Jin Jing , "L'angelo sorridente della torcia" è la nuova eroina della Cina. La ragazza che ha perso una gamba a causa di un tumore quando aveva 8 anni. E' stata scelta come tedofora e a Parigi ha protetto col suo corpo la torcia olimpica dagli attacchi degli pseudoattivisti indipendentisti tibetani .
Potete vedere il suo nobile gesto
qui. E giudicare da soli la brutalità delle proteste (per di più assolutamente ingiustificate) di certi personaggi legati al Dalai Lama.
Grazie Jing! Un bacio dall' Italia.
8 commenti:
Che strano che i nostri media parlino di violenze cinesi e non di questi fanatici che non si rendono conto di essere delle stupide pedine in mano a chi vuole approfittare della situazione per portare aventi la sua sporca politica di dominio del mondo.
Continua a diffondere controinformazione, ce n'è molto bisogno.
free tibet
Hai ragione, molto spesso i media disinformano ed omettono notizie importanti...
Tipo questa...
Mi auguro che in questo piccolo spazio di libertà tu scriva qualche cosa anche su questo argomento...
14 aprile
L'infinita vergogna di un Occidente indifferente
Tutta sola, avvolta in un’abaya nera, una bambina di 8 anni si è presentata il 2 aprile a un tribunale di Sana’a, la capitale dello Yemen, per chiedere il divorzio dal marito. Nojoud Muhammed Nasser ha denunciato il padre, che due mesi fa l’ha data in moglie a un uomo di 30 anni, e il marito, che l’ha picchiata e costretta ad avere rapporti sessuali. «Ogni volta che volevo giocare in cortile, mi picchiava e mi faceva andare con lui in camera da letto— ha raccontato —. Era molto duro con me e quando lo imploravo di avere pietà, mi picchiava, mi schiaffeggiava e poi mi usava. Voglio avere una vita rispettabile e divorziare».
È la prima volta che una minore chiede il divorzio in Yemen. La legge non la protegge. Moltissime bambine vengono date in spose all’età di Nojoud in Yemen (oltre il 50% secondo uno studio del 2006). La legge fissa l’età minima per il matrimonio a 15 anni, per maschi e femmine, ma non punisce chi la viola, dice l’avvocato della Corte suprema Shatha Muhammed Nasser, che ha assunto la difesa della bimba e le ha trovato un posto in un orfanotrofio. All’uscita del tribunale, col sorriso teso ma lo sguardo deciso, Nojoud ha raccontato la sua storia al giornalista Hamed Thabet, 23 anni, dello Yemen Times. «Mio padre mi ha picchiato e mi ha detto che dovevo sposare quest’uomo. Lui mi ha fatto brutte cose, io non avevo idea di cosa fosse il matrimonio. Correvo da una stanza all’altra per sfuggirgli, ma alla finemi prendeva, mi picchiava e poi continuava a fare ciò che voleva. Ho pianto così tanto, ma nessuno mi ascoltava. Ho supplicato mia madre, mio padre, mia zia di aiutarmi a divorziare. Mi hanno risposto: "Non possiamo fare niente. Se vuoi, vai in tribunale da sola". Ed è quello che ho fatto». Dice Thabet al telefono da Sana’a: «Era così dolce e così triste. È una donna sposata, che capisce tante cose e allo stesso tempo una bambina che vuole studiare e giocare».
Anche il giudice Muhammad al-Qadhi si è impietosito: pur essendo Nojoud troppo giovane per testimoniare, ha fatto arrestare il padre, Muhammed Nasser, e il marito, Faez Ali Thamer. L’avvocatessa Nasser sostiene che il matrimonio era illegale. Altri non ne sono certi: «A nessuno frega della legge, quello che conta è il sistema tribale», dice il giornalista Thabet. «Specialmente nelle zone rurali, i genitori danno le figlie in spose all’età di 7, 8 o 9 anni — spiega Amal Basha, direttrice di un gruppo per i diritti delle donne, Sisters Arab Forum for Human Rights —. Pongono la condizione che il marito non abbia contatto sessuale con la moglie finché non è matura. Ma vive con lui e non c’è alcun controllo: è alla mercé del marito e del suo desiderio». Divorziare per Nojoud non sarà facile, aggiunge. «Non è un’adulta, quindi prevale ciò che dice il suo guardiano».
