HOMAN SQUARE, LA PRIGIONE DI CHICAGO DOVE LA POLIZIA TORTURA I DETENUTI
Iacopo Luzi da Chicago ha indagato sul dipartimento di polizia statunitense che nell'ultimo anno è stato denunciato come un luogo di abusi di potere
Il centro di detenzione segreto di Homan Square nell'illustrazione di Yara de Freitas per TPI |
CHICAGO – Homan Square è un dipartimento della polizia di Chicago situato nel West Side della città. Sebbene dall’esterno possa sembrare un semplice ex magazzino della Sears, una catena di grande distribuzione, al suo interno si sospetta che siano state detenute illegalmente più di 7mila persone negli ultimi undici anni.
Secondo un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, che ha portato alla luce la notizia nel gennaio 2015, e le numerose testimonianze di persone che hanno visitato la prigione, questa struttura di proprietà della polizia di Chicago teoricamente adibito a deposito per le prove e i materiali recuperati dagli agenti, sarebbe in realtà un centro di detenzione segreto e un posto dove spesso hanno luogo interrogatori non autorizzati.
Una volta al suo interno, le persone in arresto non sarebbero autorizzate nemmeno a contattare i propri familiari o a chiamare un avvocato.
Per chiunque arrivi di fronte a Homan Square, lo scenario appare fin da subito inquietante: non c’è una vera e propria entrata e l’unico accesso pubblico è una piccola porta su un lato dell’edificio.
Molte pattuglie della polizia vanno e vengono durante tutto il giorno e in prossimità dello stabile i cellulari smettono immediatamente di avere campo. Secondo i dati pubblicati dal Guardian a settembre dell’anno scorso, l’82,2 per cento dei detenuti di Homan Square è di origine afroamericana, nonostante la minoranza nera a Chicago costituisca solo il 32,9 per cento della popolazione.
A Homan Square sono stati registrati 7.185 arresti dall’agosto 2004 al giugno 2015, ma solo nello 0,94 per cento dei casi la polizia ha concesso a un avvocato di accedere al suo interno per assistere un proprio cliente.
Questa percentuale rivelerebbe una pratica della polizia di Chicago mirata a ridurre al minimo l’accesso degli avvocati durante la prima e più fondamentale parte dell’interrogatorio, quella in cui i diritti costituzionali dell’arrestato sono spesso più vulnerabili e dove è più facile spingerlo all’autoincriminazione.
Molte notizie sono trapelate a riguardo di Homan Square negli ultimi dodici mesi, mentre il 19 ottobre 2015 è stata intentata una causa civile contro sei agenti della Chicago Police Department (CPD) per difendere tre persone di colore che, secondo l’accusa, si suppone abbiano subito abusi fisici e psicologici all’interno di Homan Square.
Questa è stata la prima azione legale contro Homan Square in cui si accusa la polizia di Chicago di utilizzare “tecniche di tortura coercitive incostituzionali” all’interno della struttura e mira a dimostrare come queste pratiche siano parte di una tendenza generale a discriminare la gente di colore da parte della polizia.
Il tutto insabbiato e tenuto nascosto da un “codice del silenzio” tra agenti. Stando a quanto riportato nella causa, Jessie Patrick, Atheris Mann e Deanda Wilson, difesi dal People’s Law Office, sarebbero stati erroneamente arrestati dal sergente Frank Ramaglia, uno degli agenti imputati; i tre sarebbero poi stati incolpati e imprigionati per circa 15 mesi grazie a prove inesistenti e create dagli stessi agenti. Presumibilmente dallo stesso sergente Ramaglia, secondo quanto dichiarato nella causa.
Ci siamo recati a Homan Square per ottenere alcune informazioni. Tuttavia, la polizia non ha voluto rilasciare dichiarazioni, come già successo in passato. Anzi, non appena abbiamo iniziato a scattare delle foto, subito un agente all’interno di una volante si è fermato e ci ha chiesto: “Cosa fate qui? Siete giornalisti? Andate via, non c’è niente da vedere”.
