IL NOSTRO PAESE E’ ORMAI ASSENTE NELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI: PERSE LE BATTAGLIE PER LA PRESIDENZA E IL MINISTERO DEGLI ESTERI UE, PER LA PRESIDENZA DELL’EUROGRUPPO, PER LE SEDI ESTERE UE: ORA ANCHE DRAGHI RISCHIA ALLA BCE..L’IMMAGINE DEL PAESE E’ DETERIORATA E PRESENTIAMO SEMPRE I SOLITI NOTI
L’Italia conta sempre meno in sede internazionale: questa purtroppo è ormai una constatazione su cui meditare.
In poco tempo abbiamo inanellato una serie di sconfitte cocenti. Massimo D’Alema sembrava lanciato verso il ministero degli Esteri europeo quando fu bruciato dall’inglese Catherine Ashton.
Mario Mauro era il candidato favorito come presidente del Parlamento europeo, ma è stato battuto dall’outsider polacco Jerzy Buzek.
Berlusconi voleva Tremonti alla presidenza dell’Eurogruppo che invece è rimasta a Juncker.
E pochi giorni fa l’ultima sconfitta: dalla riorganizzazione degli ambasciatori Ue abbiamo ottenuto solo due sedi minori (Albania e Uganda) su 29, contro le 5 ottenute dalla Spagna e i pezzi pregiati (Cina e Giappone) sono finiti a Germania ed Austria.
Secondo molti osservatori la nostra diplomazia è arrivata al punto più basso degli ultimi 65 anni.
Senza contare che quando ha uomini di livello internazionale da proporre, come Mario Draghi per la Bce o il Fondo monetario internazionale, provvede a silurarli il fuoco amico.
Se ricordiamo gli anni a cavallo del 2000 non si può dimenticare che eravamo riusciti a piazzare Prodi al vertice Ue, Monti e la Bonino su poltrone pesanti a Bruxelles, Ruggiero come numero uno del Wto, l’organizzazione del commercio internazionale, Arlacchi all’Onu come responsabile della guerra alla droga.
Siamo rimasti con Tajani all’industria e basta, il nostro peso specifico è diminuito enormemente.
Dove vanno ricercati i motivi di questa crisi?
Per molti dipende innanzi tutto dal fatto che da venti anni presentiamo sempre gli stessi candidati per gli incarichi di rilievo.
In secondo luogo la nostra immagine all’estero è deteriorata e finiamo marginalizzati nei posti chiave.
La prossima battaglia sarà nel 2011: quella per la nomina del numero uno della Banca Centrale europea, dove candidiamo Draghi a parole, salvo poi mettergli i bastoni tra le ruote, favorendo così la candidatura di Axel Weber, a causa della scarsa simpatia che corre tra Draghi e Tremonti.
Anche questa volta faremo il gioco dell’asse franco-tedesco, accontentandoci delle briciole?
Intenti a flirtare con Putin e Gheddafi, l’Italia sembra essersi dimenticata del suo ruolo europeo.
E se ne pagano le conseguenze.
In poco tempo abbiamo inanellato una serie di sconfitte cocenti. Massimo D’Alema sembrava lanciato verso il ministero degli Esteri europeo quando fu bruciato dall’inglese Catherine Ashton.
Mario Mauro era il candidato favorito come presidente del Parlamento europeo, ma è stato battuto dall’outsider polacco Jerzy Buzek.
Berlusconi voleva Tremonti alla presidenza dell’Eurogruppo che invece è rimasta a Juncker.
E pochi giorni fa l’ultima sconfitta: dalla riorganizzazione degli ambasciatori Ue abbiamo ottenuto solo due sedi minori (Albania e Uganda) su 29, contro le 5 ottenute dalla Spagna e i pezzi pregiati (Cina e Giappone) sono finiti a Germania ed Austria.
Secondo molti osservatori la nostra diplomazia è arrivata al punto più basso degli ultimi 65 anni.
Senza contare che quando ha uomini di livello internazionale da proporre, come Mario Draghi per la Bce o il Fondo monetario internazionale, provvede a silurarli il fuoco amico.
Se ricordiamo gli anni a cavallo del 2000 non si può dimenticare che eravamo riusciti a piazzare Prodi al vertice Ue, Monti e la Bonino su poltrone pesanti a Bruxelles, Ruggiero come numero uno del Wto, l’organizzazione del commercio internazionale, Arlacchi all’Onu come responsabile della guerra alla droga.
Siamo rimasti con Tajani all’industria e basta, il nostro peso specifico è diminuito enormemente.
Dove vanno ricercati i motivi di questa crisi?
Per molti dipende innanzi tutto dal fatto che da venti anni presentiamo sempre gli stessi candidati per gli incarichi di rilievo.
In secondo luogo la nostra immagine all’estero è deteriorata e finiamo marginalizzati nei posti chiave.
La prossima battaglia sarà nel 2011: quella per la nomina del numero uno della Banca Centrale europea, dove candidiamo Draghi a parole, salvo poi mettergli i bastoni tra le ruote, favorendo così la candidatura di Axel Weber, a causa della scarsa simpatia che corre tra Draghi e Tremonti.
Anche questa volta faremo il gioco dell’asse franco-tedesco, accontentandoci delle briciole?
Intenti a flirtare con Putin e Gheddafi, l’Italia sembra essersi dimenticata del suo ruolo europeo.
E se ne pagano le conseguenze.
Nessun commento:
Posta un commento