21 luglio 2010

Nel Tibet "occupato" dalla Cina sono già riconosciuti tutti i diritti e principi che la commissione costituzionale della "democratica" Spagna ha negato ai catalani.

Dal sito Dazebao


Delusione a Barcellona fra i socialisti da sempre al potere. Nonostante gli impegni presi dal premier Zapatero, il tribunale costituzionale ha bocciato 14 articoli dell’Estatut, in una sentenza politica più che giuridica
MADRID – Che la sentenza del Tribunale costituzionale spagnolo fosse di natura essenzialmente politica lo si era capito dal fatto che i giudici si siano presi ben quattro anni per emetterla. D’altronde, in gioco c’era una questione essenziale per la Spagna: l’ammissione dello Statuto della Catalogna – già considerata Regione autonoma – al cui primo articolo si denomina come “Nazione” e che prevedeva, inoltre, l’introduzione del catalano come lingua ufficiale, anche prima dello spagnolo (dal quale diverge notevolmente).
Il premier Zapatero e il suo partito socialista, pur con molte cautele, si erano espressi favorevolmente alle richieste catalane, dati anche i forti legami esistenti fra i socialisti madrileni e la sinistra catalana, da sempre al potere a Barcellona. Il partito popolare spagnolo, all’opposizione dal 2004, ha però ferocemente contrastato il progetto di Costituzione catalana, ricorrendo al tribunale costituzionale ed eccependo una palese violazione di quelle norme con la Costituzione generale del 1976.
I giochi politici si sono riflettuti entro la Corte, che si è rigidamente divisa in questi quattro anni fra progressisti e conservatori. I primi, rappresentati dal giudice Pérez Vera, erano riusciti a sottoporre ai colleghi una bozza di risoluzione che sostanzialmente considerava l’Estatut conforme alla Costituzione spagnola. Ad aprile, però, una nuova maggioranza formatasi all’interno del consesso aveva bocciato irrimediabilmente la bozza del giudice Vera, prendendone in esame un’altra, perorata dal Presidente Maria Emilia Casas. Ieri, la Corte ha approvato in via definitiva questa sentenza, che rigetta 14 articoli dell’Estatut, i più importanti, considerandoli contrari alla Costituzione del 1976. I giudici – che si sono spaccati 6 a 4 – considerano illegittime le norme in materia di lingua catalana, l’istituzione del Consiglio di Giustizia catalano (equivalente al nostro Csm), il difensore del popolo e l’estensione della potestà tributaria (l’equivalente del nostro federalismo fiscale). La sentenza dei giudici non ha cassato il Preambolo dell’Estatut, dove si dichiara che la Catalogna è una Nazione, ma ha precisato che tale norma non ha alcuna validità giuridica, essendo ribadita «l’indissolubile unità della nazione spagnola, consacrata dalla Costituzione».
I giudici hanno soprattutto stigmatizzato quella parte dell’Estatut pervaso da un eccesso di sovranità, come appare evidente, ad esempio, nel caso dell’art. 6.1 il quale, introducendo la possibilità di considerare il catalano la lingua ufficiale, viola il precetto costituzionale spagnolo secondo cui l’unica lingua nazionale è, appunto, lo spagnolo (cioè il Castigliano).
Delusione fra i socialisti catalani. Il Capo della Generalitat Josè Montilla ha chiamato a raccolta i cittadini per manifestare contro quella che viene definita una decisione prettamente politica e centralista, che nega le legittime aspirazioni del popolo della Catalunya.(fine articolo- sull'argomento vedasi anche qui).


Bene, anzi male. Ora paragoniamo questa situazione con quella della Cina. In particolare riguardo al riconoscimento delle diverse nazionalità che la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (attualmente vigente) sancisce al paragrafo M del suo preambolo:

"La Repubblica popolare cinese è uno stato unitario plurinazionale
formato congiuntamente da ogni razza nell'intero paese. Rapporti di
uguaglianza, unità, aiuto vicendevole tra le nazionalità si sono
affermati e continueranno a rafforzarsi."