In effetti, l’unica dichiarazione ufficiale della polizia per quanto riguarda Homan Square è un documento, rilasciato il primo marzo 2015, che attesta: “Le accuse di utilizzo di violenza fisica durante gli interrogatori sono inequivocabilmente false, sono offensive e non sono supportate da alcuna prova”.
Secondo lo stesso documento, “Homan Square è uno stabile di proprietà del dipartimento di polizia di Chicago che ne fa uso dal 1999. Il dipartimento svolge svariate funzioni, alcune delle quali sono molto complesse e delicate mentre altre no. A ogni modo, non è una struttura segreta”.
La causa descrive gli eventi avvenuti il 21 ottobre 2013: Mann e Patrick stavano sbrigando delle commissioni quando la loro macchina è stata fermata da una pattuglia, entrambi sono stati perquisiti senza alcun motivo e arrestati da due agenti di polizia, per l’esattezza il sergente Ramaglia e l’agente Kevin Connoly, per possesso di droga, nonostante non avessero niente.
Successivamente sono stati condotti a Homan Square. Qualche ora dopo, Deanda Wilson era in un negozio vicino St. Louis Avenue per comprare una bibita, quando l’agente di polizia Alejandro Miranda lo ha arrestato per la stessa ragione. Nella loro causa, Mann, Patrick e Wilson dichiarano di essere stati vittime di una serie di abusi compiuti dalla polizia, come insulti razziali, minacce verbali e fisiche, perquisizioni integrali e una detenzione ai limiti della decenza.
Secondo i tre, durante la loro detenzione a Homan Square non gli sarebbe stato fornito cibo, acqua né la possibilità di usare il bagno. Tanto da obbligare Wilson a farsela addosso per quanto non ce la facesse più.
Secondo gli avvocati dei tre arrestati, la polizia avrebbe provato a convincerli a collaborare, fornendo finte accuse e producendo prove ad hoc per giustificare i loro arresti. “I tre clienti del People’s Law Office sono innocenti. Patrick e Mann sono stati illegalmente detenuti per 15 mesi nel carcere della Contea Cook e solo il 14 gennaio 2015, un giudice li ha assolti da tutte le accuse.
Wilson è ancora dentro in attesa del processo”, ha dichiarato l’avvocato di Wilson, Shubra Ohri. Ohri dichiara: “Questa causa civile è stata intentata perché quello che è successo ai nostri clienti ha violato il Quarto Emendamento. Il nostro asso nella manica per provare la loro innocenza è il fatto che il dipartimento di polizia deve fornire obbligatoriamente prove per dimostrare la colpevolezza di un arrestato, quindi se veramente hanno trovato della droga addosso ai nostri clienti vogliamo fisicamente vedere cos’hanno trovato. Se hanno inventato tutto, non sarà semplice per loro fornirci delle prove”.
Nella causa si parla di condotta anticostituzionale della polizia a Homan Square. Fra le varie accuse, un agente avrebbe puntato un coltello alla gola di Wilson, tagliando i lacci della sua felpa dopo la richiesta di Wilson di parlare con il suo avvocato e il rifiuto di fornire informazioni sullo spaccio di droga nel suo quartiere, in quanto totalmente ignaro della cosa.
Un altro agente, invece, avrebbe preso Mann per il collo, minacciandolo di arrestare “il culo nero” di sua moglie e dicendogli che non avrebbe visto crescere il suo giovane figlio, se non avesse fornito qualche informazione utile su uno spacciatore di eroina di sua conoscenza.
La moglie di Mann, contattata telefonicamente, ha dichiarato: “Mio marito non vuole parlare più con nessuno. Non vogliamo pubblicità perché lui non vuole rivivere cosa è successo lì. È stata una vera tortura. Un vero e proprio inferno”.
Nonostante la causa civile sia stata depositata quasi tre mesi fa, il dipartimento di polizia di Chicago non ha ancora risposto all’accusa del People’s Law Office e resta difficile da ipotizzare una data per un possibile primo processo.
*Illustrazione a cura di Yara De Freitas, artista italo-brasiliana di 27 anni
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