LUNGA vita a blog e blogger. Dopo decenni di incertezza sulla natura dei "diari della rete", la Cassazione ha sciolto ogni dubbio: i blog non sono testate giornalistiche e non devono essere registrati in tribunale. Di conseguenza non possono incorrere nel reato di stampa clandestina previsto dalla legge 47 dell'8 febbraio 1948, meglio conosciuta come legge sulla stampa. La terza Sezione della Corte - presieduta da Saverio Felice Mannino, con la relazione del magistrato Santi Gazzara e la presenza del sostituto procuratore generale Policastro - si è pronunciata sul caso del giornalista e blogger siciliano Carlo Ruti, giudicato colpevole di stampa clandestina in primo e secondo grado.
Una vicenda che inizia nel 2004. Ruti viene querelato per diffamazione dal procuratore della Repubblica di Ragusa Agostino Fera per aver pubblicato sul suo blog "Accade in Sicilia" alcuni documenti relativi all'assassinio del giornalista Giovanni Spampinato, ucciso a Ragusa nel 1972 a soli 22 anni. Alla fine del processo, nel 2008, il Tribunale di Modica condanna il giornalista sia per il reato di diffamazione che per quello di stampa clandestina. Il blog, secondo il giudice, è una testata come lo sono i quotidiani e senza la registrazione è "clandestino" e deve essere chiuso. Nel 2011 arriva anche la conferma della Corte d'Appello di Catania. Intorno al caso, unico nel suo genere in Europa, si apre un dibattito mondiale animatissimo. Esperti, attivisti e blogger, preoccupati per il destino di migliaia di blog e altre forme di espressione
su internet, si mobilitano in supporto al giornalista e sessanta storici italiani firmano un lettera di solidarietà.
Ieri la sentenza che finalmente permette ai blogger un sospriro di sollievo. Ma la rete non parla di guerra vinta. "Il quadro normativo - scrive l'avvocato Guido Scorza sul suo blog - interpretato ed applicato dai Giudici di Modica e da quelli di Catania è, ancora, quello, ambiguo e confuso, sulla cui base questi ultimi sono pervenuti alle conclusioni ora travolte dalle decisione della Cassazione". Esistono altri casi che non sono andati a buon fine come quello di Ruti e per cui il popolo del web chiede al Parlamento di cambiare la normativa èper una maggiore tutela della libertà di espressione online.
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