16 dicembre 2010

Cina e dintorni


Il microblog di Bo Xilai. Rosso, naturalmente


Profondo rosso. Lo spirito d'iniziativa di Bo Xilai, segretario del Partito comunista della municipalità di Chongqing (una trentina di milioni d'abitanti nel "grande Sudovest"), è familiare ai cinesi. Ricopre la carica dal 2007, dopo essere stato potente ministro del Commercio estero. Il dibattito se il nuovo ruolo fosse stata una promozione o un allontanamento dal vertice del potere è stato sorpassato dalla spregiudicatezza con cui Bo, figlio di uno dei padri della Repubblica Popolare, interpreta la sua posizione.
CANZONI E SMS L'ultima mossa è il lancio di un microblog rosso, un Twitter neo-marxista che da una decina di giorni punta a tenere vivo lo spirito rivoluzionario di Chongqing: "Mi piacciono queste parole del Presidente Mao: il mondo è nostro...", uno dei suoi primi commenti. Prima del microblog rosso erano venute le canzoni rosse (da cantare a scuola, al lavoro, nel quartiere, anche in casa), gli slogan per le strade, gli sms, le gare di canto e di recitazione di testi d'antan (rossi), lettura di testi classici edificanti.
LA COSTITUENCY La scorsa settimana a godere di una performance canora rivoluzionaria e rossa era stato il vicepresidente della Repubblica, e segretario designato del Partito nel 2012, Xi Jinping. Bo Xilai aveva alte ambizioni politiche. Ora, con le posizioni di segretario generale e di premier assegnate (primo ministro dovrebbe essere Li Keqiang), Bo potrebbe comunque puntare a un posto nel comitato permanente del Politburo. I microblog sono diffusi tra i dirigenti e i funzionari di Partito e l'uso delle nuove tecnologie viene incoraggiato dall'alto. Ma Bo ne fa un uso come se avesse a che fare con un elettorato di tipo occidentale: coltiva la sua base, vuole conquistare la sua costituency, si crea un seguito. Anche ricorrendo a formule di una volta, come spedire gli studenti universitari nelle campagne e nelle fabbriche, a imparare da contadini e operai (le professioni meno desiderate per i loro figli dai genitori cinesi, peraltro, secondo una recente indagine). La stessa violenta campagna anticrimine che ha squassato persino la polizia e il sistema giudiziario di Chongqing sembrava dettata da una volontà populista gestita con sapiente calcolo politico. Adesso il microblog. Profondo rosso, appunto.


Dal blog Chen Ying


Nella rinascita degli “studi nazionali” anche un’idea politica alternativa, ma non opposta, alla democrazia

A Oslo una sedia vuota, a Pechino il gran ritorno di Confucio. Così la Cina ha cercato di gestire l’”incidente” Liu Xiaobo, il premio Nobel per la pace detenuto in un carcere cinese per “incitamento alla sovversione dei poteri dello Stato”.
Mentre il comitato Nobel e il mondo occidentale celebrava Liu“per la sua lunga e non violenta lotta per i diritti umani fondamentali in Cina” (l’enfasi sulla non violenza è stato l’escamotage per assegnargli un premio relativo alla pace), Pechino assegnava il neonato premio Confucio per la pace a Lien Chan, ex vicepresidente di Taiwan e leader onorario del Partito nazionalista, “per avere costruito un ponte di pace tra la Cina continentale e Taiwan”.
E’ prima di tutto una scelta politico-strategica. Premiare un membro di spicco del Partito nazionalista, premiare Taiwan, significa ricomporre anche simbolicamente antichi conflitti, nel nome della nuova Cina che oltre a essere potenza economica globale intende esercitare il suo ascendente sull’intera Asia orientale.
Ai cinesi interessa il Nobel occidentale ma vogliono avere voce in capitolo. Altrimenti fanno da soli.
Cosa ancor più profonda e importante, il premio Confucio delimita un’area culturale: qui c’è la civiltà cinese, non abbiamo bisogno dei vostri valori se voi li sventolate contro di noi.
Esplicitamente creata per “interpretare l’idea di pace secondo il popolo cinese”, l’onorificenza si inserisce nel solco del boom di Confucio con cui – sotto forma di guoxue re o “febbre per gli studi nazionali” – il Dragone colma il vuoto lasciato dalla fine del maoismo.
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