06 marzo 2014

Emergenza diritti umani in USA

Dal sito della Stampa


“Condannato a morte come un cane
In America i detenuti sono schiavi”

Il testamento choc di Ray Jasper, che sarà giustiziato il prossimo 19 marzo
“Questa lettera potrebbe essere la mia dichiarazione finale sulla terra: il sistema giudiziario è davvero corrotto oltre ogni possibilità, se un prigioniero si rifiuta di lavorare lo chiudono in isolamento. Avete idea di che effetto ha questo sulla mente umana?”
INVIATO A NEW YORK
«Intendo usare questa lettera come una specie di piattaforma, perché potrebbe essere la mia dichiarazione finale sulla Terra». Così comincia il documento inviato da Ray Jasper al sito Gawker, che sta facendo discutere l’America.  

Nel 1998 Ray aveva 19 anni ed era stato condannato a morte per l’omicidio dell’impresario David Alejandro. Jasper non era quello che aveva materialmente ucciso, ma il responsabile aveva ammesso la sua colpevolezza e aveva ricevuto l’ergastolo. Ray invece era andato a processo come complice e aveva ricevuto la pena capitale. All’epoca aveva una figlia nata da poche settimane, che adesso ha 15 anni e va a scuola. Il 19 marzo, esauriti gli appelli, lui verrà giustiziato: «Lo stato del Texas ha deciso di uccidermi come un cane rabbioso. State parlando con un uomo che è stato giudicato indegno di respirare la vostra stessa aria». 

Jasper scrive che «il sistema giudiziario è davvero corrotto oltre ogni possibilità di ripararlo. In base al Tredicesimo emendamento della Costituzione, tutti i detenuti in America sono considerati schiavi. Se un prigioniero si rifiuta di lavorare ed essere schiavizzato, lo chiudono in isolamento: avete idea di che effetto ha questo sulla mente umana?».  

Ray continua così: «Le sentenze sono ormai fuori controllo. La gente riceve l’ergastolo per reati in cui non c’è stata violenza. Conosco un ragazzo di 24 anni che ha preso 160 anni di prigione per una rapina da 500 dollari, in cui nessuno fu colpito. E’ pura oppressione. Una moltitudine di giovani sono stati buttati via in questa generazione». Secondo Jasper, «l’altra medaglia di questo problema è il mondo del business che fa soldi con i detenuti. Il punto non è la punizione per il crimine, ma i profitti. Le prigioni sono un’industria miliardaria, con 122 carceri che detengono quasi 2 milioni di persone. Ci sono compagnie che spiegano alle piccole città come aprire altri penitenziari rilancerebbe l’economia e creerebbe lavoro. Come possono queste persone favorire condanne che consentono la riabilitazione dei detenuti? Sarebbe un cattivo affare, e quindi la politica spinge per dare sentenze più lunghe». 

Naturalmente Ray è contro la pena di morte: «Non la condivido. E’ una pratica del sud, che viene dall’antica mentalità del linciaggio. Quasi tutte le esecuzioni avvengono nell’America meridionale. La pena capitale va abolita. L’ergastolo è già una condanna a morte. Se deve esistere, la pena capitale è giustificata solo per omicidi di massa o atti terroristici. Pensate, ad esempio, che in Texas non ti condannano a morte per l’omicidio in sé, ma perché l’omicidio era associato ad un altro reato. Che senso ha? Se hai ucciso non vieni giustiziato, ma se poi hai rubato i soldi dal portafoglio della vittima sì. Io, ad esempio, non sono stato condannato perché avevo ucciso, ma per la law of parties. L’omicida ha ammesso la colpa ed ha ricevuto l’ergastolo. Io sono responsabile anche delle sue azioni, come complice, ma solo io sono stato condannato a morte». Anche il sistema usato per le esecuzioni è inaccettabile: «L’iniezione letale viene dalle pratiche dei nazisti nell’Olocausto contro gli ebrei. Adottarla per uccidere le persone, quando è incostituzionale usarla per i cani, significa dire qualcosa di davvero crudele e inumano. Ma alla gente non importa, perché tanto vengono ammazzati esseri orribili». 

Un altro problema, ovviamente, è la razza: «Io sono finito in prigone a 19 anni, e quando sono entrato ho pensato: non ho mai visto tanti neri in vita mia! Sembrva di essere arrivato in Africa. Come cantava 2Pac, i penitenziari sono colmi, riempiti di neri. E’ davvero un’epidemia. In larga parte è una crisi di identità. Noi neri non conosciamo la nostra storia. Veniamo da una cultura diversa dai bianchi, ma essendo schiavi, ci siamo persi. Abbiamo perduto le nostre radici. Pensiamo che la schiavitù sia la nostra radice». 

Il punto finale della lettera di Jasper riguarda la religoone: «Diversi predicatori in Texas e nel sud dicono che la pena di morte viene da Dio ed è sostenuta dalla Bibbia. Ma le esecuzioni sono un tema politico, non spirituale. I pastori che le sostengono predicano il male. Se Dio voleva che io morissi, lo avrebbe fatto già da tempo. Io ci parlo ogni giorno, e lui non mi dice che sono una minaccia da eliminare. Come spiegava San paolo, io sono il capo dei peccatori, ma Dio ha avuto pietà di me. Credere che qualcuno sia oltre la possibilità di redimersi è contrario all’intera fede cristiana». 

L’ultimo pensiero è per la figlia: «Io sono un padre. Mia figlia aveva sei settimane quando fui rinchiuso, ora ne ha 15 e va al liceo. Nonostante le circostanze, ho cercato di essere il miglior padre del mondo. Sapevo che il corso della sua vita sarebbe stato determinato in larga parte da quello che le avrei insegnato. E’ così per tutti. Come diceva Aristotele, i miglioramenti nella società cominciano sempre con l’istruzione dei giovani. Con sincertà, Ray L. Jasper». P.S. «Scusate la lunghezza della lettera, ma stavo parlando dal mio cuore». 

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