08 ottobre 2009

Gino Giugni 1927-2009



Con colpevole ritardo (sono stato impegnatissimo questo ultimo mese) voglio ricordare la figura di questo grande personaggio silenzioso della storia del nostro paese. Il padre dello Statuto dei Lavoratori.

Il modo migliore per farlo è credo, quello di riportare qui una sua intervista rilasciata alla Rai nel 1996. Vi invito alla lettura perchè è molto interessante per quanto breve.


Esiste un problema di alfabetizzazione informatica anche come strumento per formare i lavoratori?

Il telelavoro nella forma interattiva può porre, naturalmente, problemi di questo tipo, ma nell'insieme è una cosa molto semplice: dipende dal contenuto del telelavoro. E' chiaro che, se l'impiego interattivo esige, come naturale conseguenza, che ci sia un dialogo continuo tra il computer centrale ed il computer periferico intorno a problemi di particolare complessità, si richiederà per il dipendente e per il lavoratore la capacità di saper affrontare temi complessi. Se si tratta di prenotazioni alberghiere o altre operazioni che vengono svolte attraverso l'uso del telelavoro, quindi prestazioni di carattere semplice, non vedo dove possa essere il problema. Ormai, l'uso del computer, per lo meno per coloro che hanno meno di quarant'anni, è una capacità abbastanza generalizzata: tutti lo sanno adoperare o sanno capire come adoperarlo.


Dal punto di vista della normativa, a Suo avviso ci sono dei punti in cui bisogna esplicitamente aggiornare?

In questa direzione c'è molto lavoro da fare, perché la normativa non c'è. Lo statuto risale a più di 25 anni or sono, e lì si parlava come strumento d'avanguardia della televisione di controllo sui lavoratori. Il computer non veniva neanche in mente al legislatore. Oggi, invece, il problema è proprio questo: come riuscire a garantire ai lavoratori quello spazio di normale autonomia e nello stesso tempo, naturalmente, dare all'imprenditore e all'impresa i mezzi per organizzare bene il lavoro degli altri perché l'impresa è fatta per organizzare il lavoro degli altri. Su questo punto, i passi avanti sono stati molto limitati, circoscritti ad ipotesi di contratti di lavoro ed in particolare contratti di lavori aziendali; una vera normativa di carattere generale ancora deve venire, probabilmente anche perché i problemi sono pochi, nel senso che i casi di telelavoro sono pochissimi. Qui stiamo parlando di una cosa che avverrà con sicurezza, ma che non è ancora avvenuta.


Un'altra questione interessante di cui si è molto discusso è: il telelavoro isola il lavoratore? E questo porta conseguenze sulla sindacalizzazione e sul coordinamento tra più lavoratori?


La domanda è maliziosa, il problema esiste ed esisterà ancora di più dopo, man mano che si diffonderà il telelavoro stesso. Credo che occorrerà adottare, probabilmente, qualche soluzione transitoria; una soluzione potrebbe essere quella di individuare dei luoghi in cui i "telelavoratori" si riuniscono per affrontare i loro problemi comuni. Però, il metodo e la soluzione sovrana che potrebbe risolvere il tutto potrebbe essere quella della teleconferenza; ma, evidentemente, in questo caso si richiede anche un insieme di impianti che non sono, per il momento, a nostra portata di mano, né sono a portata di mano del sindacato.



Questo prefigura, in qualche modo, una situazione in cui accanto al telelavoro ci sia una specie di telesindacalizzazione: le stesse modalità di organizzazione sindacale e di contatto tra i lavoratori possono avvenire attraverso strumenti tecnologici.


In un paese europeo è stata introdotta da un governo di destra una forma di voto per corrispondenza, soprattutto in ordine di scioperi. Qui, in luogo del voto per corrispondenza, si potrebbe avere un voto in tempo reale ed in questo caso è diverso perché prima del voto si può avere la discussione. Allora, si proietta sul piano informatico e della telematica tutta un'attività di comunicazione che diventa più complessa e sofisticata assumendo caratteristiche di profonda innovazione tecnologica, e molto probabilmente le condizioni di comunicazione tra lavoratori ed i loro sindacati si possono riaggiustare attraverso l'uso di questi mezzi. Naturalmente, stiamo parlando di cose che, per esperienza, ancora non abbiamo ben verificato, anzi abbiamo appena sfiorato. L'Italia è in ritardo, naturalmente, ma anche perché è in ritardo il telelavoro. Ci sono paesi dove l'avanzamento verso il telelavoro è molto più ampio ed in questi paesi, a valutazione complessiva, direi che si è fatto molto poco nell'utilizzazione della telematica ai fini della vita democratica.



Questo poi potrebbe essere un argomento non ristretto soltanto al campo del telelavoro ma anche alle questioni personali.


Certo. Indubbiamente, per certe forme di consultazione, io penso che sarà sempre necessaria l'urna; anzi, mi auguro che sarà sempre necessaria perché è un mezzo per responsabilizzare ed anche per comunicare. Però, naturalmente, ci sono dei momenti che preparano le elezioni, le votazioni, dove l'uso del mezzo informatico potrebbe facilitare moltissimo la circolarità dell'informazione stessa, della comunicazione ed anche della creatività.


Lei ha l'impressione che la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione, come le reti telematiche ed Internet, possano cambiare, in qualche modo, i modi comunicativi propri dei, relativamente, vecchi media?


Recentemente qui a Roma, presso la Luiss, si è tenuta una conferenza di Bill Gates: secondo la sua opinione cambierà tutto e a breve scadenza. Non so se questa profezia sia prossima ad avverarsi, ma, indubbiamente, l'innovazione sarà considerevole per quello che riguarda la gestione della democrazia stessa, per ciò che riguarda settori spaccati o spicchi della democrazia come possono esserlo il sindacato o la vita sul luogo di lavoro, l'azienda o l'impresa. Il giorno in cui non ci sarà più socializzazione tra le persone, quando, cioè, i lavoratori non si incontreranno più tra di loro, non entreranno e usciranno alla stessa ora (anche ad un orario sfalsato è importante che ci sia una compresenza), certamente, ci troveremo di fronte ad una condizione sociale molto diversa. Io penso che l'adattamento di tecnologie nuove potrà riempire queste lacune che andranno via via verificandosi, però dobbiamo pensarci per tempo. La teleconferenza, per esempio, certo, potrà supplire a molte di queste esigenze, perché attraverso l'impiego della teleconferenza tutti saranno in condizione di partecipare, mentre oggi non tutti sono in queste condizioni.



Ritiene che l'intervento pubblico possa avere una funzione di garanzia complessiva di democraticità delle tecnologie, di diffusione quanto più estesa possibile, oppure, anche in questo caso, sarà il mercato a garantire la massima estensione e diffusione delle tecnologie?


Io non credo alle virtù salvifiche del mercato. Esso deve essere sottoposto a forme adeguate di controllo da parte della legislazione, e la legge deve diventare la regola, la regola deve diventare il modo di gestire il mercato pur nei suoi spontanei equilibri. Per quanto riguarda questo modo diverso di lavorare mi sembra che il mercato non possa essere un fattore determinante o plasmante. Molti dei risultati deriveranno dalle regole. A questo punto dobbiamo guardare al mondo delle regole e cercare di districarci nell'ambito di esse, senza dimenticare che le regole si fanno e si disfano. Nelle regole c'è bisogno di una grande creatività.


Nessun commento: