10 ottobre 2009

Obama e Gorbaciov: destini paralleli?


Era da un po' di tempo che mi frullava in testa di fare un articolo in cui mettevo a confronto le analogie tra Obama e Gorbaciov: due giovani e inesperti idealisti che vengono quasi a sorpresa proiettati ai vertici di una superpotenza in profonda crisi economica, politica e sociale -le cui istituzioni risentono tutti i loro anni- subentrando a dei vecchi ultraconservatori (Bush per Obama, Brevnev dopo le brevissime parentesi di di Andropov e Cernenko per Gorbaciov), una guerra senza possibilità di vittoria in Afghanistan. Il Nobel a Obama (altra analogia) ha reso ancora più attuale questa mia idea. Cercando un'immagine che li ritraesse insieme ho trovato per caso qui questo articolo di Stefano Casertano, pubblicato su Limes, che dice grossomodo le stesse cose che avrei scritto io. Per questo motivo, per evitare inutili ripetizioni o mezzi plagi, ve lo riporto qui integralmente.


Le difficoltà in patria del presidente americano. I rapporti con la Russia. Le analogie con l’ultimo leader sovietico: Afghanistan e crisi economica. Il caso Iran. Barack farà la fine di Carter?

Per la prima volta nella storia, un presidente americano ha diretto una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Potrebbe essere la rivincita di Obama sul palcoscenico internazionale: con carisma e intraprendenza, ha lanciato un programma ambizioso come “zero nuke”, teso alla riduzione del numero complessivo delle testate atomiche mondiali.

A questa azione diplomatica si unisce la recente decisione di abbandonare il progetto di impiantare basi missilistiche in Est Europa: le relazioni con la Russia si sono rilassate, anche se, ammoniva l’ambasciatore Silvio Fagiolo lo scorso luglio, “Mosca non è ancora un partner” degli Stati Uniti”. (1)

Ma perlomeno sono lontani i tempi dei confronti diretti Bush-Putin. Per far passare il messaggio che non gradisce un’eccessiva presenza russa nel mercato energetico europeo, Obama ha impiegato l’Italia come tramite. E’ in quest’ottica che si deve interpretare la dichiarazione dell’ambasciatore americano a Roma David H. Thorne, il quale ha detto che l’Italia è eccessivamente dipendente dal gas di Mosca: è un messaggio per Medvedev, non per Berlusconi.

Ma il riscontro internazionale è però contraddetto dalle forti critiche che Obama sta ricevendo in patria. Il piano di intervento per salvare gli istituti di credito con i soldi pubblici ha destato perplessità e consensi in egual misura, mentre il progetto di creare un piano di sanità pubblica per tutti ha scatenato i sospetti che Obama sia un “socialista”. I media americani sono arrivati a interpellare il direttore dei “Democratic Socialists of America”, che però ha negato una certificazione: Obama non sarebbe un socialista: è pur sempre un “Market guy”. Comunque, a conti fatti, la percentuale di approvazione del lavoro di Obama tra gli americani ha raggiunto a fine settembre 2009 il 51%. Come “First September” è peggio solo di Clinton (50% nel 1993), mentre anche Reagan aveva fatto meglio (52% nel 1981).

Questi sviluppi potrebbero essere un’altra prova del fatto che Obama è costretto a portare avanti una politica da “Gorbaciov americano”. Gorbaciov dovette gestire la disgregazione di un Paese al collasso economico, e azzerare il sistema di controllo estero che Mosca esercitava sull’Asia Centrale e sui Paesi satellite dell’Est Europa.

Obama deve contenere in casa enormi difficoltà economiche e sociali, e all’estero deve prendere atto dei limiti raggiunti dal potere americano: le politiche di “distensione” sono più una necessaria presa di coscienza, che una scelta. Che credibilità avrebbe l’America per proporre una vera agenda politica attorno al Caucaso o nel Sud Est asiatico? L’unica strada è quella dell’affiancamento e della collaborazione.

Sempre che si possa risolvere il nodo afghano. La situazione suggerisce altre analogie con l’Urss di Gorbaciov: suggerivo mesi fa che “Come Obama, Gorbaciov ha ereditato una guerra in Afghanistan nel mezzo di una crisi economica e dopo un periodo di particolare purezza ideologica nella politica estera sovietica sotto lo sclerotico Breznev”. Dopo un periodo inconcludente durato dal 1979 al 1985, i russi cambiarono tattica, e adottarono una nuova strategia di “counterinsurgency” ideata dal generale Zaitsev.

A livello politico Mosca convinse il governo afghano a portare avanti un piano di “riconciliazione nazionale” per placare l’opposizione politica. Ma poi i sovietici dovettero abbandonare il paese nel 1988. Obama ha dichiarato di voler aumentare il numero di truppe in Afghanistan, e persegue un piano di rafforzamento del governo basato sulla riconciliazione nazionale Ma in generale la sua politica estera si basa sul riconoscimento che il ruolo americano nell’arena internazionale deve essere diverso dal passato. Un’incontrastata egemonia non è più perseguibile”.

E pericoloso è anche il problema iraniano, con cui la “distensione” ha effetti imprevedibili, proprio perché oscure sono le dinamiche interne che agitano Tehran. Una politica di apertura ossessiva, dopo due lettere di Obama alla guida suprema Ali Khamenei, e un messaggio di auguri a tutto il popolo, rischia di sembrare un “premio” per il regime militare Pasdaran che sta controllando ormai il Paese. Una chiusura attirerebbe il risentimento popolare. In bilico tra questi due rischi si gioca la partita per l’Iran, Stato chiave tra Medio Oriente e Caucaso. E’ qui che si gioca il ruolo degli Stati Uniti nel mondo nei prossimi anni. L’Iran costò già la rielezione a Carter: riuscirà Obama a esser meglio di lui?

La mia domanda in realtà è un altra. Obama, con le sue aperture e buon intenzioni, come quelle a suo tempo di Gorbaciov, può essere, paradossalmente, uno dei motori non dico della dissoluzione ma almeno della fine degli Stati Uniti, così come li conosciamo?

PS. Non sono il primo e neanche l'unico ad aver visto queste analogie.
vedasi anche , tra gli altri.


1 commento:

ITALY - Stefano Casertano ha detto...

caro autore sono Stefano Casertano, mi fa piacere che l'articolo ti sia piaciuto! Ne ho parlato per la prima volta in un articolo su Affari Internazionali a marzo 2009, e in seguito a giugno è uscito un mio libro che nell'epilogo conteneva questa teoria ("Sfida all'Ultimo Barile", Brioschi Editore).

Ieri ne ho parlato alla radio, il link è sul mio blog www.stefanocasertano.it .

A presto!