04 novembre 2009

La storia ci Carlos Marighella

da Damnatio Memoriae


Non ebbe tempo per avere paura

Augusto Marighella era un emigrante italiano, era meccanico, ateo ed anarchico.
Giunto da Ferrara a Salvador de Bahia, in Brasile, s’innamorò di Maria Rita do Nascimento, una discendente dell’etnia Haussa, e la sposò.
Gli Haussa erano tra gli schiavi catturati tra Niger e Nigeria del nord, e a Salvador, porto americano più vicino all’Africa e dunque tappa strategica della rotta degli schiavi, si sollevarono già nel 1807 (la schiavitù fu abolita in Brasile solo nel 1888, con la Lei Aurea).

Il felice meticciato di Augusto e Maria Rita produsse sette mulatti.
Vivevano nella Baixa do Sapateiro -un quartiere che i lettori di Jorge Amado hanno visitato nei suoi romanzi- quando, il 5 dicembre 1911, misero al mondo quello con gli occhi verdi, e lo chiamarono Carlos.

Quasi 68 anni dopo, il 4 novembre 1969, la notizia della morte di Carlos fece il giro del mondo.

Carlos Marighella era il principale dirigente della Açao Libertadora Nacional (ALN), un’organizzazione “embrione dell’esercito rivoluzionario, forza armata del popolo, l’unica capace di distruggere le forze armate della reazione, abbattere la dittatura ed espellere l’imperialismo”. L’ALN rompeva la concezione del partito della tradizione marxista-leninista eliminando, secondo Marighella, “il complesso sistema di direzione con tutti i suoi passaggi intermedi ed una direzione numerosa, pesante e burocratica”.

Carlos Marighella viene sorpreso da un’imboscata della polizia alle 8 di sera nell’Alameda Rio Branco, a San Paolo. Clandestino, va ad un appuntamento fissato con dei frati dominicani; la trappola è stata costruita dopo che questi, torturati, lo avevano rivelato agli sbirri.

Il volume di fuoco che gli viene scaricato addosso è enorme. Restano sul terreno due altri morti, una poliziotta ed un passante, ed un altro poliziotto è ferito.
Eppure non vi fu un conflitto a fuoco, Marighella non ebbe neppure il tempo di pensare ad estrarre la sua pistola. Ma era ormai divenuto il nemico pubblico numero uno della dittatura militare, e i 29 (40 secondo altre versioni) uomini del DOPS (Dipartimento dell’ordine politico e sociale), comandati da Sergio Fleury, erano ansiosi di attribuirsi il prestigioso trofeo. Seguì la messinscena, il cadavere messo in un maggiolino Volkswagen e la versione ufficiale della sua reazione armata all’ordine di arrendersi dato dal delegato Fleury.

Solo nel 1996, con il lavoro d’inchiesta della Commissione speciale per i morti e i desaparecidos, la versione ufficiale fu contestata e fu provato che Marighela era stato ucciso con un tiro a bruciapelo dopo essere stato ferito quattro volte. Lo Stato federale ammise infine la propria responsabilità. Nel 2008, la Commissione amnistia del Ministero di giustizia ha attribuito anche a Clara Charf, compagna di Marighella, un’indennità a titolo di riparazione, analogamente a tanti altri casi di amnistiati (la Commissione ha già giudicato in circa 29’000 processi).

Nel dicembre 1979, i resti di Carlos Marighella, che era stato interrato dal DOPS a San Paolo come indigente, vennero trasportati e sepolti nel cimitero di Quintas dos Lázaros a Salvador de Bahia (nella foto, la lapide disegnata da Oscar Niemeyer). Jorge Amado, che era stato suo amico e compagno sugli scranni parlamentari del Partito Comunista Brasiliano (PCB), gli dedicò dei versi forti e commossi.
“Reconhecimento” [qui versione originale in portoghese] termina così:
Sei a casa tua, Carlos; la tua memoria restaurata,limpida e pura, fatta di verità e amore.
Sei arrivato qui per mano del popolo. Più vivo che mai, Carlos.

Forme della memoria
Il nome di Carlos Marighella ha una larga notorietà, in Brasile è divenuto una sorta di icona, paragonabile a quella di un Che Guevara nazionale.
Anche lui intelligente, colto, poeta, rivoluzionario, politico, guerrigliero, deciso, armato e coraggioso: “che non ha tempo per avere paura”.

Gli elementi di fascino e romanticismo non rendono però conto del conflitto di categorizzazioni che marca la concorrenza delle memorie collettive. La coppia di opposti non ha punti di incontro: è terrorista ed assassino, secondo la definizione delle autorità, o eroe della resistenza, per tutti gli oppositori della dittatura.