Lo zio si è presentato come suo guardiano in aula. Ha detto che il padre di Nojoud ha perso il lavoro di netturbino e soffre di problemi mentali: è stato rilasciato. «La bambina deve anche restituire tutto il denaro che il marito ha dato alla famiglia in dote— dice Basha —oltre ad aver bisogno di una buona ragione per divorziare agli occhi del giudice». Oggi, dice Thabet, lui e l’avvocato cercheranno un accordo con il marito. «Faremo una colletta. Gli offriremo i soldi della dote, anche il doppio». Ma lo sposo per ora non intende divorziare: «Sì, sono stato in intimità con lei — ha detto—ma non ho fatto nulla di male. È mia moglie e ne ho il diritto. Nessuno può fermarmi».
(Corriere.it)
Una cultura vale l'altra, no?
Censura anche questo, novello Valerio Pieroni!
Baldini assaggia la Cina
"Ora so cos'è la propaganda"
Il maratoneta d'oro ad Atene 2004 visita per la prima volta Pechino: "Qui in Cina l'individuo non esiste. Ho visto che la gente obbedisce a ordini che vengono dall'alto"
PECHINO (Cina), 18 aprile 2008 - Dopo la delusione di Londra, Stefano Baldini ha deciso di voltare pagina volando a Pechino per un sopralluogo al percorso della maratona olimpica. Una visita voluta anche da Coni e Fidal per permettere all'atleta di capire meglio la gara che dovrà affrontare. Baldini è la prima delle punte azzurre a venire in Cina anche per controllare un problema di cui si parla da anni: le condizioni atmosferiche della città, criticata per l'inquinamento.
L’INQUINAMENTO - Ma nell'ultimo mese molte cose sono cambiate e la situazione, con una forte crescita di nazionalismo, l'ha notata anche Baldini in soli due giorni. "Martedì pomeriggio sono andato a fare una passeggiata vicino all'hotel, a Piazza Tienanmen e verso la Città Proibita, e sono stato fermato da molte persone" dice, ma non era perché riconosciuto come campione olimpico, ma solo perché i cinesi che parlano un po' di inglese fermano la gente per strada per poter chiacchierare (a parte chi cerca poi di vendere qualcosa). Quello che ha sorpreso Baldini è soprattutto la visione dei cinesi verso la situazione in Tibet: "Ho chiesto se questo delle minoranze fosse un problema da dover risolvere e la risposta è stata affermativa. Lì per lì ho pensato che intendevano che era giusto dover cercare una soluzione ma poi ho capito che invece per loro il problema è proprio la minoranza etnica. Ma credo che non abbiano una vera concezione di quello che accade e si adeguino a quello che viene detto loro". Ed è questo aspetto che Stefano Baldini ha notato di più, anche leggendo il China Daily, giornale in lingua inglese: "E’ la mia prima volta a Pechino e sono curioso, quindi l'ho sfogliato e mi sono subito reso conto che le notizie erano a senso unico. Ho capito il concetto di propaganda di cui spesso si sente parlare. Anche le immagini della fiaccola sono tutte a favore della Cina e contro chi protesta. Questo non vuol dire che io sia a favore di chi fa azioni forti contro la fiaccola, anzi, ma trovo che non sia bello vedere cattiva informazione sui giornali, o almeno vedere solo informazione di parte". E, anche senza leggere giornali in cinese, la sua impressione è che succede a tutti i livelli: "Come per l'inquinamento. Fino a poco tempo fa andavano tutti in giro con le mascherine davanti alla bocca, poi il governo ha iniziato a dire che non c'è inquinamento e le hanno tolte. Ma basta alzare gli occhi al cielo per vedere quanto è sporca l'aria. Credo che la gente ancora non sia in grado di fare scelte individuali".
