Nel rapporto dei Ros allegato all'inchiesta fiorentina sugli appalti della Protezione civile
spuntano anche i nomi di Micciché e Dell'Utri. E viene fuori anche Tesauro
FIRENZE - Un imprenditore di Cosa Nostra che arriva a Palazzo Chigi. Un giudice, Giuseppe Tesauro, in società con un funzionario ministeriale e anche imprenditore legato al clan dei Casalesi. Un commercialista mafioso, Pietro Di Miceli, che fa da mediatore con la Provincia di Frosinone per procurare un appalto a Riccardo Fusi, presidente di Btp. Ecco lo scenario che emerge dal rapporto del Ros dei carabinieri allegato all'inchiesta fiorentina sui grandi appalti della Protezione civile.
Tutto o molto ruota intorno alla figura di Antonio Di Nardo - considerato vicino al clan dei casalesi - al quale si lega anche il personaggio più scomodo delle storie ricostruite dagli investigatori. Quello che in una telefonata sostiene di essere stato "alla presidenza del consiglio". Lui è Mario Fecarotta, imprenditore affiliato a Cosa Nostra e legato, in particolare, alla famiglia Riina, arrestato nel 2002 per mafia e per estorsione aggravata (una mazzetta da 500 milioni). I rapporti con Di Nardo diventano "espliciti" il 27 gennaio 2009. E' Fecarotta a chiamare: "Antonio carissimo... e allora domani a mezzogiorno e mezzo siamo lì al Ministero ok?". Il ministero è quello delle infrastrutture. Fecarotta: "va bè all'una... all'una ci vediamo.. ti aspettiamo lì fuori...". Non è chiaro, dai brogliacci, se i due si incontrano fuori o dentro il palazzo. Fecarotta e Di Nardo si risentono il 29 gennaio, a incontro avvenuto. E' qui che entra in ballo la Presidenza del Consiglio. Dice l'imprenditore mafioso: "... no è importante perché poi il 25 abbiamo ... fra il 10 e il 25 abbiamo questa cosa.. poi siamo stati pure da Gianfranco lì.. alla... Consiglio.. alla Presidenza del Consiglio e abbiamo due appuntamenti in Sicilia in questa settimana abbastanza importanti.. tu devi vedere con quell'amico tuo...". A quale Gianfranco si riferiscano non è specificato. Un voluminoso dossier giudiziario sulla nuova mafia corleonese contiene il virgolettato di una vecchia telefonata tra Fecarotta e l'allora viceministro dell'economia Gianfranco Micciché. E' l'11 giugno 2001. Fecarotta, socio di Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Totò, chiama Micciché al cellulare chiedendogli di intercedere per l'apertura di un conto corrente bancario.
C'è poi il nome di Giuseppe Tesauro, giudice costituzionale dal 2005 e presidente dell'Antitrust fino al 2004. Stando alle carte Tesauro risulta socio dal 2007 (nella Paese del Sole immobiliare) di Antonio Di Nardo, funzionario del Ministero delle infrastrutture e socio occulto del consorzio di costruttori "Stabile Novus". Nelle 20mila pagine del rapporto del Ros saltano fuori, questa volta esplicitamente, anche i nomi di Gianfranco Micciché e Marcello Dell'Utri. Citati sempre in riferimento a Riccardo Fusi. Il 5 maggio 2009 Elena David dell'UNA Hotel - una catena riconducibile a Riccardo Fusi - dice di aver ricevuto una richiesta di sconto per l'alloggio negli alberghi della catena da parte di Francesco Costanzo (definito "quello che organizza la roba per Dell'Utri e Micciché").
Ancora Fecarotta e Di Nardo. E' il 12 marzo 2009. "Vorrei portare una persona con me a Bruxelles, un interlocutore valido, solo che non ho potuto parlare con la persona che volevo portarmi con me.. Penso che ci parlerò lunedì", dice Di Nardo. Buscemi richiama Di Nardo per sapere se va a Bruxelles. "Sì, però richiamami domani". Secondo i carabinieri l'"interlocutore valido" destinatario dell'invito di Di Nardo sarebbe il provveditore alle opere pubbliche del Lazio Giovanni Guglielmi.
(ha collaborato Mario Neri)
Nessun commento:
Posta un commento