In diversi Stati brasiliani Carlos Marighela è il nome di una ‘rua’, una via cittadina. Ma non è che le intestazioni stradali siano facili o scontate.

L’attribuzione toponomastica è uno dei luoghi istituzionalizzati della memoria, ed in questo senso anche terreno di scontro.
Se in Brasile, come in molti altri paesi tra cui l’Italia, avviene quasi usualmente che alle diverse parti politiche rappresentate nel consiglio cittadino sia attribuita una ‘quota’ delle intestazioni da decidere –di modo che vengano poi tutte approvate consensualmente-, capita altresì che su certi nomi ci sia battaglia.

Il gruppo Tortura Nunca Mais ha denunciato l’intestazione di una strada a Sergio Fleury, l’assassino di Marighela, patron del DOPS, torturatore per eccellenza e capo dello Squadrone della morte.
La notizia di una ‘Via del torturatore’ ha sollevato proteste, e nel maggio 2009 il municipio di Sao Carlos, nello Stato di San Paolo, ha provveduto a rimuovere l’omaggio ad uno dei più indiscussi bastardi di quella storia, peraltro morto sul suo yacht e mai punito.

Ma come la piglierebbe un rivoluzionario internazionalista, si è chiesto qualcuno, se sapesse di essere ricordato su un cartello stradale come ‘patriota’?

Carlos Marighella la piglierebbe senz’altro bene invece, la notizia che ilMovimento dei lavoratori rurali Senza Terra (MST) gli ha intestato una sua scuola nello Stato di Parà, frequentata da 300 studenti.

In occasione del quarantesimo della sua morte, il 4 novembre 2009, verrà pubblicato un Manifesto :
In memoria di Carlos Marighella



Carlos Marighella cadde nella notte del 4 novembre 1969, a San Paolo, in un agguato condotto dal più notorio dei torturatori del regime militare. Rivoluzionario senza paura, è morto combattendo per la democrazia, la sovranità nazionale e la giustizia sociale.
Dalla giovinezza ribelle dello studente d'ingegneria a Salvador, alle brutali torture subite nelle carceri dell’Estado Novo (la seconda repubblica brasiliana, ndt), dalla disciplinata militanza di partito, alle poesie che esaltano la libertà; dal fermo intervento parlamentare come deputato comunista alla Costituente del 1946, all'appello alla resistenza armata, la sua vita è stata guidata da un incrollabile impegno con le lotte del nostro popolo. 


Passati quaranta anni, ci siamo lasciati alle spalle il periodo della paura e del terrore. La Costituzione del 1988 ha garantito la realizzazione del sistema rappresentativo, concludendo una lunga lotta di resistenza alla dittatura. In questo viaggio attraverso la storia, i più diversi credo, partiti, movimenti e istituzioni unirono le loro forze.



Il Brasile è irrotto nel 21 ° secolo assumendo nuove sfide. Si prepara a realizzare la sua vocazione storica alla sovranità, alla libertà e al superamento delle molte ingiustizie che ancora esistono. Per le altre rotte e nuovi calendari si apre la possibilità reale per il nostro paese di realizzare il sogno che è costato la vita di Marighella e di innumerevoli altri eroi della resistenza. Garantita la nostra libertà istituzionale, ora dobbiamo conquistare l’eguaglianza economica e sociale, veri pilastri della democrazia. 



L'America Latina sta superando un lungo e doloroso ciclo storico in cui fungeva da cortile della superpotenza imperiale. Ancora una volta, diverse strategie si combinano e si completano a vicenda per raggiungere lo stesso anelito storico: indipendenza, sovranità, distribuzione della ricchezza, crescita economica, rispetto dei diritti degli indigeni, riforma agraria, ampia partecipazione politica dei cittadini. I vecchi colonnelli mafiosi, responsabili delle uccisioni e dei massacri impuniti in ogni angolo del nostro continente, vengono spazzati via dalla storia e il loro posto viene occupato da rappresentanti della libertà come Bolívar, Martí, Sandino, Guevara e Salvador Allende. 



E il nome di Carlos Marighella è entrato in questa onorata galleria di liberatori.
I quaranta anni dal suo omicidio coincidono con un momento del tutto nuovo della vita nazionale. La sottomissione secolare viene sostituita da sentimenti rivoluzionari di speranza, fiducia nel futuro, determinazione ad affrontare tutti i privilegi e a sradicare tutte le forme di dominazione. 


