MILANO - Nel lancio della statuetta del Duomo di Milano contro il premier Silvio Berlusconi il 13 dicembre 2009 «non c'è nulla di vero». Le parole di Gioacchino Genchi, pronunciate dal palco del congresso dell'Idv a Roma, hanno scatenato diverse polemiche. E questo malgrado la nota attraverso cui, dopo il suo intervento davanti ai dipietristi, l'ex consulente di de Magistris, abbia smentito di aver mai messo in dubbio la matrice dell’aggressione al premier in piazza Duomo
LE FRASI AL CONGRESSO IDV - Dopo la perdita di popolarità per «l'outing della moglie di Berlusconi e il fuorionda» di Gianfranco Fini a Pescara, «provvidenziale - aveva detto Genchi al congresso Idv - è arrivata quella statuetta che miracolosamente ha salvato Berlusconi dalle dimissioni che sarebbero state imminenti». Genchi per sostenere la sua tesi avevi citato la sua «esperienza in polizia» e i «video che tanti giovani propongono su Youtube per capire che nel lancio non c'è nulla di vero». Poi aveva puntato il dito contro la scorta che «è come un anello o un preservativo che non può essere rotto», e contro lo stesso Berlusconi che «è uscito da quell'anello». E aveva parlato anche di una «pantomima coronata da quell'uscita di quel fazzoletto nero ed enorme che sembrava quello di Silvan, dal quale mancava solo che uscisse un coniglio». Genchi aveva anche ricordato la vicenda di diversi anni fa quando Berlusconi, all'epoca all'opposizione, mostrò «un cimicione enorme che ritrovò nel suo studio accusando le procure rosse e che era chiaramente falso».
LE REAZIONI - Immediata la reazione del Pdl. «Ma come si permette lo spione Genchi di pensare che l'aggressione a Berlusconi è stata una montatura?», ha protestasto il vicepresidente dei senatori del Pdl Francesco Casoli. «È una vergogna che tale oscuro personaggio parli senza pensare minimamente alle sciocchezze che dice». Contro l’intervento di Genchi si è anche il ministro per l’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi: «È inaudito - ha detto riferendosi all’Idv - che un partito che è stato al governo e vuol tornarci presta la tribuna per esporre una tesi così grottesca e offensiva dell'intelligenza degli italiani». E il portavoce del Pdl Daniele Capezzone ha commentato: «Sempre peggio. Da una parte, la vergogna di chi arriva a negare l'attentato contro Berlusconi; dall'altra, la reticenza e le mancate spiegazioni sulle storie opache che riguardano l`ex pm; e infine, il fatto che Di Pietro rivendica sempre più chiaramente la guida della sinistra, con il povero Bersani che subisce imbarazzato». «Sorge il dubbio che qualcuno desideri un altro caso Tartaglia», ha aggiunto. Dura la reazione contro l'Idv del leader centrista Pier Ferdinando Casini: «L'Idv è un ostacolo per ogni alleanza di governo con il Pd. Un partito che non riconosce l'aggressione a Berlusconi è un ostacolo per ogni alleanza di governo con il PD», ha detto Casini. «Non è un partito serio quello che dà voce a Genchi per dire che l'aggressione a Berlusconi non è vera. Siamo sulla Luna» ha aggiunto.
L'IDV - Anche Antonio Di Pietro ha preso le distanze dalle dichiarazioni di Genchi e da ogni ipotesi che metta in dubbio la matrice violenta dell’aggressione del premier. «La teoria del finto attentato mi pare inimmaginabile e fantasiosa. Purtroppo la statuetta in faccia al presidente del Consiglio c’è stata ed è stato un atto grave ed inaccettabile. Credo che sia bene non costruirci teoremi sopra», ha taglia to corto il leader Idv. Dello stesso avviso Massimo Donadi: «È grave - ha detto - che Genchi abbia fatto certe affermazioni al congresso di Idv, noi rinnoviamo la nostra ferma condanna del gesto di Tartaglia». .
LA NOTA - Nel tardo pomeriggio, lo stesso Genchi fa retromarcia, spiegando attraverso una nota di essere stato frainteso. «È evidente - scrive il consulente informatico - che il mio intervento di oggi è stato totalmente frainteso. Le mie parole, infatti, non facevano alcun riferimento alla dinamica dell'attentato e non intendevano affatto metterne in dubbio la veridicità. Mi riferivo, in realtà, a quanto accaduto immediatamente dopo, ovvero, al fatto che la scorta del presidente del Consiglio non abbia provveduto con tempestività ed immediatezza ad allontanare il premier da quella situazione di grave pericolo».
Redazione online
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