20 maggio 2009

Scodinzolini, il nuovo direttore del Tg1


Ripropongo qui un articolo di Marco Travaglio di 5 anni fa al fine di presentare il nuovo direttore del tg1.


Quando, fra qualche anno, gli storici studieranno la nascita e la crescita del regime plutomediatico berlusconiano, il primo capitolo dovrà essere dedicato ai giornalisti.

Nel reparto «sugheri», primeggerà il sempre a galla Bruno Vespa (ma con il dovuto rispetto, visto che Bruno Vespa sarà a galla anche dopo la caduta del regime). L'altra sera l'insetto ha persino scoperto l'esistenza di Giovanni Sartori. Non, si capisce, per parlare contro il conflitto d'interessi e la legge Gasparri, ma contro il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.

Della tortura esportata dagli americani insieme alla democrazia, invece, non c'è stato tempo di parlare. Salvo un fugace accenno di Ignazio La Rissa, tutto giulivo per la grande prova di democrazia offerta dagli americani. Che sì, magari ti torturano, ma poi lo fanno vedere in tv. Sono soddisfazioni. «Nelle dittature - diceva La Rissa - certe cose non si vengono a sapere, mentre in una democrazia l'esercito stesso le denuncia, poi si apre un inchiesta e si rimuovono i generali». Un po' come in Italia per Ustica.

Nel reparto «tengo famiglia» si parlerà di Barbara Palombelli, la consorte del leader dell'opposizione che ogni sera fa da spalla al manganellatore capo del regime. Ieri, nella sua rubrica su Sette, la signora si domandava «una volta per tutte»: «perchè mai il ponte sullo stretto dovrebbe essere di destra?». Più che di destra, c'è il sospetto che il ponte sia di mafia.

Nel reparto «humour» si parlerà molto de Il Giornale, che anche ieri ha fatto sbudellare i suoi lettori con un sottotitolo da affissione: «Giro di vite del governo sul falso in bilancio».

Nel reparto «embedded» sarà giocoforza occuparsi di Piero Ostellino e Augusto Minzolini, cronista della Stampa e rubrichista di Panorama, detto Scodinzolini per la sua fiera indipendenza che mostra dall'oggetto dei suoi articoli: Berlusconi. Ostellino, sul Corriere, trova che ci sono giornalisti e intellettuali «caratterizzati dall'aggressività, dall'intolleranza, dalla mancanza di rispetto delle idee altrui, dalla delegittimazione di chi non la pensi allo stesso modo». Qualche ingenuo pensa che ce l'abbia con gli epuratori Rai o con i telesquadristi Mediaset? Ma no, ce l'ha cori «l'intendenza giornalistica e intellettuale al seguito del centrosinistra». Minzoini, su Panorama, redarguisce «chi usa il video come trampolino per la politica». qualche ingenuo pensa che ce l'abbia con Letta, Guzzanti, Del Noce, Michelini, Gawronsky, Cecchi Paone e gli altri volti noti del giornalismo televisivo passati in Parlamento o prossimi a passarci? O magari a un signore che il video come trampolino per la politica lo usa da dieci anni essendo proprietario di tre tv? Ma no, ce l'ha con Lilli Gruber e Michele Santoro. I quali, candidandosi, smentirebbero «il pericolo di regime». Ora, la Gruber era stata appena rimpatriata insieme alla collega Botteri dopo aver chiamato col suo nome la resistenza irachena all'occupazione angloamericana, in una Rai dove si censura persino il vocabolario della lingua italiana.

Quanto a Santoro, non può più lavorare in Rai da quando il premier, controllore di tutti i video d'Italia, isole comprese, comunicò dalla Bulgaria che non doveva più lavorare. Sarebbe dunque interessante sapere da Scodinzolini quale video avrebbe usato Santoro come trampolino per la politica, visto che tutti i video, privati e pubblici (si fa per dire) gli sono da tempo preclusi, in barba a varie sentenze del Tribunale del Lavoro di Roma che ordinano alla Rai di affidargli, come da contratto, un programma in prima serata.

Sulla scelta di alcuni giornalisti di candidarsi in questo o quel partito, ciascuno può pensarla come vuole. Ma il caso Santoro fa storia a sè: perchè Santoro non lascia il suo mestiere per sceglierne un altro. Il suo mestiere gli è stato impedito da un diktat politico che ha fatto inorridire il mondo intero (salvo l'Italia). Come ha scritto il professor Sartori, in un qualunque altro paese, visti i suoi indici di ascolto, Santoro sarebbe stato assunto da una delle tv concorrenti che se lo sarebbero conteso a morsi. Nello Stato semilibero di Berlusconia, nessun altro gli ha offerto un posto. Per la semplice ragione che non esiste nessun altro. Cioè che siamo in un regime mediatico: talmente subdolo da convincere della propria inesistenza non solo gli Scodinzolini, ma persino i suoi avversari. Non è la prima volta e non sarà l'ultima. I19 febbraio 2002, intervistato da Oggi, Indro Montanelli ricordava: «Io il ventennio fascista l'ho vissuto. E l'unico campo in cui quel regime si mostrò oppressivo fu quello dell'informazione... Eppure io stesso impiegai qualche tempo ad accorgermi di quanto insinuante fosse la censura del Minculpop. E altro me ne occorse per cominciare a soffrirne. E altro ancora per trovare la forza di ribellarmi».

3 commenti:

Gan ha detto...

Ottimo blog, complimenti!

Jean Lafitte ha detto...

grazie Gan, torna pure a trovarmi

Gan ha detto...

Tornerò molto volentieri!