13 maggio 2009

Corea del Nord: L'Ultimo Paradiso


di Claudio Antonelli (Canada)
16.02.07 - Il diavolo è veramente così brutto come lo si dipinge? O detto altrimenti: la Corea del Nord - paese-feudo di Kim Jong-il, succeduto al padre Kim II Sung - è veramente una sorta di caserma, dove dominano conformismo, paura, miseria? La risposta che ci dà il docente universitario di Trieste Maurizio Scaini, in una prestigiosa rivista accademica italiana di geografia, è un sonoro no (“Interpretando la Corea del Nord. Stalinismo orientale e segnali di apertura verso occidente” in Ambiente, Società, Territorio, maggio/giugno 2005, pagg. 13-18). Per Scaini la Corea del Nord è un paradiso, staliniano sì ma pur sempre paradiso.

Nel corso di una visita guidata nell’ultima spiaggia dell’ortodossia comunista, Scaini si trova a contatto di “un popolo in festa, gioioso, disteso.” Incontra “gente orgogliosa e motivata”. Il professore universitario di Trieste non si accontenta dell’abbagliante facciata del quadro. Cerca di più ma non vi trova nessuna ombra: “Cerco invano i sintomi di una presunta miseria e diffidenza verso gli stranieri. Trovo, invece, una sobria dignità e una velata curiosità nei miei confronti.” Continua ditirambico: “La delinquenza è pressoché assente, i problemi principali sono creati da qualche ubriaco che magari canta a squarciagola canzoni patriottiche durante la sera.” Però qualche problema lo hanno anche i nordcoreani: “I ristoranti, specie nei giorni di festa, sono affollati e in alcune sere non è facile trovare posto.” Proprio come in Italia o in Canada, vien fatto di pensare. Ma il paragone possibile con l’Occidente si ferma lì, perché per il resto la vita dei lavoratori nordcoreani è incomparabile: “I ritmi di lavoro sono blandi, le soste lunghe.
Nei campi ci sono piccoli gruppi di persone sedute che parlano tra loro, fanno merenda o guardano semplicemente gli animali al pascolo. I bambini giocano, gli anziani fumano e li osservano silenziosi. Camminano tutti piano, senza fretta, con uno zainetto o l’attrezzo di lavoro sulle spalle, fermandosi volentieri per scambiare qualche parola con chi incontrano lungo il tragitto o per rispondere ai saluti che provengono dai turisti sul treno.” “I benefici offerti dallo stato sono notevoli e coprono totalmente i costi di fabbisogni fondamentali come sanità, scuola, abitazione. La maternità è tutelata con periodi di congedo ripetuti e piuttosto lunghi.” Un’Arcadia, insomma.

E il totalitarismo orwelliano di cui parlano tanti giornalisti occidentali in visita in quel Paese? Maurizio Scaini, che parla di “malafede dei giornalisti occidentali”, osserva una realtà molto diversa: “Quando parliamo di politica non cercano di convincermi, mi descrivono semplicemente la loro realtà. Sono esponenti autentici di un popolo raccolto intorno al proprio paese, al Grande e al Caro Leader, all’ideologia Djoutché.” Nel paese non vi sono detenuti, o quasi: “La pena di morte non esiste, le prigioni, almeno quelle comuni, sono poche e di solito si preferiscono altre forme di rieducazione, come il lavoro in campagna o il confino.”
I visitatori occidentali in genere criticano le strutture monumentali del regime create – dicono – per pura megalomania da Kim padre e continuate da Kim figlio. Per Scaini si tratta invece di opere architettoniche più che valide: “le soluzioni architettoniche sono notevoli”, “Non sono affatto realizzazioni banali e illustrano bene le capacità ingegneristiche e artistiche del paese”.

Il politologo dell’Università di Trieste ammira la “capacità di statista di un singolo uomo”, padrone della Corea del Nord, il compagno Kim Jong-il. Poi, per relativizzare il culto della personalità lì vigente, stabilisce un parallelo tra “l’attitudine di un popolo intero mantenuto, nell’arco di cinquant’anni, in mobilitazione costante con gli stessi simboli, gli stessi argomenti, la stessa faccia” e il fatto che in Italia, “il volto di un calciatore possa influire sulle vendite di un prodotto”. Insomma, anche noi abbiamo i nostri Kim Jong-il.
Peccato solo che dobbiamo accontentarci di quelli in formato ridotto: Totti e Del Piero, per esempio.

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