LA SPERANZA - Ma da uomo di sport, nonostante i problemi del Tibet, nonostante l'inquinamento e nonostante i diritti umani in generale, trova che l'idea del boicottaggio sia delle peggiori: "Non serve a niente, trovo che sia meglio venire qua e dire la nostra mentre ci siamo. Esprimere quello che pensiamo in prima persona. Imporre di non venire significa rovinare la festa degli atleti. Perché comunque per noi gente di sport l'Olimpiade è e rimane una festa, un momento di unione". Se molti dicono che i Giochi abbiano però perso certi valori, lui non è d'accordo: "Certo, come per il mondo, anche lo sport è cambiato e quando sento chi riporta l'Olimpiade ai valori del dilettantismo mi vien da ridere. Per un atleta l'Olimpiade è uno dei grandi obiettivi della vita, passiamo anni importanti sui campi di allenamento e sentire che qualcuno ci vuole togliere il sogno non mi sta bene". Anche le scelte dei politici lo lasciano perplesso: "Non conosco a fondo certi problemi, ma trovo curiosa anche l'idea di boicottare la cerimonia d'apertura. Credo invece che anche i politici dovrebbero venire e dire quello che pensano. E poi non mi sembra che il mondo delle aziende abbia preso posizione contro la Cina, quindi perché chiedere di farlo solo allo sport?" Però non ne sottovaluta la potenza e sull'impatto dell'Olimpiade Baldini nutre speranze: "Ci sono ancora diversi mesi e io non dispero che possa cambiare qualcosa. D'altronde, rispetto al 2001, quando i Giochi sono stati assegnati alla Cina, credo che di cose ne siano già cambiate tante".
Francesco Liello
fonte: www.coriere.it
Perché il Tibet non smuove i pacifisti
Tratto dal sito Ideazione.com
4 aprile 2008
Dove sono finiti i pacifisti? I terzomondisti si sono forse ritirati nei loro salotti? Perché non riempiono le piazze e le strade con le bandiere del Tibet? Perché non bruciano quelle cinesi? Interrogativi solo apparentemente senza risposta.
In realtà, la risposta è semplice: nella scena mancano i soggetti principali di tutte le ingiustizie, di tutti i soprusi, di tutte le violenze: gli Stati Uniti o Israele, meglio tutti e due insieme. A parte qualche sporadica manifestazione dinanzi all'ambasciata cinese e le prese di posizione dei governi occidentali, o qualche timida ipotesi di non partecipazione alle Olimpiadi di Pechino, la grande massa dei pacifisti e dei terzomondisti tace. La sinistra italiana glissa. Eppure, il Tibet è occupato con la forza dai comunisti cinesi sin dal 1950. Proprio quando aveva inizio il processo di decolonizzazione, il Tibet veniva colonizzato brutalmente dai cinesi. Nessuno obiettò, perché la decolonizzazione riguardava l'uomo bianco, non quello giallo. Riguardava le storiche malefatte dei bianchi nel Terzo Mondo, cui occorreva riparare con gran pentimento, mentre i gialli, che allora facevano parte del Terzo Mondo, potevano giovarsi di un salvacondotto storico per ogni nefandezza.
La filosofia terzomondista, che diceva di battersi per la liberazione dei popoli oppressi, distingueva senza batter ciglio i colonizzatori bianchi da quelli gialli. I bianchi dovevano espiare perché bianchi, i gialli erano esentati da qualsiasi condanna perché gialli. Così, l'accusa di razzismo che i terzomondisti rivolgevano con violenza al bianco europeo finiva per macchiare anche la loro nobile causa. Ma tutto ciò era un dettaglio senza importanza: era il “fardello dell'uomo bianco” l'oggetto del disprezzo dei terzomondisti. La “tirannia della penitenza” (Pascal Bruckner) avrebbe, da quel momento in poi, macerato l'uomo bianco europeo, lo avrebbe costretto ad un'espiazione perpetua, al marchio d'infamia, a portare ben altro fardello, quello del capitalista sfruttatore, affamatore degli innocenti popoli del Terzo Mondo, popoli senza macchia e senza peccato. Ma non il popolo giallo, portatore della rivoluzione proletaria, del sol dell'avvenire. Così, la questione politica entrava di colpo sulla scena dell'esenzione. Il bianco era capitalista, il giallo comunista. Differenza cruciale, per i terzomondisti. Il colonialismo non poteva che essere la quintessenza del bianco capitalista, non certo del giallo comunista. Anzi, la Cina comunista stava per irrompere sulla scena dei Paesi non-allineati, i Paesi del Terzo Mondo, coniugando il messaggio salvifico del comunismo con la nobile lotta dei popoli che si liberavano dal colonialismo bianco europeo.
