scandalo nel mondo della politica. Dopo il caso Marrazzo, un altro politico romano, questa volta esponente del PdL romano, è finito sulle pagine dei giornali per aver probabilmente partecipato ad un festino a base di cocaina e trans. Si tratterebbe del 42enne Pier Paolo Zaccai, consigliere provinciale di Roma, laureato in Psicologia all'Università "La Sapienza" e poi abilitato alla professione di consulente del lavoro. Pier Paolo Zaccai è stato ricoverato questa notte in stato confusionale all'ospedale "Grassi" di Ostia, da cui è già stato dimesso, riportando anche una contusione al ginocchio. Ai medici, il consigliere provinciale avrebbe riferito di essere caduto dalle scale, ma altre voci sembrano smentire questa versione. Secondo alcune transessuali, infatti, Pier Paolo Zaccai questa notte avrebbe partecipato con loro a un festino a base di sesso e cocaina. Le trans avrebbero riferito alla polizia che a un certo punto il consigliere, avendo perso la lucidità, sarebbe uscito sul balcone di un appartamento del quartiere romano Appio-Tuscolano per improvvisare un comizio. Le frasi sconnesse e rumorose avrebbero richiamato l'attenzione degli agenti del Commissariato di Polizia di zona e, a quanto si apprende, anche della guardia medica psichiatrica. Una volta giunto all'ospedale "Grassi" di Ostia, città di residenza del consigliere, Zaccai avrebbe rifiutato gli esami tossicologici. I primi commenti dal mondo della politica non si sono fatti attendere. Vladimir Luxuria ha dichiarato "cade il teorema usato da simpatizzanti, direttori, politici e giornalisti del centrodestra, secondo cui quelli della sinistra come Marrazzo e Sircana vanno a trans e loro no", aggiungendo che spera per Zaccai che non ci sia un accanimento mediatico. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, appresa la notizia, ha affermato: "è un bruttissimo episodio e mi auguro che la Magistratura faccia luce e accerti se ci sono dei reati". La notizia ha destato molto scalpore, anche perché Zaccai conduce una vita molto tranquilla ed è anche socio fondatore dei "Cavalieri di Anco Marzio", confraternita di stampo cattolico. Intanto, tramite una nota, Vincenzo Piso, coordinatore regionale del PdL del Lazio comunica che "in attesa di comprendere meglio le dinamiche che hanno portato al ricovero in ospedale del consigliere provinciale del Pdl Pier Paolo Zaccai riteniamo opportuno sospendere cautelativamente dal partito il consigliere".
(Sante Mapelli Morro per Mainfatti.)

"Ho paura di Pier Paolo - ha dichiarato Morgana rientrata nell'appartamento di via Manlio Torquato -  una volta ho visto che girava con la pistola in macchina. L'ho raccontato anche alla polizia. Siamo stati insieme qualche ora poi è letteralmente impazzito quando gli ho detto che doveva andar via - ha aggiunto la 26enne brasiliana, mora con la frangetta e i capelli legati - erano quasi le sei del mattino. Ha iniziato urlare sporgendosi dalla finestra e noi per paura siamo scappate. Uscivo con lui da quattro mesi - ha continuato la trans - ma stanotte era fuori di testa, ha tentato anche di picchiarmi"

Pier Paolo Zaccai sarebbe arrivato in via Manlio Torquato con Morgana dopo l'una di ieri notte. Lo racconta la trans Eveline. I due si erano dati appuntamento al Fungo dell'Eur.  Ad aspettarlo nell'abitazione di Morgana c'erano altri due trans coinquilini. In questo luogo ieri notte il consigliere avrebbe partecipato - secondo alcune testimonianze - ad un festino a base di trans e droga. Eveline, che ha specificato di non essere nell'appartamento ieri notte e di non abitare lì, ha riferito quanto le hanno raccontato le inquiline dell'abitazione in via Torquato, presenti ieri notte.
"Quando il consigliere è arrivato era già su di giri, sembrava fosse drogato. Loro non sapevamo neppure che fosse un politico", ha detto Eveline, la quale ha spiegato di essere un'amica di Brenda, la trans morta e coinvolta nel caso Marrazzo."Una volta entrato nell'appartamento ha iniziato a spogliarsi e ad urlare fuori dalla finestra al primo piano, sembrava quasi volesse buttarsi giù. Le mie amiche trans sono scappate impaurite e ancora scalze", ha raccontato la trans, che oggi era in compagnia delle inquiline dell'appartamento, arrivate per portare via le loro cose.
"Dopo qualche ora - ha concluso Eveline - Morgana è andata dalla polizia per denunciare il fatto.

 La moglie di Pier Paolo Zaccai urla contro i giornalisti arrivati al centro residenziale sulla Cristoforo Colombo: «Andatevene, siete peggio degli sciacalli», urla tra le lacrime e i singhiozzi. Capelli raccolti e occhiali scuri,si accerta che i giornalisti se ne vadano e poi si chiude in casa.
«Dopo il caso Marrazzo, non mi stupisco più di niente, ma certo non me l'aspettavo - dice il vicino tornato in mattinata da un viaggio di lavoro - Li conoscevo poco anche perchè lui, per motivi di lavoro non c'era mai, ma sono sempre state persone tranquille e cortesi».
(dal Messaggero).

Già, persone tranquille e cortesi, non ne dubito. Un ragazzo tranquillo e la sua brava mogliettina. Gente perbene, mica come quel porco di Marrazzo, anzi M'arrazzo, come lo chiamavano. Chi? I compagni di partito di Zaccai, anzi forse pure lui. E magari anche la sua brava mogliettina...
Ma si sa a sinistra sono tutti froci mentre a destra tutti esempi di rettitudine e  soprattutto virilità...proprio come "Zaccus il Gladiatore" come si faceva chiamare. E invece... si faceva chiaVare. Forse. Perché lui dice: «Aiuto, mi hanno incastrato volevo solo indagare su di loro»!
Ad ogni modo, a scanso di equivoci, di sicuro Chiappe d'Oro non era Zaccai.