Non solo. Riguardo al principio di reciprocità del diritto-dovere di conoscere le lingue ( i "castigliani" che vanno a lavorare in catalogna dovrebbero imparare il catalano come accade per i catalani che vanno in castiglia) l'art. 134 della Costituzione della RCP recita.:

«I cittadini di tutte le nazionalità
hanno diritto ad usare la propria lingua e scrittura durante i
procedimenti giudiziari. Le corti del popolo e le procure del popolo
sono tenute a fornire traduzioni per quanti hanno una parte nella causa
giudiziaria e non comprendono la lingua e la scrittura corrente del
luogo. Nelle località dove una minoranza etnica dimora compatta
oppure dove varie minoranze risiedono insieme, si è tenuti ad
utilizzare le lingue correnti del luogo, durante le udienze; in
procedure, sentenze, notifiche ed in altri documenti si è tenuti ad
utilizzare la lingue o le lingue correnti del luogo, secondo le esigenze
di fatto».


Altri articoli della costituzione rilevanti in materia sono gli artt. 114, 117-121 e 134 Cost., che specificano i diversi diritti delle minoranze: ad esempio, i leader delle amministrazioni locali devono provenire dalla minoranza di riferimento; si riconosce autonomia finanziaria e indipendenza nell'amministrazione dello sviluppo economico, della cultura, dell'uso delle forze di sicurezza locali e della lingua madre nella pubblica amministrazione e nei tribunali.

Insomma tutto quello che i catalani avrebbero voluto ma che è stato loro negato dalla "democrazia" spagnola. Tutti diritti di cui godono invece i tibetani, gli uiguri etc...
Viene da chiederci ancora una volta, allora, che cosa voglia il Dalai Lama rivendicando più autonomia in Tibet. Più autonomia di così non può che dir altro che secessione. Pensiamo prima ai problemi, veri, della "democratica" Europa e poi a quelli immaginari della Cina e del Tibet.

7 commenti:

Lente sulla Cina ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Lente sulla Cina ha detto...

Ed e' esattamente cosi, non solo in Tibet ma in moltissime altre aree della Cina (come e' giusto che sia). Nelle campagne del Tibet e' difficile trovare qualcuno che parli decentemente il Putonghua. Recentemente siamo stati in Yunnan, nella zona del lago Lugu, al confine con il Sichuan, zona di diverse minoranze, ma soprattutto di Moso (un sottogruppo dei Naxi di Lijiang) si parla un Putonghua piuttosto raffazzonato, e non alcun problema nella vita quotidiana. Anche nel Guandong, dove si parla per lo piu' yueyu (quello che noi chiamiamo cantonese..anche se in questo per la scrittura non c'e' problema) si parla un putonghua molto relativo, accade spesso che la gente lo capisca senza problemi, ma si trovi a disagio a parlarlo di suo perche' non abituati.

Anonimo ha detto...

si lo so. il problema è farlo sapere agli altri, anche e soprattutto a tutte quelle persone che , in buona fede, credono alle scemenze che vengono loro propinate e che persino fanno attivismo pro dalai lama.

JL

Lente sulla Cina ha detto...

Per molte di quelle purtroppo, abbeverate magari alla fonte di Rampini (uno dei piu' insulsi giornalisti che abbia mai conosciuto), Visetti e compagnia bella, c'e' poco da fare. Tantissime volte ho provato a spiegare, a portare la mia esperienza di persona che ci vive e che conosce il posto..NON c'e' nulla da fare...ormai moltissimi hanno subito un lavaggio del cervello per anni, e non cambierebbero mai idea..nemmeno se vedessero con i propri occhi.

Anonimo ha detto...

e di Longo e Cavalera vogliamo parlarne?

JL

Lente sulla Cina ha detto...

Con Cavalera ci ho litigato diverse volte...finche' finalmente ha fatto armi e bagagli ed e' andato a Londra, posto a lui sicuramente piu' congeniale. Longo...seguo poco la tv, ma tanto son tutti molto molto simili

Jean Lafitte ha detto...

già...