Ecco spiegato perché l'occupazione del Tibet non poteva essere atto di sopraffazione coloniale da parte della Cina. L'esenzione, dunque, scaturiva da una spiegazione nello stesso tempo razziale e politica. Oggi, crollato il comunismo, i pacifisti non sanno più a che santo votarsi. Perciò, voltano la testa dall'altra parte, fingendo di ignorare il dramma tibetano. In fondo, di quale messaggio salvifico sono portatori i monaci tibetani? Chiusi nella loro cultura esclusiva, essi rivendicano soltanto la salvaguardia del loro mondo, non proiettano nulla che possa incrementare le colpe ataviche dell'uomo bianco, occidentale, capitalista. Perciò, il problema tibetano fuoriesce dallo schema caro ai terzomondisti, non aumenta il “singhiozzo dell'uomo bianco” (Bruckner), riguarda l'uomo giallo, è una questione tra cinesi e tibetani. Quando nel gioco mancano gli Stati Uniti o Israele, che gusto c'è a srotolare le bandiere arcobaleno o a sfilare in piazza? Così, si attende un'occasione vera, quando i nostri pacifisti potranno finalmente ricominciare a bruciare le bandiere americane o quelle israeliane. Questione di tempo.
Sorpasso
Secondo uno studio dell'Università di California la Cina ha già superato le emissioni di gas serra degli Usa
La Cina ha già superato gli Usa per quel che riguarda le emissioni inquinanti, in particolare i gas serra. Lo afferma uno studio americano che sarà pubblicato sul prossimo numero del Journal of Environment Economics and Management, anticipato al sito della Bbc.
Lo studio, svolto dai ricercatori dell'università della California, ha preso in esame ed elaborato i dati di 30 regioni cinesi, più affidabili e accurati di quelli 'statali' usati normalmente per stilare le classifiche. I numeri elaborati nella ricerca sono stati forniti dall'Agenzia per la protezione ambientale cinese, e dallo studio emerge che probabilmente il sorpasso è già avvenuto nel 2006.
ci voleva lo studio dell' università della California? è da tempo che si sapeva. daltronde la Cina va a carbone che inquina tantissimo e la popolazione è 4 o 5 volte quella degli Usa. per fortuna che da qualche anno a questa parte la classe dirigente cinese ha capito e sta cercando di risolvere il problema. si inizia a parlare di pil verde...
anonimo. stai iniziando a stancare col tuo spam. è proprio necessario fare copia-incolla di questi articoli? non basterebbe mettere i link. per stavolta passi ma è l'ultima. alle sciocchezze scritte non vale neanche la pena rispondere.
l'articolo di ideazione è quanto di più disgustoso abbia mai letto. come si fa parlare di occupazione del tibet? il Tibet è Cina dalla notte dei tempi. è come dire che l'italia ha occupato la sicilia. poi ripeto per cosa bisogna protestare? l'unica cosa per cui bisognerebbe protesta re è per la barbarie dei tibetani contro i cinesi. non uno che ha censurato questi atti di violenza. eppure sono morte persone a sprangate o bruciate vive..., però apputno loro sono "gialli e per di più pure cinesi e comunisti, figurati.
sulle parole di baldini. nulla di interessante. dice che per lui l'informazione cinese è a senso unico. che dire di quella occidentale? almeno lo stesso.
il terzo articolo è completamente off-topic( non che li altri centrino molto con Jin Jing...
ripeto la prossima volta non pubblico proprio nulla se continui con questi toni.
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