Il nuovo sta emergendo, ma deve ancora affrontare una forte resistenza da parte delle forze conservatrici e reazionarie che non si lasciano rimuovere dal potere. Presenti a tutti i livelli dei tre poteri della Repubblica, queste forze cospirano contro il progresso democratico. Votano contro i diritti sociali. Criminalizzano i movimenti popolari e garantiscono l'impunità ai criminali in colletto bianco. Continuano a massacrare leader indigeni e i militanti della lotta per la terra. Squalificano qualsiasi agenda ambientale. Attaccano con virulenza programmi di lotta alla fame. Proferiscono sentenze viziate dal pregiudizio contro gruppi sociali più vulnerabili. Resuscitano tesi razziste per combattere le azioni affermative. Usano i loro giornali, radio e televisioni per predicare l'indebolimento dello Stato. Vogliono il ritorno dei tempi in cui il dio mercato era venerato come supremo organizzatore della nazione.



Non accettiamo retrocessioni. Né al passato recente del neoliberismo e dell'allineamento con la politica estera degli Stati Uniti, né ai giorni bui della dittatura, che riuscimmo a superare con grande difficoltà. 


Il nostro omaggio a Carlos Marighella si somma alla nostra rivendicazione che siano rigorosamente appurate tutte le violazioni dei Diritti dell’Uomo che si verificarono nei ventun’anni di dittatura. Non è più possibile interdire la discussione ritardando il necessario adeguamento dei brasiliani con la loro storia.
Esigiamo l'apertura di tutti gli archivi e la divulgazione al pubblico di tutte le informazioni sui crimini e sull'identità dei torturatori e assassini, sui loro clienti e sui loro finanziatori. 


Dobbiamo affrontare le forze reazionarie e conservatrici che difendono come legittima una legge di auto-amnistia che la dittatura impose, nel 1979, con minacce e ricatti. Sostenendo la legittimità di leggi che sono state imposte con la forza delle baionette, ignorano che un regime nato dalla violazione frontale della Costituzione, manca di qualsiasi legittimità fin dalla nascita. E tentano di nascondere che erano illegali tutte le leggi di un regime illegale. 


Sentendosi minacciate, queste forze rinnegano le serene formulazioni e decisioni delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione degli Stati Americani che indicano che la tortura è un crimine contro l'umanità stessa, e che non è soggetta ad amnistia, indulto o prescrizione. E tentano di nascondere che, nel preambolo della Dichiarazione Universale formulata dall'ONU il 10 dicembre 1948, è ribadito a chiare lettere il diritto dei popoli di ricorrere alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione. 



Per tutto ciò, celebrare la memoria di Carlos Marighella a questi quarant'anni che ci separano dalla sua vile esecuzione, significa riaffermare l’impegno con la marcia del Brasile e della Nuestra America (riferimento a José Martì, ndt) verso la realizzazione della nostra vocazione storica alla libertà, all'uguaglianza sociale e alla solidarietà tra i popoli. 



Celebrando la memoria di Carlos Marighella, apriamo il dialogo con le nuove generazioni, garantendo loro il recupero della verità storica. Onorando il suo nome e la lotta, affermiamo il nostro desiderio, che mai più la violenza degli oppressori possa nutrirsi d’impunità.
Carlos Marighella vive nella nostra memoria e nelle nostre lotte. 


Brasile, 4 novembre 2009.
La memoria, è sempre l’uso politico che si fa dei ricordi, e anche questo manifesto non fa eccezione.
Il ricordo di Marighella come comunista rivoluzionario sembra non trovare posto in un discorso rivolto ad affermare e difendere la democrazia parlamentare, e ancor meno la sua immagine di padre della guerriglia urbana. Tra le firme che sottoscrivono il Manifesto i nomi vengono, coerentemente con il testo, dell'area intellettuale vicina al governo Lula; c'è anche Dilma Rousseff, in lizza per la successione alla Presidenza.

Un Manifesto, quello dell'ALN, Marighella lo scrisse e lo diffuse per radio e giornali nel giugno del 1969:
Apparteniamo alla Ação Libertadora Nacional e ciò che proponiamo è di abbattere la dittatura, di annullare tutti i suoi atti dal 1964, di formare un governo rivoluzionario del popolo; di espellere i nord-americani, confiscare le loro imprese e le imprese e le proprietà di quelli che collaborano con loro; di trasformare la struttura agraria del paese, espropriando ed abolendo il latifondismo, dando la terra ai contadini, valorizzando l'uomo di campagna; di trasformare le condizioni di vita dei lavoratori, assicurando dei salari decenti e migliorando la situazione delle classi medie; assicurare la libertà su qualsiasi terreno, dal campo politico al campo culturale o religioso; ritirare il Brasile dalla condizione di satellite della politica estera degli Stati Uniti e collocarlo sul piano mondiale come nazione indipendente.
Sembra ben più chiaro, detto così.

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