25 giugno 1991: La Slovenia proclama l'indipendenza. Da parte Serba poche reazioni per trattenere un paese troppo vicino alle potenze occidentali per poter rischiare una guerra aperta.
Stessa data: la Croazia dichiara anch'essa l'indipendenza. La Serbia reagisce, scoppia la guerra. Una guerra violenta, segnata da atti di pulizia etnica, che culmina nel violentissimo assedio di Vukovar. Poi vari "cessate il fuoco". Alla fine nel 1995 la Serbia cede e la Croazia diventa a tutti gli effetti uno stato.
1 Marzo 1992: la Bosnia dichiara l'indipendenza. Qui la guerra che ne consegue è di quelle indimenticabili. Stragi e massacri da ambo le parti, l'assedio di Sarajevo, la battaglia durissima per il controllo di Mostar. Alla fine la Serbia rinuncia alla Bosnia che diventa una nazione indipendente. Al suo interno c'è però anche la Repubblica Serba. Che non è indipendente e dovrà fondersi con la federazione Croato-Bosniaca. Insomma: i serbi di Bosnia non hanno diritto all'autodeterminazione.
1993: anche la Macedonia diventa a tutti gli effetti indipendente.
17 febbraio 2008: il Kosovo dichiara unilateralmente la sua indipendenza, violando ogni norma di diritto internazionale. Il mondo accorre a riconoscere il nuovo Stato.
Ora: se qualche serbo è incazzato con chi, in nome dell'autodeterminazione dei popoli ha favorito lo smembramento della nazione Jugoslava prima e Serba poi non c'è di che stupirsi. Se aggiungiamo che il Kosovo è la culla della cultura e del popolo serbo e che ora questo è in mano ai terroristi dell'UCK e ai clan della mafia albanese la rabbia diventa condivisibile.
Se la scusa per tale protratto smembramento è il principio dell'autodeterminazione dei popoli allora sorge una domanda: a quando l'estensione di tale diritto anche alla Serbia?
Non giustifica le violenze allo stadio di ieri sera, ci mancherebbe. Ma liquidare il tutto con un dispregiativo "Slavi!" non è cosa che denoti grande intelligenza.
La strana serata di Marassi
Marco Cedolin
Strano ritengo sia l'unico aggettivo adatto a rappresentare il "teatrino" andato in scena martedì sera alllo stadio di Genova, in occasione della partita di calcio Italia – Serbia, valevole per le qualificazioni alla fase finale del prossimo campionato europeo.
Una commedia non molto edificante, raccontata da giornali e TV con toni da tragedia ed un tale profluvio di aggettivi roboanti da far venire l'orticaria a chiunque non condivida l'informazione urlata e visionaria oggi tanto in voga.
La rassegna stampa delle prime pagine dei giornali di stamane è di quelle da mettere i brividi:
"Le Bestie" titola la Gazzetta dello Sport, "Guerriglia serba l'Italia non gioca", titola La Stampa, "Inferno a Genova, ci siamo arresi a lui" (lui sarebbe l'ultrà tatuato nella foto) titola il Corriere dello Sport, "Vergogna di Serbia, la bambina fra le belve", titola Tuttosport. E ad esse fanno eco decine e decine di articoli con titoli e sottotitoli che parlano di notte di follia, città messa a ferro e fuoco, violenze inaudite, per arrivare alle parole di Maroni che trovatosi nell'occhio del ciclone in qualità di ministro dell'Interno è arrivato a dichiarare "abbiamo evitato una strage".....
Cosè dunque accaduto ieri sera a Marassi per meritare titoli di questo tenore, aggettivi a sproposito usati a profusione e perfino un "vergognoso" paragone con la tragica notte dell'Heysel azzardato dal telecronista che gestiva la telecronaca della partita su RAI uno?
Decine di auto incendiate e distrutte? Bar e ristoranti devastati e vetrine spaccate in tutta la zona prospiciente lo stadio? Scontri selvaggi fra tifoserie con morti e feriti?
A ben guardare la cronaca degli avvenimenti e tutte le immagini disponibili, nulla ditutto ciò.
Semplicemente è accaduto qualcosa di strano.
Strano che qualche centinaio di tifosi serbi, larga parte dei quali conosciuti alle forze dell'ordine internazionali, abbiano potuto recarsi in trasferta a Genova, senza venire preventivamente intercettati e controllati dalla polizia.
Strano che le forze dell'ordine italiane non fossero state informate dai propri omologhi serbi della presenza di un gruppo di facinorosi intenzionati, anche per motivi di risentimento politico nei confronti del loro governo, a "mettersi in luce" su un palcoscenico d'eccezione, creando disordini e magari riuscendo a fare sospendere l'incontro.
Strano che la polizia abbia permesso agli ultras in questione di fare incetta di fumogeni nei negozi di Genova (come da loro stessi dichiarato), mentre normalmente in occasione delle partite perfino la distribuzione delle bevande alcoliche vine vietata anche a molti km di distanza dagli stadi.
Ancora più strano nel paese che ha imposto agli appassionati di calcio italiani la via crucis della tessera del tifoso, che gli ultras serbi abbiano potuto introdursi all'interno dello stadio con tutta la scorta di fumogeni che poco prima avevano acquistato in città.
Le stranezze tutto sommato finiscono qui, poichè il resto altro non è se non la risultante di tali stranezze.
Gli ultras serbi di cui sopra, non appena i giocatori sono scesi in campo, hanno iniziato ad andare in escandescenze, arrivando a tagliare in parte la rete di recinzione, scheggiare un paio di vetri di quelli che li separavno dal settore attiguo e accendere alcuni fumogeni, poi lanciati in campo all'indirizzo dei giocatori. Da qui il rientro degli stessi negli spogliatoi.
Nessun contatto e nessuno scontro con i tifosi italiani. Nessuna rissa e nessuno scontro neppure con i molti tifosi serbi non ultras che sedevano accanto a loro. Nessuno scontro con le forze dell'ordine che nel frattempo erano scese sul terreno di gioco, costituendo un cordone a ridosso del settore dei tifosi incriminati, e che opportunamente si sono ben guardate dal "caricare" gli ultras serbi, ben consapevoli del fatto che avrebbero messo a repentaglio l'incolumità di molte persone che nulla avevano a che fare con gli incidenti. Magari avessero usato lo stesso buon senso anche in Val di Susa, ad Acerra e in molte altre occasioni.
Poi il tentativo, solo in parte riuscito, di calmare gli animi da parte dei giocatori serbi, recatisi sotto la curva senza venire colpiti da alcun oggetto e la decisione d'iniziare la partita vera e propria.
Partita che dopo circa sei minuti veniva definitivamente sospesa in seguito al lancio di due fumogeni nell'area di rigore prospicente agli ultras, dove stazionava il portiere italiano.
Lo stadio che si svuotava mestamente con le persone e le famiglie deluse per avere speso soldi e tempo senza essere riusciti a vedere una partita di calcio.
Infine la polizia che più tardi veniva a contatto con gli ultras serbi nei pressi dei loro pullmann (probabilmente con l'intento di procedere ad identificazioni ed arresti), incappando nella reazione dei più facinorosi e patendo il leggero ferimento di due agenti.
Una serata poco edificante che lascia con l'amaro in bocca, non tanto perchè siano accadute violenze eclatanti e incidenti di estrema gravità, ma soprattutto perchè in virtù di tante stranezze è forte il convincimento che queso epilogo si sarebbe potuto evitare, permettendo che si parlasse solo di sport.
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