Il Cavaliere, Gianfranco e la trattativa afghana
La parola del ministro degli Esteri contro quella dell'ex ministro degli Esteri, D'Alema da una parte, Fini dall'altra: il «caso Mastrogiacomo» sembra proprio non volersi chiudere, e dopo aver provocato una crisi nei rapporti tra Italia e Stati Uniti, continua a essere oggetto di polemica tra governo e opposizione. In un'intervista a Repubblica il titolare della Farnesina aveva criticato l'atteggiamento del Polo, precisando che «tutti i nostri passi» nella trattativa per la liberazione del reporter erano stati «decisi nel rispetto delle linee concordate con le altre forze politiche». Ma il leader di An fornisce una versione diversa dei fatti, e sostiene che «non c'è stato nessun contatto dell'esecutivo con l'opposizione»: «Quantomeno, io non sono stato informato. E a quanto mi risulta non è stato informato nemmeno Berlusconi. Gliel'ho chiesto espressamente e mi ha risposto di no». Qual è allora la verità? D'Alema ci ha tenuto a sottolineare che «non si può dire "il governo faccia tutto il possibile" e poi venire aggrediti», mentre Fini — che al pari del Cavaliere ha criticato la linea tenuta da Palazzo Chigi e Farnesina — nega il formale coinvolgimento dei leader della Cdl. Nella polemica non è un caso se ieri Cossiga si è affrettato a presentare un'interpellanza al premier e al ministro degli Esteri per sapere se davvero Berlusconi è stato «costantemente informato delle trattative condotte da Emergency su incarico del governo», e se «ha dato il suo consenso» allo scambio tra Mastrogiacomo e i terroristi talebani. La querelle s'innesta alla vigilia dello scontro sul decreto per il rifinanziamento delle missioni militari all'estero, che sancisce la spaccatura del centrodestra. È presto per dire se le sorti di Berlusconi Fini e Bossi si sono definitivamente divise da quelle di Casini, è certo però che gli (ex) alleati hanno avviato trattative diverse e parallele pur di avere la meglio gli uni sull'altro. Il capogruppo di An al Senato, Matteoli, ha avuto ieri un colloquio con il ministro della Difesa, proponendogli una mediazione in extremis: se il governo presentasse un emendamento «condiviso» dall'opposizione, il centrodestra voterebbe sì al decreto. Parisi ha preso tempo, e le parole di Prodi dal Brasile — «cambiamenti particolari sono possibili in Parlamento» — possono sembrare un segnale di apertura.
Ma l'ostilità della sinistra radicale a qualsiasi modifica non lascia margini all'operazione. Contemporaneamente Marini ha perorato la causa dell'Udc, avvisando i capi della maggioranza che Casini ha pronto un ordine del giorno con cui invita l'esecutivo ad «adeguare mezzi e uomini» del contingente italiano «qualora l'evoluzione della situazione in Afghanistan lo richiedesse». Secondo fonti del governo, sul testo ci sarebbe stata una consulenza tecnica del capo di Stato Maggiore della Difesa, l'ammiraglio Di Paola. E a nessuno è sfuggito che dagli Stati Uniti è giunta la richiesta di potenziare la missione e di modificare le regole d'ingaggio. Ma anche questa richiesta — seppur sotto forma di ordine del giorno — incontra, per ora, il veto del settore estremo dell'Unione. Non certo quella di Rutelli, che ha rinsaldato i rapporti con Casini e che da tempo è favorevole alla proposta, da quando disse in un'intervista che «in Afghanistan dovremmo rafforzare il nostro contingente». Oggi a Palazzo Madama si capirà se i centristi troveranno sponde nella maggioranza, o se invece non otterranno una contropartita politica in cambio del loro voto favorevole al decreto, anticipato da Casini all'ambasciatore americano Spogli. Tutto è nelle mani del presidente del Senato, che dovrà decidere se ammettere fuori tempo massimo l'ordine del giorno dell'Udc. L'ipotesi incontra l'ostilità delle altre forze di opposizione, e il leghista Calderoli avvisa Marini: «Faccia attenzione, perché se tenterà di forzare la mano si assumerà la responsabilità di un atto politico per nulla super partes. E lui sa che dopo il decreto sulle missioni c'è quello sulle liberalizzazioni che ha tempi strettissimi...». Resta da capire chi tra le due opposizioni la spunterà. Ma da oggi — come dice il repubblicano Nucara — «la Cdl non esiste più».
Francesco Verderami
Il mio commento: Insomma, da una parte Casini che ormai va per conto suo. Dall' altro Lega e An che si mettono a trattare separatamente con la maggioranza. Sui media amici della ex Cdl questo voto doveva essere l'ennesima(???) Caporetto per il governo Prodi. Sembra invece sempre più la Waterloo della ei fu Cdl con forse centrifughe sempre più forti e leadership sempre più bollita, complimenti a proposito per l'ennesima gaffe fatta a livello Europeo dall' ex-premier con la panzana del PPE che auspicherebbe la caduta di un governo composto da forze del PPE stesso. Il solito stantio teatrino. I primi ad esserne stanchi sono gli amici di un tempo. A grandi passi si avvicina una stagione nuova per la politica italiana. Grazie agli autogol di un' opposizione sempre più stanca e divisa. Aveva ragione Belzebù. Il potere logora chi non ce l'ha.
2 commenti:
Ciao...sono finito in questo blog, ho letto velocemente alcuni punti del tuo post e...devo dire che nn sono per neinte d'accordo con la tua riflessione!
Ah, comunque la "panzana" di Berlusconi è stata confermata anche da Casini...voglio dire, non il suo miglior alleato!
capita di non essere daccordo. benvenuto nel blog.
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